La lettera
Di nome Speranza
Carissimo,
ognuno di noi ha una ragione particolare, ma tutti continuiamo a chiamarla Madre Speranza.
Speranza, biblicamente fondata sulla misericordia di Dio, vissuta da Maria, annunziata dalla Chiesa, partecipata a noi da un dono singolare dello Spirito.
Madre Speranza, un nome, una tensione, una vita, implicata nella domanda del nostro tempo, di ogni uomo che soffre, che dispera, che invoca consolazione. La missione esigente di un annunzio: "Che gli uomini conoscano Dio come padre buono che cerca con tutti i mezzi la maniera di confortare, di aiutare e di far felici i suoi figli e che li segue e li cerca con un amore instancabile, come se non possa essere felice senza di loro".
Penso alla Lettera Enciclica di Benedetto XVI, "Spe salvi", e penso alla "Dives in misericordia" di Giovanni Paolo II, due documenti che costituiscono le coordinate di una reciprocità essenziale.
La verità è che non c’è speranza senza misericordia. È l’amore che fonda le ragioni della speranza, che rende credibile, accettabile, la speranza.
Le nostre paure, le nostre sconfitte, i nostri sogni, per sperare hanno bisogno dell’amore, quella coltre di neve che ricoprì la collina di Collevalenza alla morte della Madre, presagio, monito della speranza, di ogni chicco di grano, cioè, che va seminato, che scompare, che è mietuto per la fame nel mondo.
Sono piene di profezia le parole di Madre Speranza: "Noi possediamo nella Misericordia la speranza della nostra salvezza". Di questa verità la sua vita fu umile, inesausta, testimonianza.
Lo sguardo inchiodato al Crocifisso che "ci vede", che garantisce il nostro essere e il nostro futuro. Una vita, dopo 25 anni dalla morte, che, ancora oggi, e indizio di questa Misericordia, recapito della Cena dello Sposo, di Gesù, commensale di "molti pubblicani e peccatori" sulla terra.
Nino Barraco
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ultimo aggiornamento
31 ottobre, 2008