STUDI
 

    P. Nicola, Monaco Trappista

S. Maria Arabona, Abbazia Cistercense
MANOPPELLO - Pescara

 

Il dono della castità consacrata
 

 

 

 

Gesù fu vergine, non conobbe donna e matrimonio e offrì tutta la sua vita e il suo cuore per la salvezza di tutta l'umanità.
Nel mistero della sua predicazione, chiede aiuto e chiama uomini e donne a condividere la sua esperienza, che è esperienza eccezionale, fuori dalla tendenza della natura umana, ad accoppiarsi e a perpetuarsi.
Gesù con la sua incarnazione, morte e risurrezione ha inaugurato il Regno dei Cieli. Nella sua carne intatta ha inaugurato lo stadio finale del Paradiso dove gli uomini e le donne non si uniranno più in matrimonio e vivranno come angeli.
Gesù chiama uomini e donne ad amare in modo trascendentale, con un amore che va oltre il rapporto sessuale; ad amare segnalando l'altro mondo dove il tempo e la consumazione hanno finito di avere significato e quindi di esistere.

Come essere certi se c'è il dono della chiamata alla castità consacrata in un discepolo di Gesù.
Occorre un serio discernimento e un paziente confronto con una guida spirituale saggia.

In linea generale si può dire: quando un/a giovane sente una particolare attrazione verso la preghiera e l'intimità con Gesù, già è un buon segno. Voler pregare con tempo e senza fretta, voler donare ad esempio 2 ore al giorno alla preghiera, può essere un segno di chiamata, ma non è sufficiente.
Come si sa un laico sposato con famiglia per la sua particolare missione non può reggere un ritmo di 2 ore al giorno di preghiera, ascurando i suoi doveri di sposo, padre, lavoratore, cittadino, ecc...

Se poi un uomo o una donna oltre a voler pregare tanto, si sente attratto da una grande libertà nell' amore e trova angusto il donare il proprio cuore ad un partner e a pochi figli, e desidera servire e annunciare il vangelo senza riserve, condizioni e limiti, è possibile che sia chiamato/a alla castità consacrata.

Ma ancora non basta.
Se poi un/a giovane amante della preghiera e della libertà, con la grazia di Dio, sente nel suo corpo e nel suo cuore di poter rinunziare al piacere erotico così importante e santo come mezzo per 1' amore e la procreazione (se invece diventa fine, capovolge la bellezza nella bruttezza, nel vuoto e nel non senso) per generare in modo diverso, cioè spiritualmente e affettivamente, e sente di poter superare l'istinto della gelosia, del possesso, dell'esclusività, è possibile che sia chiamato a seguire vergine ( o con una recuperata verginità) Gesù vergine.

Ma ancora non basta.
Perché ci siano segni certi di chiamata alla castità consacrata occorre ancora un'ultima cosa troppo trascurata.
I consacrati devono essere umanissimi, accessibili, amabili. Non rinunziano all'amore, all'amare ed essere amati, non reprimono il cuore. Diventerebbero nevrotici, repressi, contraddittori, inaffidabili, repellenti, ecc. ecc.. Non rinunziano all'amore, ma soltanto ad una espressione di esso, terrena bella e santa che è quella coniugale e intima tipica del matrimonio, con le sue gioie, responsabilità e croci. Non rinunziano all'intimità, ma solo a quella che è genitale e che è benedetta da Dio nelle nozze.

E’ importante che i consacrati siano capaci di immensa tenerezza. Ecco un criterio da ben approfondire.
La tenerezza, tutto quel mondo di bellezza, di affetto, di gesti e comportamenti tipici dei bambini sempre sorpresi e stupiti, ha in sé un riferimento quasi fisico all'altro mondo perché essa è totalizzante: abbraccia tutta la vita, dalla nascita alla morte, senza interruzione. Una carezza, un bacio, un abbraccio piace al bimbo, all'adulto, all'anziano, al moribondo, a tutti e sempre. La tenerezza "tiene", rimane, resiste, resta, è continua, non ha le fasi e gli alti e bassi dell'erotismo, ma è preludio di eterno. Le lettere di "eterno" sono già provvidenzialmente nella parola "tenerezza". E quindi concepire o intuire un al di là fatto di tenerezze tutta luce non solo è legittimo ma è quasi doveroso. In paradiso tutto sarà unione limpida, trasparente, totale.

Non è sostenibile, né umana e né tanto meno attraente una vita celibataria o consacrata, che, al posto del piacere erotico-coniugale, non ha altre alternative di piaceri e godimenti, simili e nello stesso tempo differenti. Cosa sarebbe il centuplo che promette Gesù nel vangelo senza tenerezze?
Che senso ha una vita donata e immolata priva di soste di estasi, di affetti profondi e appaganti, di contemplazione grandiosa e goduta, carente di stupore e sorprese, senza momenti o ore di perdimento verticale in Dio, nel mistero, nell'infinito, e orizzontalmente senza tutte le dolcezze possibili di un'amicizia intima o di un calore del cuore?

Ecco allora un criterio finale e forse determinante. Se Gesù ebbe estasi col padre, gioie coi bimbi, amicizie intime, calore in famiglie accoglienti, ecc..., il consacrato deve avere amicizie intime, dove la confidenza, la condivisione, la dolcezza della tenerezza consolano e confortano. Chi non è aperto ad una, due, tre amicizie vere, profonde, fedeli, senza gelosia e ambiguità, al di là del possesso e della sensualità, non sarà un consacrato felice. La causa del vangelo, della comunità, della congregazione, non possono essere sufficienti per la felicità personale. Occorre uno spazio intimo dove al posto del matrimonio ci sia la sacralità dell'amicizia, non elusa a priori, amicizia retta e onesta con persone dell'altro sesso. L'umanità di Gesù è il modello assoluto ma è troppo spesso dimenticata. Amare tutti e donarsi a tutti non deve scavalcare o reprimere quell'umanità bisognosa di un rapporto preferenziale e speciale che, casto e mai soffocante, non solo non toglie la libertà, ma la nutre e la difende dalla dispersione e spersonalizzazione. Il cuore indiviso significa un'appartenenza "assoluta" al Signore col corpo e col cuore, senza recludere le mediazioni di appartenenza "relativa" negli affetti.

Tante volte il consacrato che pensa di amare tutti senza amicizie intime, di fatto si ritrova solo e sterile, di fatti non ama nessuno, e come conseguenza amara vive scontento, ripiegato su di sé, in grande difensiva. Quanti consacrati fedeli all'esclusione dei rapporti sessuali, purtroppo sono pieni di manie, lamentosi, criticoni, rancorosi, permalosi al massimo, e anche acidi e cinici. Quanti vivono in balia di accecanti gelosie e livide invidie, o attaccati tenacemente ai soldi, all'ambizione, oppure all'autoerotismo o ai propri parenti e tutto il resto? Quanti consacrati sono entusiasti della loro libertà e della potenza d'amore che li brucia, felici di parlare del centuplo e della vita eterna, felici di trasmettere anche balbettando luci sull'amore bianco dell'altro mondo e sono credibili e affascinanti con il loro volto illuminato dal sorriso e con i loro comportamenti quotidiani? I consacrati non devono essere né mezzi uomini, né spirituali alienati sprezzanti di questo mondo, ma devono essere umanissimi testimoni del cielo. Devono saper stare con tutti, ma custodendo il mistero di appartenere in modo assoluto a Gesù e custodendo il mistero di intimità con qualche amico o amica, nella trasparenza davanti a Dio, ma anche nella discrezione, perché la vita privata rimanga tale, senza doppiezza e ipocrisia, ma anche senza mettere tutto di sé in piazza. I consacrati che trascurano la crescita e la maturità affettiva forse faranno tanto bene agli altri perché il Signore si serve ugualmente di loro, ma nello stesso tempo, non potranno sperimentare il centuplo e si sentiranno delusi o traditi nelle loro aspettative di gioia. Come si sa il paradiso si capisce solo se si pregusta qui.
E infine una precisazione: avere pochissime amicizie intime (si confronti sempre il modello perfetto Gesù) non significa chiusura ad amicizie e simpatie meno coinvolgenti e meno esigenti.
C'è tutta una gamma di relazioni amabili e consolanti per la vita dei consacrati.
A lode di Gesù e Maria vergini

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ultimo aggionamento 31 ottobre, 2004