DAL SANTUARIO DI COLLEVALENZA
 
P. Domenico Cancian fam

 

Voce del Santuario

Febbraio 2003

 

 

 

 

 

 

 

Santuario di Collevalenza

 

Verso la Pasqua

“Un uomo d’affari, sempre molto impegnato, chiamò a gran voce un taxi e vi salì sopra con gran furia dicendo: “Presto, vada a tutta velocità!”. Il taxi partì con grande stridio di gomme e imboccò via del corso a tutta birra.
Dopo un po’ al passeggero venne un dubbio.
Si avvicinò al tassista e chiese:“Le ho detto dove deve andare?”. L’autista rispose tranquillo: “No, ma sto andando più in fretta che posso!”
Anche nel cammino della vita, oggi particolarmente frenetico, possiamo dimenticare quel che più conta: la meta del nostro vivere. Magari nemmeno ci chiediamo dove stiamo andando, perché o per chi stiamo spendendo le nostre energie, in modo agitato. Ecco qui il senso della quaresima: rimettere nella direzione giusta tutta la nostra esistenza.
Oltre al pericolo di correre sulla strada sbagliata, potrebbe capitarci di fermarci, oppure di prendercela con troppa calma, quasi non avessimo una missione da compiere in un tempo che è giusto giusto.
Il cristiano è l’uomo che corre, insieme ai fratelli, tenendo fisso lo sguardo su Gesù Crocifisso e Risorto, nostra Pasqua.
“Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni (Abele, Noè, Abramo e Sara, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè... di cui si parla precedentemente, ma noi possiamo aggiungere tanti altri santi), deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce…
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di se una così grande ostilità dei peccatori, purché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella vostra lotta contro il peccato” (Eb 12,1-4).
Il cammino della vita umana è per tutti una via crucis. Beati quelli che la percorrono come Gesù!
“Gesù ha cominciato a regnare sul mondo dalla croce che da patibolo è diventata trono, da maledizione è stata trasformata in benedizione” (M. Speranza).
Nella croce Gesù ha mostrato che il suo Amore era più grande e più forte del male del mondo. I santi hanno percorso con Gesù questa strada.
Sono veramente convinto che abbiamo molto da imparare meditando, specialmente in questi giorni, la Passione di Nostro Signore, rileggendo attentamente i vangeli.
Madre Speranza ne ha fatto personale esperienza. Condividendo le sofferenze di Gesù ha potuto entrare in questo grande mistero. La quaresima porti anche noi a superare lo scandalo e la follia della croce per ritrovare in essa la potenza e la sapienza di Dio. “Non rendete vana (non svuotate) la croce di Cristo!” (1 Cor 1,17). È il grido di Paolo che ci invita con forza a non seguire l’istinto e neanche quel ragionamento troppo umano che ci porta a fuggire dalla croce, come fecero gli apostoli! La mentalità di oggi è quella del benessere, dell’anestetico, del vivere senza problemi, della tecnica e dell’efficienza, dell’immagine… la cui logica non è certo quella del vangelo della Pasqua di Gesù.
Risuona la parola forte di Gesù a Pietro:”Lungi da me Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,33).
Lo Spirito ci conceda di superare queste tentazioni diaboliche, spesse volte nemmeno riconosciute come fuorvianti.

“Pace a voi!”(Gv 20,19.21.26)

Ripetutamente il Cristo risorto porta la pace ai suoi discepoli. “Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore” (Gv 14,27)
Mentre scrivo soffiano venti di guerra in Iraq e Medio Oriente. Quando leggerete queste righe non so cosa starà succedendo. Umanamente viviamo una situazione drammatica. Ha ragione il Papa a richiamarci alla preghiera e al digiuno, per la pace.
Anche il Santuario ha raccolto l’appello e mercoledì delle Ceneri 5 Marzo, darà volentieri il suo contributo a questa sacrosanta causa. Facciamo nostro il grido: “Mai gli uni contro gli altri. Noi cristiani siamo chiamati ad essere come delle sentinelle della pace, nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo. Ci è chiesto di vigilare affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell’egoismo, della menzogna e della violenza”.

In questa circostanza sarà quanto mai opportuna la preghiera del Rosario che, come in altri momenti critici del passato, si è rivelata particolarmente efficace. Maria, la donna della Pace, ottenga che gli uomini suoi figli riescano a dialogare e, riconoscendosi fratelli, discendenti di Abramo, rimuovano con coraggio le cause della guerra, cerchino insieme la promozione dei diritti di ogni persona, la giustizia, il bene di tutti, specialmente dei più poveri.
Non si può accettare come normale - ha scritto qualcuno - il fatto che in un fine settimana i nostri giovani arrivino a spendere, per divertirsi, quanto un africano o un asiatico o un latino-americano guadagnano in un anno intero di lavoro.
La Madre Speranza ci ha insegnato quella preghiera che noi spesso ripetiamo e che durante la seconda guerra mondiale ha tenuto lontano le bombe dalla casa dove vivevano le nostre suore e le bambine da loro assistite. “Signor mio e Dio mio, la tua misericordia ci salvi; il tuo Amore Misericordioso ci liberi da ogni male”.

Siamo chiamati a invocare dal buon Dio il dono della Pace e allo stesso tempo siamo chiamati alla conversione. La radice di ogni disordine e violenza è il peccato. Le guerre nascono dall’orgoglio e dall’odio che attecchiscono nel cuore dell’uomo. Il passaggio dall’odio all’amore si chiama conversione. “Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,5). Ma la conversione del cuore non è frutto dell’Amore misericordioso invocato, accolto e donato? Ecco la pace della Pasqua che è anzitutto il grande passaggio dalle tenebre del peccato alla luce di quell’Amore che su quella croce, terribilmente ingiusta, ha vinto tutta la cattiveria umana che Gesù per amore si è addossato.

Di qui l’urgenza della celebrazione del sacramento della riconciliazione e di una vita nuova, la vita risorta con Cristo.
La liturgia di questo “tempo forte” sollecita la nostra conversione in tre direzioni: preghiera (Parola di Dio, meditazione, via crucis, rosario…), carità (opere di giustizia e di misericordia, di solidarietà e di servizio), digiuno (mortificazioni e digiuni, specialmente dai vizi e dalle passioni disordinate, dalle cattive inclinazioni, dallo spirito d’ira, di sensualità e di superbia).
La Madre Speranza raccomandava a noi una modalità ascetica tipica della spiritualità dell’Amore Misericordioso. Chi è interessato a conoscerla e a viverla trova molte indicazioni nella conferenza di P. Mario Gialletti, proposta il 9 febbraio a Collevalenza, dal titolo “Vivere nello spirito della Madre”.
È riportata per intero nella rivista del mese scorso.

Pellegrini

Come abbiamo riferito nel numero precedente della rivista, molti pellegrini hanno partecipato alla celebrazione del 20° anniversario della morte della Madre Speranza, l’8 febbraio. Almeno una quindicina di gruppi, oltre i singoli che sono arrivati con le loro macchine. Provenivano dalle più svariate città italiane: Brindisi, Roma, Verona, Ravenna, Prato, Fermo… Non potevano mancare i nostri amici dalla Svizzera, sempre carichi di dolci (leggi: cioccolata!) attenzioni.

Nei giorni successivi abbiamo accolto altri gruppi, in modo particolare l’ultimo fine settimana di febbraio e il I° di Marzo. Quello che più ci commuove è il poter donare il perdono di Dio a fratelli e sorelle che da decenni non frequentavano la chiesa, o a persone che vivevano esperienze tutt’altro che cristiane. Noi sacerdoti, in queste occasioni, ci ritroviamo a piangere di gioia assieme a questi penitenti che fanno “impazzire” anche il cielo (cf. Lc 15,7.10). Qui si tocca con mano la grazia di Dio, la Sua Misericordia. E, siccome questi incontri, quasi sempre “capitano” in momenti particolari (per esempio quando si è un po’ stanchi e magari è ora di chiudere il Santuario), succede che invece di trattenerci qualche minuto ci si sta una mezz’ora, e per giunta non si avverte più nessuna stanchezza, ma solo gioia e voglia di ringraziare e benedire il buon Gesù che ha voluto questo santuario. Purtroppo non possiamo dirvi di più a motivo del doveroso segreto sacramentale.

Episodio del mese

Voglio riportare non un fatto successo al santuario, ma un episodio riportato da Famiglia Cristiana n. 3/2003, pag. 6. Credo valga la pena di riferirlo anche qui.
“Sono una signora di 60 anni, separata, madre di tre figli, che non vedo da circa vent’anni. Da cinque mesi mi trovo all’ospedale e non oso pensare a quello che sarà di me quando uscirò di qui. Sono sola, molto sola: nel corpo, nella mente, nell’anima. L’unica cosa che mi è rimasta, è forse, il suo giornale e, al momento, l’infermiera che mi cura giornalmente. E che sta scrivendo questa lettera per me.
A 23 anni mi sono sposata con un carabiniere, dopo che mi aveva convinta coi suoi corteggiamenti, durati dieci anni. In realtà, non ero molto sicura del passo che stavo compiendo, ma l’ho fatto ugualmente. Dal matrimonio sono nati tre figli meravigliosi. Vuoi per il lavoro di mio marito, vuoi anche per il mio (oltre alla famiglia, gestivo un bar che mi aveva lasciato mio padre), la vita matrimoniale non è sempre stata tranquilla. Ma devo confessare - e solo adesso trovo il coraggio di farlo - di non essere stata un esempio di virtù. A 40 anni ho perso la testa per il cameriere e ho deciso di lasciare mio marito e i miei tre figli con la scusa che ero stanca di quella vita: volevo essere libera, serena e godermi i miei giorni.
Avevo deciso di vivere con quel ragazzo, che mi aveva fatto toccare il cielo con un dito, e non ho più pensato a mio marito, che ritenevo la causa della mia infelicità, ai miei figli, alla mia famiglia. Ho badato solo a me stessa e a colui che ritenevo il mio presente e il mio futuro. Con lui, finalmente, avevo trovato la vera felicità.
Nel corpo e nell’anima. Non ho pensato a cosa sarebbe stato della vita dei miei figli, che, da allora, non hanno più voluto vedermi.
E a ragione.
Dopo qualche anno di felicità, la mia vita è diventata un vero e proprio inferno: il mio “cameriere-amante” è diventato il mio “padrone”. Ma pur di non perderlo, facevo tutto quello che voleva lui. Alla fine, dopo avermi usata ed essersi impossessato di tutti i miei beni, mi ha abbandonata al mio destino. Così come avevo fatto io con mio marito e i miei figli. Ho perso tutto. E, da allora, sono rimasta sola.
Così sono passata da un uomo all’altro. E da un posto all’altro. Ma sempre più sola. Adesso penso a mio marito, a quanto avrà sofferto, e sicuramente ancora soffre, per tutto quello che gli ho fatto. Nonostante ciò, sono sicura che egli mi ama ancora. Non riesco a trovare il coraggio di cercarli, marito e figli, per chiedere il loro perdono e per dire che li amo e che amerò per sempre.
L’infermiera mi dice che, ogni giorno, c’è un uomo che viene in ospedale, fa il giro del corridoio, si ferma davanti alla mia stanza e poi va nella cappella a pregare. Io non ho mai avuto modo di vederlo, perché non mi posso alzare, ma sono sicura che è mio marito. Ho chiesto a Dio di perdonarmi per tutto il male che ho fatto e per la sofferenza che ho causato alla mia famiglia, ma non credo che ciò sia possibile”.

Perché non preghiamo l’Amore Misericordioso affinché questa donna così amareggiata possa trovare la grazia del perdono di Dio, del marito e dei figli? Sarebbe stupendo! Sarebbe un’altra grande manifestazione della potenza della Misericordia divina che trasforma la nostra miseria. Sarebbe la festa di Pasqua di una famiglia ritrovata. Ma poi mi domando: quale famiglia, quale comunità, quale uomo non ha bisogno di vivere la Pasqua come profonda riconciliazione con Dio, con se stessi e con gli altri, ricominciando una vita tutta nuova come hanno fatto i peccatori perdonati da Gesù: Matteo, la peccatrice, Zaccheo?

Buona Pasqua!

Scrive il Vescovo Antonio Bello, un grande testimone dei nostri tempi: “Dopo la sepoltura di Gesù, a custodire la fede sulla terra non è rimasta che Maria. Il vento del Golgota ha spento tutte le lampade ma ha lasciato accesa solo la sua lucerna. Per tutta la durata del Sabato Santo, Maria resta l’unico punto-luce del mondo.
Santa Maria, donna del Sabato Santo, guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è sorgente suprema…
Santa Maria, donna del Sabato Santo, raccontaci come ti sei preparata all’incontro col tuo Figlio Risorto…
Madre Dolcissima, prepara anche noi all’appuntamento con Lui… mettiti accanto a noi e facciamo le prove dei canti” (Maria, donna dei nostri giorni, Paoline 1989, pp 91-93).

La Madre Speranza ha delle pagine stupende su Maria che ai piedi della croce non vacilla, anzi con fede incrollabile, con speranza invincibile e con amore più forte della morte, ripete: “Ecce ancilla Domini”.
E poi prosegue con un pensiero tutto suo, che non si trova nei vangeli, ma certamente corrisponde allo spirito evangelico e al nostro bisogno.
“Anche Giovanni si trova ai piedi della croce: la forza di perseverare accanto al suo Signore e Maestro, senza abbandonarlo neppure nell’ora della morte, la deve alla santissima Madre. Fuggito dall’orto come gli altri discepoli, andò a cercare la santissima Madre e lei gli infuse coraggio e lo portò con sé fino al Calvario. Anche noi ricorriamo a lei nei momenti di prova e di dolore e al suo fianco procediamo sulla via della croce” (La Passione, pag. 102s).

L’augurio pasquale che faccio a me e a voi è proprio questo: che Maria santissima ci prenda per mano e ci aiuti a superare lo scandalo della croce, ci aiuti a dire al Padre: “Eccomi! Con Maria sono pronto anch’io a vivere il mistero della Pasqua di Gesù e mia”.
Suggerisce ancora la Madre Speranza: “Prendi dunque il tuo crocefisso, bacialo molte volte al giorno con grande amore e fervore e dal profondo del cuore digli: “Gesù mio, solo per te voglio vivere, per te voglio morire; voglio essere tuo in vita e in morte”” (La Passione, p. 115).

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ultimo aggionamento 30 marzo, 2003