La lettera

 

San Paolo giornalista

Carissimo,

sì, è vero, ho scritto all’Ordine nazionale dei Giornalisti.

L’ho fatto come "collega" da 50 anni, e nel contesto di questo particolare Anno Paolino che il Papa ha inaugurato recentemente.

Dicevo, a nessuno sfugge la caduta di tensione etica che oggi interroga l’informazione, il rischio di un attraversamento ideologico e commerciale, il declassamento della vocazione alla robotizzazione del mestiere.

L’apostolo Paolo, l’uomo degli incontri, è il cronista, è l’inviato speciale, è l’editorialista, che sa raccontare la mondialità, il senso, il significato della storia: "Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto, essa non è la sola, ma anche noi gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli..." (Rm 8,22-23).

I1 giornalista che illumina la profondità del mistero, ma che sa "parlare" le lingue dell’uomo. I fatti, le idee, le lettere, il grande panorama che apre alla storia nuova, gli scontri, la sfida, il martirio... l’uomo di Tarso, della Turchia, giudicato, condannato a Roma: tutto questo è, davvero, vertenza di una attualità sorprendente.

Una provocazione, sì, quella di Paolo, che raggiunge uomini e terre, che ha una sola passione, quella dell’annuncio, la consapevolezza di un Gesù "pericoloso", la notizia-scandalo di un Dio morto e risorto.

Ebbe a scrivere il Vescovo di Magonza, Wilhelm von Ketteler, a metà Ottocento: "Se San Paolo ritornasse al mondo, si farebbe giornalista".

E, allora, ecco il significato (laico, non velleitario), della mia lettera all’Ordine dei Giornalisti: vogliamo dargli, oggi, questa iscrizione "honoris causa" all’Albo?

Nino Barraco

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 20 settembre, 2008