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E
ro abbastanza giovane, e leggendola mi colpì molto, allora, l’opera teatrale di Samuel Beckett - En attendant Godot - (Aspettando Godot). Per un lungo tempo si fece un gran parlare attraverso i mass-media di questo lavoro, era diventato il pensiero di moda, ed io sempre più incuriosito ed anche per certi versi disorientato, ho continuato a leggere e studiare per conto mio questo lavoro di Beckett che ad ogni rilettura mi creava una maggiore condizione di angoscia.Aspettare chi non arriva mai mentre il tempo inesorabile scorre, e crearsi nel contempo una condizione di difesa più o meno inconsapevole di illusione-speranza, è quanto di peggio possa accadere ad un essere umano che sente la sua fragilità, avverte la sua solitudine, rimarca i limiti della sua finitudine, ma per quanto insista nella speranza, egli non riesce a colmare nessun vuoto tra i tanti che gli si aggrovigliano intorno.
L’essere umano solo di fronte alla vita ed alla ‘vergognosa umiliazione’ dell’esistenza. Chiaramente siamo di fronte ad uno ‘squallore’ esistenziale che nasce da una condizione di nevrosi che, per eccesso di pretesa o per la precisa volontà di ‘vivere al ribasso’, conduce poi a quell’atteggiamento di passiva-illusoria-speranzosa attesa di un qualcuno, nella fattispecie quel Godot, che dovrebbe tirarmi fuori dagli impicci della vita, mentre io resto apaticamente affacciato alla finestra del mondo.
Sappiamo che Godot non arrivò mai e l’attesa fu vana.
Dio cerca l’uomo e lo ama da Padre, e l’essere umano nella profondità del suo essere cerca sinceramente Dio per essere sempre più uomo
In epoca molto più recente, giunto ormai quasi all’età pensionabile, mi sono avvicinato al pensiero positivo di Louise Hay, massima esponente mondiale di questa corrente di pensiero che intende aiutare le persone a ritrovare armonia prima con se stesse e poi con tutti gli altri.
La Hay si definisce terapeuta metafisica, ed attraverso tutta una serie di esercizi e di ‘ricette’ operative, aiuta i suoi pazienti a crescere nella speranza, per ottenere un futuro migliore meno traumatico di quello che hanno vissuto fino a quel momento; l’espressione positiva più ricorrente, oltre che titolo di uno dei suoi primi lavori, è questa: - Puoi guarire la tua vita -. Tra le tante pratiche di autoguarigione che questa signora americana suggerisce, c’è anche la preghiera; preghiera rivolta quotidianamente ad un Dio che appare molto generico, generalista, indifferenziato, senza attributi, mescolato e confuso nello stesso scorrere della energia cosmica, un Dio del quale non si capisce bene quanta percentuale di forze materiali, cosmiche e spirituali contenga. E’ un Dio che esiste, ma non se ne ravvede la Sua piena ed insostituibile utilità per l’uomo, un Dio del quale francamente non si intende il perché dovrebbe stare accanto all’essere umano per rendergli poi quale servizio.
Bisogna fidarsi dell’esistenza, dell’utilità e della funzionalità di Dio sulla parola, solo perché la Hay ce ne fa personalmente una attestazione di esistenza, lei garantisce per Lui, e noi dobbiamo fidarci di quello che lei ci dice. Il pragmatismo religioso ed il relativismo concettuale la fanno da padrone in questo modo di pensare e di credere, così come la componente pragmatica è e resta sempre la caratteristica dominante dello stile e del pensiero americano in genere.
La Domenica immediatamente dopo Pasqua, mentre seguivo in televisione la messa celebrata dal Santo Padre in occasione del suo ottantesimo compleanno, mi ha colpito molto una espressione pronunziata dal telecronista della RAI, il quale diceva che Papa Benedetto XVI ci vuole aiutare a capire come Dio sia innamorato dell’uomo, dell’essere umano e della sua umanità.
Parole apparentemente semplici, ma profonde che esprimono certezza e continuità della insostituibile ed innegabile relazione tra Dio e l’uomo.
E allora Dio non è più quell’Essere indifferenziato pensato, atteso e mai incontrato così come lo vivono i protagonisti di Aspettando Godot, quasi fosse il prodotto di un pensiero che truffa te stesso. Dio non è neanche quella divinità panteista che si usa all’occorrenza e della quale ci si può disfare quando si vuole, tanto resta sempre un Essere non altrimenti meglio identificato che serve per tutto ed anche per niente, ma Dio è l’Essere Supremo della relazione certa che può avere un duplice andamento altrettanto valido: Dio-uomo-Dio, uomo-Dio-uomo. Questo elementare schema a carattere circolare sta ad indicare molto semplicemente che Dio è innamorato dell’uomo, Dio cerca l’uomo e lo ama da Padre, e l’essere umano nella profondità del suo essere cerca sinceramente Dio per essere sempre più uomo.
Ora due sono i riferimenti che mi vengono in mente a proposito di Dio-Padre.
Il primo mi conduce alle parole pronunciate da Papa Luciani quando affermò che Dio è Padre, ma anche tenera madre, proprio per esprimere l’intensità totalizzante della rassicurante relazione Dio-uomo-Dio. L’uomo per nascere e crescere ha bisogno di un padre e di una madre che provvedono, si potrebbe dire simultaneamente con uguale impegno e responsabilità, a soddisfare le sue esigenze, i suoi bisogni. In Dio non c’è bisogno di differenziare i due ruoli perché li compendia entrambi nel suo Essere perfettissimo.
Il secondo riferimento mi porta a quello che ho imparato attraverso la lettura di alcuni scritti di Madre Speranza di Gesù, la cosìdetta ‘suora di Collevalenza’.
D i o va costantemente in cerca dell’uomo, ma con tale insistenza che sembra quasi non possa vivere senza di lui, quasi come se Dio non possa fare a meno dell’essere umano.
Nella mia mente sono rimaste impresse queste parole che soleva ripetere la Madre: - Anche l’uomo più perverso, più abbandonato e più miserabile è amato da Dio con immensa tenerezza -. Ed ancora, ma riporto solo per sommi capi: Dio va costantemente in cerca dell’uomo, ma con tale insistenza che sembra quasi non possa vivere senza di lui, quasi come se Dio non possa fare a meno dell’essere umano.
Per evitare di dilungarmi su temi che mi appassionano molto e potrebbero portarmi lontanissimo, ma sempre e solo fino a Dio, voglio concludere sottolineando che di fronte alle nostre debolezze, di fronte alla nostra stoltezza pervicace, di fronte alla nostra insistenza nel volere negare in qualunque modo Dio, perché vivere senza Dio momentaneamente fa comodo a tutti, di contro c’è sempre la Sua infinita misericordia che è carità piena (Deus Caritas est) che cerca, offre, dimentica e perdona.
Per terminare voglio riportare qui una espressione di Madre Speranza: - Dio perdona le offese ricevute, dimentica, perdona e non tiene in conto -, soltanto come sa fare un attento Padre caritatevole e come sa amare una immensa tenera madre. Dunque Dio veramente e sinceramente innamorato dell’uomo; ma quando l’uomo saprà veramente innamorarsi di Dio ricambiandoLo con una intensità simile alla Sua?
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ultimo aggiornamento
04 settembre, 2007