LA PAROLA DEI PADRI |
|
|
Beato l'uomo, che è trovato senza macchia e non corre dietro all'oro: si consolideranno i suoi beni nel Signore. Poteva trasgredire, non ha trasgredito; poteva compiere il male, non lo ha fatto. (Sir. 31, 8.11.10)
M
i hai pregato, o carissimo, che ti mandassi per iscritto parole di consolazione e addolcissi il tuo animo amareggiato per i flagelli che sopporti. Ma se la considerazione della tua prudenza non si è affievolita, la consolazione l`hai a portata di mano, dal momento che le parole stesse mostrano senza alcun dubbio che tu, per acquistare l`eredità celeste, sei divinamente istruito come un figlio. Che cosa è di più chiaro di quanto è detto: O figlio, accostandoti a servire Dio, stà saldo nella giustizia e nel timore e prepara la tua anima alla tentazione? (cfr. Sir 2, 1-2).
Dove c`è timore e giustizia, la tentazione di qualsiasi avversità non è una tortura da schiavi, ma piuttosto una correzione paterna. Perciò anche il beato Giobbe, trovandosi tra gli stessi flagelli delle percosse, dice: Colui che ha cominciato, egli stesso mi stritoli, sciolga la sua mano e mi abbatta (cfr. Gb 6, 9 volgata), aggiunge ancora: Avrei invero ancora una consolazione, che mi affligga col dolore senza risparmiarmi (cfr. Gb 6, 10).
Per gli effetti di Dio, infatti, lo stesso castigo divino è una grande consolazione, perché attraverso i flagelli di un momento che sopportano, avanzano a grandi passi nella ferma speranza di conquistare la gloria della beatitudine celeste. Per questo l’orefice batte l’oro con il martello per renderlo più puro dalle scorie. Per questo la lima raschia con insistenza, perché la naturale lucentezza del metallo appaia più chiaramente. La fiamma saggia i vasi del vasaio mentre la tribolazione saggia gli uomini giusti (cfr. Sir 27, 5 volgata). Perciò anche il beato Giacomo dice: «Considerate perfetta letizia, fratelli, quando subite ogni sorta di prove» (Gc 1, 2).
A buon diritto devono gioire coloro ai quali viene sì data un’afflizione temporanea quaggiù per il male compiuto, ma sono serbati premi eterni in cielo per le opere buone. Perciò, carissimo e dolcissimo fratello, mentre sei circondato di colpi, mentre sei castigato da percosse e dalla correzione di Dio, non disperar in cuor tuo, non ti sfugga il lamento della mormorazione. L’amarezza della mestizia non ti avvolga completamente; la pusillanimità non ti renda nervoso. Regni sempre la serenità sul tuo volto e la gioia nel tuo animo, e risuoni sulla tua bocca il ringraziamento.
Bisogna lodare infatti il disegno divino che colpisce momentaneamente i suoi allo scopo di sottrarli ai flagelli eterni. Deprime per elevare, taglia per guarire, atterra per sollevare. Pertanto, o carissimo, irrobustisci il tuo animo alla pazienza con queste ed altre testimonianze della Sacra Scrittura ed aspetta lietamente la gioia dopo la tristezza. La speranza ti innalzi alla felicità, la carità accenda il tuo fervore, perché la mente, piena di queste realtà, dimentichi ciò che soffre esteriormente, si rianimi e si immedesimi in ciò che contempla interiormente.
|
[Home page | Sommario Rivista]
realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento
07 giugno, 2006