La lettera

 

Il silenzio di Dio

Carissimo,

   gridava il cieco di Gerico: “Rabbunì che io ci veda!”. È il grido del nostro bisogno, vedere.
   Vedere noi stessi, gli altri, la storia, vedere l’Invisibile, quello che non si vede. Vedere più addentro, nel cuore delle cose, più lontano, all’orizzonte della terra futura. Entrare nella luce, prendere luce, essere luce, diventare, noi stessi, luce.
   Stupendamente, il Papa ha voluto una nuova corona, un Rosario di luce. Per tutti noi, gementi ed esuli, mendicanti della luce. Ognuno porta il suo buio, le sue fatiche, le sue stanchezze (è stanca la mente, è stanco il cuore), le sue solitudini, le sue sconfitte, le sue tentazioni, le sue paure...
   La paura del dolore. Quando diventa tutto difficile, quando non basta più “credere”. Quando bisogna precipitare in Dio, chiudere gli occhi per tentare di vedere, uscire dalle voci, dalle nostre stesse preghiere, per ascoltare il silenzio in cui Dio ci grida il suo amore.
   Quando abbiamo bisogno di stringerci a quelle parole immense, di pietà, di consolazione:”Non vi lascerò orfani”.
   Deserto, ospedale, carcere, disoccupazione, il buio di una città che chiede un lavoro, una casa, un futuro, il buio del mondo. Portiamo tutti un bisogno, un desiderio, un sogno, una sofferenza, i pezzi di una vita che, certamente, è dono, ma che è anche mistero.
   “Non vi lascerò orfani”. Parola di Dio, parola di luce, esorbitanza della luce, che si offre al nostro grido. No, non siamo orfani di una paternità, di una consolazione, di una storia, di una comunione, di un futuro. Non siamo dimenticati, non siamo perduti, abbandonati dal silenzio di Dio.
   Maria, piena di luce, rafforzi in noi questa fede, consoli l’attesa che implora la promessa del Salmo: “Passerò dalla valle del pianto e la trasformerò in una sorgente”.

Nino Barraco

 

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ultimo aggionamento 01 febbraio, 2003