ESPERIENZE |
A Montevarchi, nella parrocchia della Insigne Collegiata S. Lorenzo, cè una Chiesa del 1700 chiamata Oratorio di Gesù Redentore, al momento in pieno restauro, dove si trova una statua lignea del 1500 (il Redentore) che, nella sua originalità e diversità, porta curiose somiglianze, di tema e di forme con limmagine del noto Crocifisso, sito nel piccolo Santuario di Collevalenza, e rivelato dal buon Gesù a Madre Speranza e che Lei stessa ha fatto realizzare.
Per fare un certo accostamento, merita descrivere qualcosa delle due icone.
Il Crocifisso di Collevalenza, come sappiamo, si presenta, nella classica posizione delluomo della croce, inchiodato, incoronato di spine, sofferente e ancora vivo (e questa è una sua originalità!). Il corpo che potremmo chiamare atletico, senza intenzione di modernizzarlo, sia pur con i segni del supplizio, è bello, dignitoso, anzi maestoso. Il volto, reso ancor più vivo dagli occhi luminosi, dolci e aperti, attira amorosa attenzione e ci apre alla contemplazione di un mistero, nemmeno tanto nascosto, che fa riferimento a un amore grande che spiega tutto.
Dietro le spalle del Crocifisso cè una grande ostia che richiama il Mistero pasquale che si rinnova in ogni Cena del Signore, mediante lazione dello Spirito, la voce, il cuore del Celebrante in preghiera con la sua gente che crede e fa comunitàIl Redentore di Montevarchi, che sembra meno crocifisso di quello di Collevalenza, in realtà si accosta meravigliosamente. È una figura di uomo alto, a misura naturale e in piedi, che porta in sé i chiari segni della passione: ha la corona di spine, i fori dei chiodi, ha addirittura il flusso del sangue che fuoriesce. Il volto pieno e amoroso, non solo vivo, ma con lo sguardo da risorto, presenta due grandi occhi carichi di tenerezza che rendono la figura maestosa in un corpo armonioso, anzi atletico. Questo Figlio delluomo, abbraccia poi una croce di misura ridotta che si appoggia su di lui ma sufficiente per far capire la sofferenza e il mistero che ha vissuto.
Il riferimento allEucarestia è fortemente evidenziato da quei due flussi di sangue che fuoriescono abbondanti dalla mano e dal costato, che si uniscono in un calice sorretto a basso da un putto adorante. Il riferimento alla Pasqua è completo: i segni della sofferenza, il calice della salvezza e lamore che si dona. APPENDICE a completamento:
Dopo questo accostamento fra le due Icone con i comuni riferimenti (il Cristo vivo nella sua Passione, il volto sereno e glorioso, e il richiamo allEucarestia), considerando noto a tutti la storia e il significato del Crocifisso dellAmore misericordioso di Collevalenza, mi permetto di dilungarmi ancora un po sul Redentore di Montevarchi.
I dati storici sono rilevabili soprattutto dal manoscritto Storia dellOratorio del SS. Redentore, relativo al periodo 1758-1842, che è presente nellArchivio storico della Collegiata S. Lorenzo.
Si sa che fin dal 1300, dove sorge ora lOratorio del Gesù Redentore, esisteva una piazzetta detta dellolmo a motivo di una grossa pianta cresciuta nel mezzo di essa, e su questa piazza si affacciava un Ospizio (ospitale) gestito dalla Fraternita del Sacro Latte, per ospitare peregrini e miserabili, storpi e simili. Un anonimo pellegrino realizzò col legno di quellolmo il bellissimo simulacro (vera e propria icona) del Redentore nella seconda metà del 1500. Quando lattività dellospizio venne a cessare, la pietà dei fedeli montevarchini volle erigere una piccola chiesa o oratorio per la custodia e la venerazione del simulacro.
Nel 1712 si sentì il bisogno di dar vita a una Compagnia della notte composta da laici che si riunivano alla vigilia delle feste, dalla sera fino al mattino, in preghiera e meditazione, per prepararsi a celebrarle devotamente. Poco tempo dopo sorse anche una Compagnia del giorno costituita da coloro, che si radunavano per la preghiera nelle ore diurne. Ben presto ai fratelli delle due Compagnie, (che in pratica ne costituivano una sola) si aggregarono anche molte sorelle.
Sono passati più di due secoli dopo tante avverse vicende, la Compagnia ha perso il primitivo fervore ed è pubblicamente scomparso ogni riferimento di appartenenza da parte degli aggregati. Ma la devozione al SS.mo Redentore non è scomparsa dal cuore e dalla preghiera dei fedeli.
Il simulacro di Gesù Redentore, punto centrale dellattenzione e venerazione nellOratorio, consiste in una statua lignea del 1500, di elegante fattura a dimensione naturale; si presenta come una figura solenne, con volto e occhi sereni, ben composta e proporzionata, con braccia e gambe forti ed eleganti.
La statua ritrae il Cristo vivo e in piedi, con il corpo in colore naturale. Sul capo si posa, sopra la corona di spine, unaureola che richiama la santità. Dal costato fuoriesce un flusso di sangue ben visibile che si getta in un calice sorretto da un angioletto posto su un piccolo piedistallo. Sullo stesso calice confluisce altro flusso di sangue proveniente dalla mano del braccio destro; il braccio sinistro tiene stretta, come abbracciandola, una croce di dimensioni modeste, alta quanto la figura; la parte centrale del corpo è coperta da un perizoma di panno di colore blu. Il tutto è appoggiato su una base rettangolare di legno.
Ancora più interessanti sono i riferimenti religiosi che fanno scaturire messaggi di spiritualità e invitano alla contemplazione silenziosa. I chiari segni della crocifissione subita (la croce, il sangue, le ferite, la corona di spine) e il richiamo allEucarestia (il calice dove confluisce il sangue sotto lo sguardo vivo e dolce del Cristo) fanno forte riferimento al generoso dono della vita da parte del Salvatore ed anche al mistero dellEucarestia che è memoria attuale del sacrificio e quindi dellamore del Signore. Tutto spinge alla contemplazione del mistero della Pasqua in cui si è rivelato lamore grande e misericordioso di Cristo Gesù, meravigliosamente presente in questa suggestiva icona. Il meraviglioso simulacro, oltre lammirazione per larmonia anatomica e la sua bellezza sprigiona un mistico fascino che, nel popolare e semplice affetto dei nostri antenati di Montevarchi, ha facilitato in passato, intorno forse a qualche frammento storico, il nascere e il diffondersi di una pia leggenda che avvolge le origini della statua medesima.
A questo proposito, dal manoscritto sopra citato, iniziato da un certo Giovanni Antonio del fu Felice Parigi, viene trascritto questo racconto nel suo testo originale per maggiormente gustarne la semplicità e spontaneità.
Esisteva in Montevarchi un Ospitale della piazza detta dellolmo, (lattuale Piazza Umberto) nel quale non si dava raccetto se non a Peregrini e miserabili storpi e simili, mantenuto detto Ospitale a spese della Fraternita di S. Maria del Latte; come tuttora vedesi dallo stemma che vi esiste di detta Fraternita, benchè se facesse acquisto il M.o Rev.do Sig Canonico Gio.Batta Peri ed ora è passato detto patrimonio ai Signori fratelli Brilli di Terra Nuova, la qual Fabbrica ad essi serve ad uso di Granaro annesso al Monte Pio di Monte Varchi.
Comparve adunque un Peregrino a detto Ospitale e vedendo in questa piazzetta un olmo cosi bello (dal quale detta piazzetta prendeva nome) il qual Peregrino favellando con gli astanti disse: bella statua esprimente un Redentore vi sarebbe da fare in quellolmo! Onde che presiedeva a detto Ospitale (il quale si vuole che fosse un Soldani) linterrogò dicendogli se egli si reputava abile a ciò seguire, e nella forma da esso Peregrino espressa, il quale costantemente rispose che ne prendeva limpegno purché fosse a lui data una stanza libera affinché ivi veruno potesse penetrare fintantoché egli non avesse compiuta lopera intrapresa, quale promise che sarebbe stata da lui eseguita in soli tre giorni, come infatti esegui.
Con tutta sollecitudine fu consegnata al Peregrino la stanza, con quantaltro fu da esso richiesto, come pur fu dato di mano allolmo e trasportato ove ei richiese, entro la stanza medesima posta in detto Ospitale nella quale il medesimo ben dentro si chiuse a segno tale che dovettero somministragli il vitto giornaliero per mezzo di ruota. Venuto il termine dei tre giorni stabiliti andarono alla stanza suddetta ed avendo per più volte chiamato il Peregrino e vedendo che non rispondeva, né tampoco lo sentivano agire, diedero di leva alla porta della stanza e penetrati al di dentro della medesima trovarono con universal meraviglia dellastanti tutti compiuta e terminata lopera da esso prodotta in elegante struttura, come tuttora vedesi. Trovarono ancora il vitto tutto somministratoli nei decorsi tre giorni, ma non trovarono già il Peregrino ivi rinchiuso con tutta cautela e senza che veruno immaginar potesse il come e il quando egli fosse di li dentro sortito, senza che veruno gli appresassasse soccorso alcuno per di li dentro partirsene, onde a comun maraviglia e stupore fu reputato il Peregrino di bocca in bocca per uno Spirito Celeste e così di tradizione, ma comunque siasi non si può negare che il nostro simulacro se non è fatto da mano Angelica, almeno lArte in quello è arrivata al colmo della Perfezione.
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ultimo aggionamento 14 settembre, 2003