Carissimo,
e Dio decise di decadere
dalla sua situazione di Dio.
Decise di incominciare a contare i giorni, di nascere dal grembo di una
ragazza, di diventare uomo tra gli uomini.
Povero tra i poveri, i deboli, gli esclusi, i non amati, i condannati
dalla storia di ogni tempo.
Così parlava Isaia: "Camminiamo a tastoni, ciechi, rasentando
un muro. Come morti abbandonati, tra le tenebre. Urliamo come orsi e gemiamo come colombi
in attesa della salvezza".
Poi fu illuminata la Notte. Le sentinelle alzarono la voce.
Gridarono insieme di gioia. Proruppero in canti le rovine di Gerusalemme.
È l'evento del Signore, venuto a consolare il suo popolo, l'incontro,
nel dolore della strada, con l'uomo lebbroso, che è ciascuno di noi.
Vicenda strepitosa, allucinante. Una coperta di pazzia, di spavento.
Gli occhi pieni di pensiero, di pianto. Il corpo lacerato, deturpato, orrendo.
Il lebbroso, il grande escluso degli uomini, l'offesa alla luce.
Andrà gridando a se stesso: "Immondo, immondo"!
Eppure la luce di Dio scatena la più grande verità. La verità dei
poveri, estranei, soli, respinti.
Separati dalla terra ma adesso ricostituiti padroni della terra.
Dio sceglie la lebbra come la carne più pura dell'uomo. Appende tutto
il suo cielo a quanto era stato posto fuori dalla città, nei sotterranei dell'abbandono,
dell'ingiustizia, della morte.
È il giorno nuovo, il giorno in cui vorrei ritrovarmi anch'io,
bisognoso di perdono.
Cantare questo Dio che è sulla strada, danzare con i salmi, ritrovarmi
nella colonna di fuoco, nel vento della profezia, con il popolo che ha conosciuto la
misericordia. Acclamare osanna a questo Dio venuto per riscattare
lo schiavo.
E, lungo la strada, raccontare anch'io la mia storia di paura, di
egoismo, di stanchezza, liberata dal suo amore, dalla sua infinita accondiscendenza.
Nino Barraco