Carissimo,
nessuno di noi pensi che questo sia l’ultimo giorno inutile della storia.
No, nonostante tutto, la storia cammina verso la sua riuscita definitiva, è appesa al braccio di Cristo Risorto.
Certo, come negarlo? Ci ritroviamo, viandanti smarriti, sulla strada di Emmaus, chiedendo ragione alla nostra speranza.
Già prima, il profeta Elia, sconfitto dalla paura, dalla sfiducia, dal cammino, aveva deciso di morire. Eccolo, sotto il ginepro, pronto all’abbandono di ogni speranza. Ed ecco la focaccia cotta sulle pietre roventi, ecco l’orcio d’acqua, ecco l’Angelo del Signore: “Alzati e cammina”.
Quaranta giorni e quaranta notti. È la ripresa della strada. È il Monte che si apre al futuro del profeta, al futuro del mondo. È la brezza leggera. È la nuvola sul Monte, segno di Maria, che in Gesù si fa tenerezza incontaminata della vita, misericordia, salvezza per ogni uomo, per ogni strada che chiederà speranza.
Quel pane nel deserto, bisaccia di amore per la nostra fame vivente, per l’implorazione della storia, per la ferocia e l’angoscia di noi stessi, che ci strugge, che chiede infinito.
Speranza, lotta, cammino con i fratelli. All’alba della nuova strada, che si apre al terzo millennio, il Pane resta ancora la conferma dell’avvenire.
Pane di futuro, margine di ulteriorità, che ci sfama, che ci spiega. Che spiega il senso di questa navigazione cosmica sulla quale tutti viaggiamo, che riempie il bisogno di risposte superiori alle nostre stesse domande.
Ancora oggi, pane da celebrare, da condividere, da “essere” con i fratelli.
Pane sulla strada, per la ferita insaziabile di esistere come uomini. In questo labirinto di miti, di bugie, in questa terra disperata e disperante, deserta, di scorpioni velenosi, di ossa aride.
Nino Barraco