STUDI
 

  Prof. Ing. Calogero Benedetti

 

Il Tao della fisica ovvero il Danzatore Cosmico

La collaborazione alla nostra Rivista da parte del Prof. Ing. Calogero Benedetti è caratterizzata dalla particolarità dei temi che egli con molta competenza ci propone e sempre nello spirito dei rapporti tra la ragione e la fede. E non con specifico riferimento alla enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II ma certamente con contributi, espressione della sua personalità, che si ispirano razionalmente e spiritualmente ad essa.
Ed anche con intenzione, come nell’articolo che presentiamo, di favorire e stimolare quel dialogo e quell’incontro tra la scienza e la mistica, in questo caso particolare quella orientale del Tao, nello spirito cristiano che Benedetti mutua dall’esempio attuato dal Santo Padre nell’incoraggiare ogni iniziativa perché viva sempre più una solidarietà tra le varie espressioni religiose nel rispetto della fede propria, al fine di promuovere la verità, la giustizia e la pace in armonia con la vera scienza e ciò a vantaggio di tutta l’umanità. (N.d.R. a cura del Prof. Ennio Fierro).

 

PRIMO COMMENTARIO

L’elemento centrale del libro di Fritjof Capra “Il Tao della Fisica” (Ed. Originale 1975-XII Edizione attuale Gli Adelphi 1999) è, oltre alla splendida esposizione della “realtà” del mondo fisico subatomico quantistico e relativistico, (esposizione volutamente condotta in forma solo letteraria e non matematica), la documentazione di una “dualità” che non può obiettivamente essere negata fra molteplici recenti conquiste della Fisica moderna (fino al 1975, data di compilazione originale del libro) ed il nucleo “sapienziale” della riflessione mistica sviluppatasi in Oriente (Buddismo, Induismo, Brahamanesimo, Confucionismo, Zen, Taoismo) nell’arco di circa 3500 anni (1500 a.C. 2000 d.C.).

La cosa, di per sè strana, può essere compresa osservando che la logica che è utilizzata in ambedue i settori di pensiero, è la medesima (identità della logica di base), ed ha per oggetto, in ambedue, l’idea di “Relazione fra gli esseri” e non quello di “sostanza degli esseri”, al punto che le singole “cose fisiche” sono, nelle due immagini, non entità distinte ma “reti di relazioni” e queste, per di più, “mutevoli nel tempo” (Dinamica delle Relazioni). Essendo analoghe le logiche e gli oggetti di tali logiche, anche le conclusioni sono allora necessariamente simili (duali, sovrapponibili, equiparabili, complementari), ed è questo che rende possibile la dualità osservata da F. Capra(1).

A cercare in Occidente un’analoga caratterizzazione credo che si debba ricordare quella, estremamente sintetica, che venne data da Edgard Poe in “Eureka” (ed è strano che Fritjof Capra non la citi pur essendo anch’Egli americano come Poe): “la materia esiste solo come attrazione e repulsione. attrazione e repulsione sono la materia”(2).

Quest’idea è in realtà antichissima e fu espressa da Empedocle di Agrigento nel suo celebra aforisma che “la Madre di tutte le cose è la Guerra (pòlemos) fra la filìa (Amore, Attrazione) e la nèikos (Repulsione, Odio).
Ma più compiutamente, nell’ormai lontano 1885, William Kingdon Clifford (Exeter, England) (non citato neanche Lui da Fritjof Capra) la descriveva in termini formali anche se non Gli riuscì di darvi una veste logica e matematica coerente:
“Piccole porzioni dello Spazio sono infatti di natura analoga a piccole corrugazioni di una superficie che in media è piana; pertanto le ordinarie leggi della Geometria non sono valide in essa. Questa proprietà di essere curvata o distorta passa continuamente da un punto all’altro dello Spazio a guisa di un onda. E’ questa variazione di curvatura dello Spazio ciò che accade realmente in quel fenomeno che noi chiamiamo il moto della Materia. Nel Mondo Fisico non accade nient’altro se non questa variazione
(3).

Appunto dunque una “danza cosmica” di carattere ondulatorio a livello primordiale subatomico.

Consapevole (tramite la sperimentazione delle Alte Energie) di questa “danza primordiale” che la Fisica odierna ha evidenziato in forma inconfutabile, Fritjof Capra la rintraccia anche nelle orme letterarie del pensiero sapienziale e mistico d’Oriente, e propone l’esistenza di dualità fra le due correnti di pensiero, basandosi, (da buon fisico sperimentale), sulla constatazione non contraddicibile che esiste di fatto sovrapponibilità di contenuto e persino di forma fra molte affermazioni assiomatiche dell’uno e dell’altro ambito, affermazioni da Lui accuratamente selezionate, documentate e raffrontate.

Ovviamente il misticismo orientale, formatosi a partire da circa un millennio e mezzo prima di Cristo e fiorito massimamente attorno al primo millennio dopo Cristo, “nulla sa” delle “verità” della Fisica nucleare moderna, da cui è totalmente indipendente; ciò nonostante identiche (equiparabili) sono in ambedue i settori molte conclusioni a riguardo della “realtà” che si cela dietro al “velo dell’apparenza”. E sulla base di questo dato di fatto Fritjof Capra propone l’esistenza di una reciproca correlazione duale (o complementarietà come Lui la chiama) che li rinforza entrambi (o forse è meglio dire che è la Fisica moderna, sperimentalmente inconfutabile, che rinforza la “sapienza mistica” orientale, più antica e solo meditativa).

Orbene, sembra a me che però a quest’analisi manchi la presa in conto del “senso del sacro” che pur permea intensamente il misticismo orientale, e fa “dello Spirito” la sua vera base, in modo tanto preponderante da avere persino dato luogo all’immagine della sopravvivenza dell’individuo in cicli molteplici di reincarnazione fino alla sua “redenzione” nel Tutto e nell’Uno.

Ma nella “dualità” evidenziata da Fritjof Capra è invece espunto questo atteggiamento orante, la Preghiera, che pur costituisce l’occupazione prevalente del Monaco Buddista, o Indù, o Tibetano, o Taoista; e Preghiera è, come si sa, fondamentalmente, colloquio dell’individuo con Dio, è rapporto del “sè” con un “Tu spirituale”. Invece la parola “Dio” è quasi assente nel libro di Fritjof Capra, od è ristretta a livello di immagine mitica che solo serve a veicolare una sapienza che altrimenti non sarebbe stata trasmissibile o che sarebbe andata perduta; una veste allegorica ma non un’esistenza che non sia solo mentale.

Ma principalmente, a fianco della non-considerazione dell’atteggiamento orante, viene omessa nel confronto anche la base profonda del misticismo, che è quella di essere incentrato sulla “compassione” nel senso etimologico di “soffrire insieme”, (cum-patire), del partecipare (Budda) alla sofferenza altrui e di condividerla per “amore” (Cristo).

In assenza di tale contenuto e della sua presa in conto si crea quindi un jato, una separazione del contenuto sapienziale e del contenuto mistico; e la “dualità” (o complementarietà delle asserzioni [F. Capra]) con talune stratuizioni della Fisica odierna si rivela, ripeto, essere chiaramente il risultato dell’identità delle Logiche di base e degli “oggetti-relazioni” presi in conto nei rispettivi ambiti, ma non è una convalida reciproca delle loro “verità”.

Non esiste cioè nessun rinforzo l’un l’altro, nessuna maggiore “credibilità”, nessuna convalida, ma solamente una “tautologia” di concetti e di conclusioni.

In breve: il misticismo orientale (le Religioni orientali) non sono affatto “rinforzate” dall’identità di svariate loro asserzioni con altre (analoghe) della Fisica odierna.

La Fede è un ambito distinto dalla Scienza, la quale può solo “rendere attenti”.

Perché la Fede (= fedeltà) ancorché si “abbeveri” ampiamente alla sorgente del conoscere e del sapere, si basa essenzialmente sull’incontro del “sè” e del “Tu”, che è nella sua sostanza un incontro d’amore, un “darsi”, un’”appartenersi”, di Dio all’Uomo [“suo popolo” nell’Antico Testamento, “suoi figli” nel Nuovo, (“e lo siamo veramente!” – 1 Giov. 3.1)] e dell’Uomo a Dio:

“...In quel tempo Egli chiese loro: e voi chi dite che Io sia? Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te Simone, Figlio di Giona, perché né la carne né il sangue(4) te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei Cieli(5) (Matteo 15, 30/20).

 

Questa è la radice della Fede

SECONDO COMMENTARIO

Il “danzatore cosmico” Shiva è raffigurato nella Religione Indù con quattro braccia, di cui le prime due accennano il ciclo dell’esistenza e le altre due i contenuti di una millenaria meditazione sapienziale:
- il nascere (prima mano destra alzata);
- il morire (corrispondente mano sinistra abbassata);
- il non dovere però temere (2ª mano destra in posizione di Alt);
- ma piuttosto liberarsi dell’effimero (2ª mano sinistra abbassata verso il piede che si disincaglia dal dèmone dell’effimero che viene al contempo calpestato con l’altro piede).

Shiva in quanto tale è un idolo poiché (costituzione del legame idolatrico) in esso si affida la salvezza dell’uomo ad un elemento terrestre (la meditazione sapienziale) che viene quindi “adorato”.

Ed è anche un’allegoria(6) cioè un’immagine (letteraria, scultorea, ecc.) cui si affida il trasferimento cognitivo di un’idea astratta. (Sotto tale riguardo sono p. es allegorie anche la Statua della Libertà, con fiaccola e diadema, all’imboccatura del Porto di New-York, nonché le Statue della Giustizia, con spada e bilancia, che ornano i palazzi dei Tribunali; ecc.).

Nonostante la calma dei gesti, la serenità del volto ed il moto di danza, Shiva è però ai miei occhi un’allegoria triste.

E la tristezza è questa: la solitudine e la fatuità.

La “danza cosmica” di Shiva è un ciclo che “precipita” verso il “distacco” del sè da tutto ciò che lo circonda, e diviene quindi una danza solitaria priva dell’incontro dell’io con il Tu, priva quindi della gioia; ed è fatua, cioè vuota di ogni reale potere salvifico che solo si attua nell’incontro e non nel distacco, ma nell’amore e nel dono di sè, di tutti i giorni e di tutti i gesti, anche e soprattutto se effimeri:

“...ma Gesù disse loro: chi vi darà da bere (anche solo) un bicchiere d’acqua(7) in nome mio, in verità vi dico non perderà la sua ricompensa”. (Mr. 9,40).


1 NB. Qualcosa di analogo mi è capitato personalmente quando studente di matematica al primo anno di Università, un mio collega venne ad avvertirmi, alla fine del corso, di aver “scoperto” che le “coniche” della Geometria Proiettiva erano duali (la stessa cosa) delle Forme Quadratiche dell’Analisi Algebrica; infatti le due discipline fanno uso di uno stesso tipo di Logica (Logica lineare), e sono incentrate su oggetti analoghi; dal che la dualità delle rispettive conclusioni.

2 “Matter existe only as attraction and repulsion. Attraction and Repulsion are Matter”.

3 “Small portione of space are infact of a nature analogous to little hills on surface which is on the average flat; namely that ordinary laws of geometry are not valid in them. This property of being curved or distorted is continually being passed on from one portion of space to another after a manner of a wave. This variation of curvature of space is what really happens in that phenomenon which we call the motion of matter. In the phisical world nothing else takes place but this variation”.

4 Leggi: “ciò che è terreno”; [anche la Scienza è “terrena”].

5 Leggi: “l’incontro è cioè direttamente fra Dio e l’Uomo”.

6 Da non confondere con il concetto di Simbolo.

7 E che di più effimero?.

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione giesseediel@giesseediel.it
ultimo aggionamento 21 dicembre, 2002