ESPERIENZE
 

    Paolo Risso   

A 450/440 anni dalle definizioni del Concilio di Trento

“Gesù Cristo realmente presente nell’eucaristia suo perenne sacrificio”

 

 

 

 

 

Che nella Chiesa, la Messa sia veramente tutto, secondo la Tradizione cattolica convalidata dal Magistero, lo dimostra anche il fatto che, stando alle intenzioni di Lutero (1483-1545), una volta che si sopprimesse la Messa, resterebbe liquidato anche il Papato: “Triumphata Missa, puto nos totum papam triumphare” (Contra Henricum, Ed. Weimar, vol X b, p. 220). Sulla sua linea, con sfumature diverse, si mossero Zwinglio e Calvino.
La reazione cattolica fu pronta, se come constatava lo stesso Melantone nella sua Apologia della Confessione di Augusta, i teologi fedeli pubblicarono “un numero quasi infinito di volumi”, in soli dieci anni. Si distinsero Giovanni Cocleo, Girolamo Emser, Giovanni Eck, il Card. Tommaso De Vio, la Facoltà teologica di Parigi e innumerevoli altri.
Al Concilio di Trento, convocato da Papa Paolo III nel 1545 e felicemente concluso da Pio IV nel 1563, il supremo Magistero, sulla SS.ma Eucaristia, nel 1551 e nel 1562, si pronunciò con due testi dogmatici, definitivi, insuperabili, di luminosa chiarezza.

 

“Presenza reale, vera, sostanziale”

Nel 1551, poco più di 450 anni fa, il decreto sulla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia: tutto intero, Gesù Cristo, Dio e Uomo, con il suo Corpo Sangue Anima e Divinità, è realmente contenuto sotto la specie del pane e del vino dopo la consacrazione eucaristica. Gesù lo ha voluto per dimostrare a noi la potenza del suo amore e per rimanere sempre con noi. Ha voluto, che, ricevendolo, ci ricordassimo di Lui e della sua Passione e Morte per noi; ne facessimo alimento celeste della nostra vita, per essere fortificati in Lui e vivere della sua stessa vita divina. Ha voluto che fosse anticipazione della nostra salvezza eterna e segno del suo Mistico Corpo che è la Chiesa una e santa.
Gesù Cristo possiede dunque questa miracolosa e mirabile esistenza eucaristica, con cui Egli rimane con noi, in ogni luogo, in ogni tempo, senza abbandonare la sua esistenza gloriosa presso il padre. Gesù Cristo ovunque presente, Gesù Cristo vivente; noi diventati suoi ospiti, suo tempio, sue membra. Ma è meglio dirlo con le parole chiare e sicure dei Padri di Trento: è la realtà della “transustanziazione”, definita come dogma di fede l’11 ottobre 1551, alla XIII sessione del grande Concilio, contro gli errori del protestantesimo:
Persuasum semper in Ecclesia Dei fuit, idque nunc denuo sancta haec Synodus declarat: per consecrationem panis et vinim conversionem fieri totìus substantiae panis in substantiam Corporis Christi Domini nostri, et totìus substantiae vini in substantiam Sanguinis eius. Quae conversio, convententer et proprie a sancta Catholica Ecclesia, transubstantiatio est appellata” (D-S 1642).
Stupendo prodigio. E stupendo segreto con il quale Dio ha offerto alla sua Chiesa la facoltà di appropriarsi – inserendola in ogni angolo della terra e in ogni momento della vita – la misteriosa realtà del Sacrificio del Calvario, che in sé astrae da ogni luogo e tempo, dominando l’uno e l’altro.

 

“Lo stesso Sacerdote, la stessa Vittima”

Così nella sessione XXII del 17 settembre 1562 – 440 anni fa in questi giorni – i Padri di Trento ci diedero il decreto dogmatico “De Sacrifico Missae”, con cui la Chiesa, dopo i numerosi errori sparsi e i moltissimi scritti pubblicati, prendeva posizione restando fedele alla S. Scrittura, alla Tradizione apostolica e alla dottrina di sempre. I punti principali del documento, possono essere così riassunti:

  1. Gesù Cristo, nell’ultima cena, ha lasciato alla sua Chiesa un “verum et singulare Sacrificium” (D-S 1738);

  2. esso doveva essere una “ripresentazione” tale dell’unica Offerta cruenta della Croce, da rendere a tutti possibile l’applicazione della sua virtù redentrice: “… quo cruentum illud semel in cruce perangendum repraesentaretur eiusque memoria in finem usque saeculi permaneret, atque illìus salutaris virtus (…) applicaretur” (D-S 1740);

  3. la realtà oggettiva di questo Sacrificio celebrato nella Messa è assicurata dal fatto che in essa è contenuto e incruentamente immolato l’identico Cristo che sull’altare della croce offrì se stesso in modo cruento: “… in divino hoc Sacrificio, quod in Missa peragitur, idem ille Christus continetur et incruente immolatur, qui in ara crucis semetipsum cruente obtulit” (D-S 1743). Tanto vero che una e identica è la Vittima, identico Colui che offre per il ministero dei sacerdoti: quello medesimo cioè che si offrì sulla croce, anche se in modo diverso: “una enim eademque est Hostia, idem nunc Offerens sacerdotum ministerio, qui seipsum tunc in cruce obtulit, sola offerendi ratione diversa” (D-S 1743).

  4. I frutti del Sacrificio della croce sono percepiti mediante la celebrazione del Sacrifico dell’altare.

  5. Appunto tale dipendenza dell’immolazione del Calvario dimostra, contro il pregiudizio protestante, che la Messa costituisce la più luminosa glorificazione della medesima.

Nello stesso documento, il Concilio di Trento, in coerenza con la definizione della Presenza reale e del Sacrificio di Cristo nella S. Messa, prese le difese del Canone romano che Lutero e i suoi seguaci avevano abolito: “Dato che le Cose sante è bene che siano amministrate santamente e questo Sacrificio è la realtà più santa fra tutte, la Chiesa Cattolica, perché fosse offerto e ricevuto degnamente e con riverenza, da molti secoli ha stabilito il sacro Canone, così immune da ogni errore che niente in esso è contenuto che non profumi di grandissima santità e pietà e che non elevi a Dio l’anima di coloro che offrono il Sacrificio. Infatti esso è composto in parte dalle parole stesse del Signore, in parte da ciò che è stato tramandato dagli Apostoli, e anche da ciò che è stato piamente stabilito da Santi Pontefici”.

 

“La Messa è tutto”

Il Magistero, riguardo alla realtà del Sacrificio della Messa e il suo rapporto con il Sacrificio del Calvario, sarà ripreso e spiegato con ulteriore e somma chiarezza dal Servo di Dio Pio XII nella Mediator Dei (20 novembre 1947): il Sacrificio eucaristico ha la sua fede culminante e risolutiva nella duplice consacrazione del pane e del vino, consacrazione che riproduce tutto e solo quello che avvenne sulla croce. Tutto dunque si riassume nella consacrazione: offerta e immolazione della Vittima, proprio come si è verificato sul Calvario.
I decreti di Trento, rimangono, nel nostro tempo, di sconcertante verità e attualità, tant’è vero che Papa Paolo VI nella Mysterium fidei (3 settembre 1965) si esprime con i medesimi termini, quello della transustazione compreso e illustrato, condannando transignificazione e transfinalizzazione: per lui “la S. Messa ripresenta il Sacrificio della Croce” (17) ed essa “è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari” (prof. di fede, 30 giugno 1968). Contro tutti gli abusi dilaganti oggi, riguardo alla SS. Eucaristia, il Santo Padre Giovanni Paolo II usa il medesimo linguaggio.
Ciò che i negatori di ieri e di oggi, singoli e gruppi non vogliono accettare, noi lo accogliamo per grazia del Signore. Non un simbolo o un vago ricordo della sua Passione è l’Eucaristia, ma Egli stesso davvero presente come Datore di grazia e costruttore della nostra vita divina, come Sacerdote che si offre in sacrificio sull’altare, come Pane di vita che viene davvero in noi e ci irrobustisce in santità e ci sostiene nel viaggio verso la Patria eterna. Questo è il Cristo che balza dal Vangelo e da millenni della pura Tradizione Cattolica: il Cristo vero, il Cristo della Chiesa Cattolica.
Lì affondano le radici i due decreti di Trento, nella mente e nella volontà di Gesù stesso, e risplendono come astri luminosi a indicare che l’Eucaristia è il compendio di tutta la Fede cattolica e la Sorgente di tutta la santità e dell’apostolato della Chiesa, del vero rinnovamento dell’umanità secondo il progetto di Dio. Davvero, “o la Santa Messa o nulla”, perché “la S. Messa è tutto”.

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ultimo aggionamento 31 ottobre, 2004