STUDI |
Il perdono e il suo valore
educativo Estratto dalla Tesi di Laurea presso la UNIVERSITA PONTIFICIA SALESIANA Facoltà di Teologia - Dipartimento di Pastorale Giovanile e Catechetica Roma 2002
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(seguito)
2.3 Lamore ai nemici: novità radicale del perdono di Cristo
Linvito ad amare i nemici occupa un posto centrale nel discorso inaugurale delle beatitudini. Il messaggio ripreso da Matteo 5, 43-47 e da Luca 6,27-35 ha sorpreso i discepoli e la folla degli ascoltatori, poi i lettori del Vangelo, a tal punto che può essere considerato lessenza stessa della vita cristiana(1). Poiché i paralleli di Luca 6 appaiono in Matteo nello stesso ordine, si pensa generalmente allesistenza di una fonte comune(2).
E la prassi dellamore come risposta a chi ci avversa (Mt 5,43-47). In base ad essa, Gesù smentisce la tendenza a nutrire rancore per il nemico e oltrepassa lo stesso concetto di amore per il prossimo. Egli afferma: «Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori ». Questesigenza è il contenuto culmine di tutto il programma sulle modalità di relazione con laltro, inclusi i casi conflittuali, e la conferma di una logica della sovrabbondanza instaurata da Gesù, che ristruttura la stessa scala di valori, nellordine antropologico, etico e sociale. Il significato del perdono non resta così sfumato in un enunciato astratto, né ridotto a circostanze eccezionali e, quasi impossibili dellesistenza, ma si leva piuttosto a «denominatore comune, chiave di tutta la condotta e del messaggio dei seguaci di Gesù»(3).
Per Matteo i nemici sono i persecutori che respingono il messaggio di Gesù, per Luca, invece, si tratta di fratelli di fede, cristiani che, per la loro condizione economica, e/o sociale e morale, vengono ad essere oggetto di disprezzo, agli occhi della maggioranza; nemico cioè significa equivalente di debitore. Il mutamento di contesto ha così mutato la portata, il significato e persino la prospettiva da cui considerare la prassi del perdono. In effetti si è passati da una considerazione in Matteo, più individuale del perdono, come prassi di comportamento interumano, a una considerazione in Luca di marcato intento sociale, in cui si accentua il suo carattere di condono (Lc 6,37 ). Linterpretazione teologica di Luca ci introduce a unetica sociale di buone opere, che spinge a praticare il perdono in maniera socialmente attiva e concreta. Perdonare significa fare il bene e fare il bene si traduce nel prestare a proprio rischio, senza reclamare la restituzione del prestito, (v 34s), nel condonare i debiti (v. 29b ss), il donatore perdona rinunciando al suo legittimo diritto di riscuotere o reclamare il prestito.
Possiamo nuovamente osservare come ad uno schema di etica di reciprocità si contrapponga unetica di gratuità e condono (v. 32ss), anche sul terreno sempre delicato e mobile delleconomia. La logica della sovrabbondanza non lascia al calcolo dei benefici altra scelta, che lincalcolabile ricompensa di Dio (v. 35). Perdonare per il cristiano significa sempre confrontarsi a Dio, del cui essere è espressione la misericordia (v. 36)(4).
Riteniamo che questo comandamento costituisca, in sintesi, la novità radicale, dellinsegnamento di Gesù, sulla vita cristiana in generale e sul perdono in particolare. Esso si pone in continuità con la precedente legislazione giudaica, in quanto richiama la legge del taglione, sotto una forma paradossale, ma dice anche che sarà compiuta, realizzata nella sua totalità. Un altro elemento di continuità è dato dalla ricompensa che sanziona un merito. Allamore dei nemici è legata una ricompensa che sarà grande. La promessa di una ricompensa contrasta con latto, tutto sommato privo di merito, di amare coloro che ci amano e che, tuttavia, contiene una sorta di ricompensa: la prospettiva di averne qualche cosa in cambio.
Più evidenti sono invece gli elementi di discontinuità:
- Una corretta comprensione dellamore dei nemici deve unire il comandamento nuovo alle beatitudini, che lo precedono sia in Luca che in Matteo. La discontinuità è evidente: sono proclamati beati coloro che, a causa di Gesù, hanno dei nemici. Il fatto dellinimicizia, a causa del figlio delluomo, non è più un castigo di Dio, che puniva il suo popolo o ne metteva alla prova la sua fedeltà; tuttavia solo la potenza di Dio conferisce un senso a tutto ciò: la vostra ricompensa sarà grande nei cieli(5).
- La totale scomparsa di ogni attesa di vendetta da parte di Dio. Come abbiamo visto, questaspettativa si trova ancora nei libri sapienziali (Pr 25,21-22). Gesù chiede di amare i propri nemici e di pregare per loro (Mt 5,44; Lc 6,28).
- Gesù ha cambiato radicalmente il senso della ricompensa dellamore ai nemici. Essa è ormai una promessa fatta da Lui stesso e non più una necessaria retribuzione di un atto eroico particolarmente meritevole: Così sarete figli dellAltissimo che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni» (Mt 5,45).
- Facendo così, il Padre si comporta come se non avesse nemici. Amando i suoi nemici il discepolo si comporta come il Padre.
- Chi insegna e interpreta la legge e i profeti è Gesù, che accompagna lannuncio con le guarigioni. Questo gli dà autorevolezza di potersi impegnare alla promessa del regno dei cieli.
- Il criterio supremo dellamore ai nemici è lamore dellAltissimo. Linimicizia personale, essendo ciò che maggiormente rivela gli ostacoli al Regno iscritti nel cuore delluomo, è il primo ambito in cui questultimo può agire e rispondere allodio, mediante il linguaggio della benevolenza. Ora, ciò che rende singolare questo atteggiamento è il fatto di potersi riferire a un esempio divino: «Siate voi dunque perfetti comè perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48); questa perfezione viene chiamata da Luca misericordia: «Siate dunque misericordiosi comè misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,35b-36). I due evangelisti concordano: è lamore del Padre celeste per gli uomini ad essere lelemento specifico dellamore dei nemici, a cui Gesù invita i suoi discepoli. Non vè dubbio al riguardo.
In ultima analisi è lamore verso il nemico che supera le distanze tra gli uomini. Amare il nemico non significa però lasciare che uno psicopatico faccia ciò che vuole, anche se molesta o addirittura uccide dei bambini. Nellaltro non riconosce il nemico, bensì colui che è lacerato nel proprio intimo e che, quindi, vuole ferirmi. Certo, io posso e devo proteggermi da persone che sono malate dentro e che, quindi, si sentono costrette a ferire gli altri. Però non vedo laltro come nemico, ma come persona che ha bisogno di aiuto, per essere di nuovo in armonia con se stessa.
Con il comandamento dell amore per il nemico Gesù ci vuole sfidare a esaminare i nostri modelli di comportamento, senza seguire troppo precipitosamente binari prestabiliti, che infatti dimostrano di condurre solo a guerre e a violenze. Per i Padri della Chiesa lamore per il nemico è lelemento caratteristico del cristianesimo, che, con esso, ha contribuito in misura significativa, a rendere molto più umana la convivenza.
2.3.1 Amare il nemico dentro di noiNella storia la parola dellamore verso il nemico ha spesso fatto sì che gli impulsi aggressivi venissero repressi per poter amare il nemico. Ma è stata proprio la repressione dellaggressività a dare origine a comportamenti ostili. Per questo motivo alcuni autori affermano che, prima di essere in grado di amare il nemico esteriore, dobbiamo amare il nemico presente dentro di noi(6). Dobbiamo innanzi tutto riconciliarci con tutta lostilità presente nella nostra anima, con le tendenze aggressive e omicide, con linvidia e la gelosia, con la paura e la tristezza, con gli istinti e la bramosia, presenti nel nostro intimo. E lamore verso il nemico dentro di noi è più difficile dellamore verso il nemico fuori di noi. La parola di Gesù su Dio, che fa risplendere il suo sole sui buoni e sui cattivi, ci mostra come poter amare il nemico dentro di noi. Dobbiamo lasciare che il sole della nostra benevolenza e il sole dellamore divino splendano su tutto ciò che è presente in noi; anche su quello che è oscuro e minaccioso; anche sul male. Poi la luce dellamore trasformerà il male. Riconciliarsi con la parte aggressiva e oscura dentro di sé non significa però godere di essa. Ciò che viene accettato può anche essere trasformato. La pioggia, che deve cadere in noi su ciò che è giusto e ingiusto, ha il compito di ammorbidire le rigide barriere che abbiamo creato in noi tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia. Riteniamo di riuscire a separare con esattezza in noi il giusto dallingiusto. Tuttavia i confini sono fluidi(7).
La pioggia rappresenta lo spirito fecondatore di Dio che deve pervadere i nostri due elementi, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Senza lo spirito di Dio la propria giustizia diventa rigida e simile a quella dei farisei. Anchessa, come lingiustizia nel nostro intimo, ha bisogno della pioggia dello spirito divino. Allora ovunque dentro di noi può maturare il frutto della vita divina.
2.3.2 Modelli di comportamento del perdono in Gesù
Alla tesi della vendetta Gesù contrappone il principio del «non opporsi al malvagio» (Mt 5,39). Non si riferisce alla persona malvagia, ma al male in generale. La rinuncia a opporsi al male non deve però essere interpretata come una resistenza passiva, come se si dovesse semplicemente stringere la testa fra le spalle, per subire pazientemente ogni malvagità. Si tratta piuttosto di superare il male con la fantasia e con lamore e di spodestarlo integrandolo nel nostro progetto di vita. Per Gesù limportante è che noi superiamo il male con la fantasia dellamore e troviamo in questo modo nuove possibilità di convivere in un clima di pace e riconciliazione.
Gesù elenca quattro modelli di comportamento con i quali possiamo reagire al male in modo nuovo.
Non sono comandamenti, ma piuttosto proposte per un nuovo comportamento, che possa ricucire lo strappo, che lacera la comunità umana.
«Se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche laltra» (Mt 5,39). Se la prima regola per vincere il male è opporsi al male e non al malvagio, la seconda regola è la disponibilità a portare il doppio del male pur di non raddoppiarlo. La «tolleranza» cristiana non è indifferenza verso il male, ma forza di tollerare, cioè di portare su di sé il male dellaltro, sullesempio di Cristo che è lagnello, che toglie i peccati del mondo, cioè lagnello che porta su di se i peccati di tutti noi(8). Colpire qualcuno sulla guancia è un gesto di disonore. Se qualcuno vuole disonorarmi, mi deve umiliare, per potersi innalzare. Se accetto questo gioco, si creerà in noi una frattura, seguita poi da una lotta, per stabilire chi dei due merita maggior onore. Attizzerò linvidia di chi è disonorato aumentando così la lacerazione, che divide gli uomini. La consapevolezza del mio onore, che non devo difendere con accanimento, conduce a una via, che può sanare questa lacerazione. Infatti offre allaltro la possibilità di cercare il proprio onore dentro di sé, invece di crearselo sottraendolo agli altri(9).
Il secondo esempio si riferisce a unaltra lacerazione, che divide la nostra società. Si tratta della spaccatura di quanti si fanno causa lun contro l altro. Gesù ci mostra qui unaltra possibilità. Se qualcuno ti vuole chiamare in giudizio, per toglierti la tunica, tu lasciagli anche il mantello (cfr.: Mt 5,40). Gesù trae un esempio dalla giurisprudenza ebraica. Se qualcuno aveva dei debiti, in tribunale, gli si poteva pignorare tutto quello che aveva. Soltanto il mantello era escluso dal pignoramento perché serviva come coperta, per proteggersi dal freddo durante la notte. Ora Gesù ci invita a rinunciare anche a questo diritto, non pignorabile e a fare affidamento su Dio, che provvederà a noi. Anche in questo caso Gesù non vuole istituire una legge, ma piuttosto stimolare la nostra fantasia. È linvito a rinunciare a un tuo diritto, cosciente del tuo dovere di figlio, quello di non opporti al fratello.
Lesempio delle due miglia che dobbiamo percorrere insieme a chi ci costringe a farne uno (Mt 5,41) trae spunto dalla realtà delloccupazione romana. In quanto appartenente alla forza di occupazione, ogni romano aveva il diritto di costringere un ebreo a percorrere un miglio insieme a lui, per farsi mostrare la strada, oppure per trasportare un carico. Ci si può immaginare fino a che punto questo diritto umiliasse gli occupati, facendo nascere in loro sentimenti di odio e di ostilità. Quando un ebreo veniva costretto a trasportare i bagagli di un romano per un miglio, probabilmente lo faceva digrignando i denti. Gesù ci invita ora a spezzare il vecchio rapporto amico-nemico. «Percorri due miglia con il romano, poi puoi fartelo amico. E allora anche tu starai meglio, perché hai conquistato una persona». Questo consiglio di Gesù si riferisce, quindi, a una situazione decisamente concreta: quella delloccupazione nemica di un paese, che normalmente è fonte di violenza e di resistenza, di odio e di mancanza di riconciliazione. Gesù mostra come la riconciliazione sia possibile anche in una situazione difficile, come la spaccatura tra invasori e occupati possa essere superata.
Unaltra spaccatura fa riferimento al quarto modello di comportamento, descritto da Gesù. Si tratta del baratro tra ricchi e poveri, che anche oggi è di frequente causa di conflitti e guerre. Non dobbiamo voltare le spalle a chi desidera un prestito da noi. Se diamo a chi ci domanda ciò di cui ha bisogno, lo accogliamo nella nostra comunità e superiamo in questo modo il fossato che divide chi ha da chi non ha (cf. Mt 5,42). È la disponibilità a dare che è vittoria sul prendere. Il prendere per possedere è principio di ogni male, distruggere la creazione che è dono di amore. Il dare è principio di comunione.
(continua)
1 LAFITTE, Il perdono , 136.
2 SABOURIN L., LEvangile de Luc. Introduction et commentaire, Roma, PUG, 1985, p. 162.
3 RUBIO, La virtù , 116.
4 Ibidem, 117-118.
5 Cfr.: LAFITTE, Il perdono , 142.
6 JUNG C.G., Ricordi, sogni, riflessioni, Milano, Bur Rizzoli, 1999.
7 GRUN, Larte , 27-28.
8 FAUSTI F., Una comunità legge il vangelo di Matteo, Bologna, EDB, 1999, p. 79.
9 GRUN, Larte , 24.
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ultimo aggionamento 02 agosto, 2003