RICORDANDO PADRE ARSENIO |
Trigesimo di Padre ArsenioCollevalenza, domenica 9 ottobre 2005
Carissimi fratelli e sorelle,
è per me motivo di gioia ricordare questa sera, qui, in questo santuario dell’Amore Misericordioso, Padre Arsenio ad un mese dal suo passaggio da questa vita terrena alla vita eterna.
Ricordare il Padre è un desiderio e quasi un dovere: gli debbo una immensa riconoscenza. È stata la persona che ha influito in maniera decisiva sulla mia vita.
Quando venne a Marsciano come parroco, io avevo sei anni, e nei sette della sua permanenza ho vissuto la mia iniziazione cristiana con i sacramenti della Confermazione, della prima Confessione e della prima Comunione. A questi sacramenti lui mi preparò, aiutato dalle care suore del Preziosissimo Sangue, come allora si chiamavano, che gestivano la scuola materna.
Don Arsenio è stato il primo sacerdote che ho conosciuto nella mia vita. Aveva un fascino unico, non ne ho conosciuti altri come lui. A lui si addiceva l’espressione popolare “è un prete che ci crede”: con la sua vita rendeva visibile il Signore Gesù. Dalle sue parole e dai suoi gesti emanava una forza indescrivibile, forse quello che san Paolo chiama il “buon odore di Cristo”.
Anche mia madre era una sua penitente, e da lui aveva appreso come educare alla fede i figli. Ricordo le novene dei morti e di Natale, quando si partiva da casa prima che sorgesse il sole e si tornava quando il sole non era ancora spuntato. La chiesa era uno splendore per decoro e solennità liturgica. Bastava guardarlo celebrare, padre Arsenio, e si avvertiva il mistero presente che avvolgeva la chiesa e l’assemblea. Quelle celebrazioni hanno segnato nel profondo la mia vita. Allora non ero in grado di capire tutto, ma ero attratto dal senso del mistero ed avvertivo, quasi istintivamente, la presenza del Signore. Le nostre esistenze poi si separarono, ma non troppo. Molte volte ho ripercorso la strada che collega Marsciano a Collevalenza ed ogni volta era una esperienza forte del Signore e ricevevo indicazioni preziose per la vita di fede.
Fu presente alla mia ordinazione sacerdotale e fu lui ad assistermi a Loreto quando, pochi giorni dopo, celebrai nella Santa Casa.
Quando nel 1982 fui nominato parroco a Ponte Felcino, lo invitai per la celebrazione della messa di prima comunione dei ragazzi della parrocchia: volevo che anche loro potessero gustare quanto io avevo gustato, da bambino, nella stessa occasione.
Padre Arsenio ha accompagnato tutto il mio cammino sacerdotale. Una esperienza che mi piace ricordare sono gli esercizi spirituali che lui predicò solo per me nel 1969; in quella occasione ebbi la gioia di celebrare la santa Messa per Madre Speranza.
L’ho incontrato qualche mese prima della sua morte e, dopo aver pregato, l’ho benedetto. In quel momento ha tentato di sollevare la mano per fare il segno della croce: quel gesto mi ha commosso ed è stato il nostro commiato terreno. La Parola di Dio appena proclamata ci aiuta a vedere oltre il visibile, c’invita a guardare alla dimora eterna perché la vita terrena non ci è tolta, ma solo trasformata. Oggi ci svela quale è la condizione futura: un banchetto di nozze Dio ha preparato per tutti gli uomini e l’accesso ci è stato aperto dal Signore con la sua Pasqua di morte e risurrezione. Condizione per sedersi al banchetto eterno nel Regno del Padre è avere la veste nuziale, che san Gregorio Magno identifica con la carità, l’amore fraterno: senza l’amore e le opere conseguenti non si può sedere a tavola. Già il profeta l’aveva annunciato: il Signore preparerà su questo monte un banchetto per tutti i popoli; finalmente sarà eliminata la morte. In quel giorno salirà il canto dei salvati e l’esclamazione di gioia: “Ecco il nostro Dio; in Lui abbiamo sperato”. E’ questa la dimora dei figli di Dio, è questa la dimora dei nostri cari che ci hanno preceduto nel passaggio, è questa la dimora che il Signore ha preparato anche per noi, e in questa dimora si ricomporrà la famiglia umana redenta dal Signore Gesù. La mensa eucaristica che stiamo celebrando non è che un anticipo di quel banchetto, e se noi avremo gli occhi della fede bene aperti, al momento di ricevere l’Eucaristia, il Corpo del Signore, potremo gustare in anticipo la gioia di quell’incontro.
Concludo facendo riferimento al testamento che padre Arsenio ha redatto nel 1984, quando aveva 69 anni. Il Padre ripercorre la sua vita e scrive: “Sento dal profondo del cuore un forte bisogno di benedire il Signore, perché è buono” e citando il salmo prosegue “perché eterna è la sua Misericordia”. Padre Arsenio sa scorgere in tutti gli avvenimenti della sua vita, anche quelli che noi valutiamo negativi, una benedizione del Signore; tutta la vita è una Benedizione di Dio, e di Lui Arsenio si fidava come un bambino si fida di suo padre. Questa fiducia l’aveva imparata dalla Parola di Dio.
Questo abbandono fiducioso nelle braccia del Padre ci viene suggerito dalla seconda lettura. E’ l’apostolo Paolo che ricordava ai suoi cristiani di Filippi, e che questa sera ricorda a noi: “Ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza”.Grazie, Padre Santo, per averci donato un sacerdote come Padre Arsenio: a lui hai affidato i gesti di salvezza, i sacramenti, che Gesù ha lasciato alla chiesa. Ammettilo dunque al banchetto di nozze dove un giorno saremo anche noi per cantare in eterno la tua gloria.
+ Mario Ceccobelli
Vescovo di Gubbio
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ultimo aggiornamento
21 dicembre, 2005