Collevalenza, tenerezza di Dio
Carissimo,
mi dici che l’ultima mia lettera “Sulla soglia del nuovo Anno” vale un testamento. Certamente, ogni età, ogni parola, ogni gesto, ogni giorno, è testamento.
Mi ricordi anche un’altra lettera “Scrivo al mio Dio”. Ti sono grato, perché niente è mio, tutto appartiene allo Spirito, a te, a quelli che mi amano, a chi mi ha consegnato alla tenerezza di Dio.
È questa tenerezza che ci chiama ad essere:
- abitanti del mistero, il che vuol dire impegnati a liberare il cuore dalla banalità, dalla brutalità, dal cinismo, dall’abitudine;
- ospiti del tempo, consapevoli di un dono sempre nuovo, che ci fa pellegrini sulla strada, alla ricerca di un “dopo” definitivo;
- armonicamente umani, pieni di uno sguardo positivo nei confronti della storia, delle cose, della bellezza, del mondo;
- cercatori di Dio, da riconoscere sulla terra, sull’altare, dove la presenza dell’Invisibile dovrebbe farci trasalire di sgomento, di novità;
- uomini e donne di contemplazione, di stupore, di innamoramento, di intimità profonda con la Persona essenziale, tra tante banali insignificanze;
- storicamente impegnati, responsabili di un progetto di lotta, di futuro, con i fratelli più deboli, poveri, emarginati, dentro meccanismi di frode e di potere;
- testimoni delle cose future, di una profezia che sappia reinventare le ragioni, la frontiera, la vertenza della speranza, nonostante tutte le disperazioni;
- amanti della Madonna, di questa ragazza di Dio, amica dei nostri sogni, dei nostri affetti, delle nostre lotte, delle nostre sconfitte, del nostro bisogno.
Il bisogno, in questo “frattempo” che viviamo, di dare al cuore il presagio del futuro. È il futuro che ci spiega. Paradossalmente siamo i figli dell’Apocalisse, non della Genesi.
Nino Barraco
|