ESPERIENZE
 

     Paolo Risso

 

 

Viaggio a San Valentino

 

Mercoledì 23 luglio 2008, mattino, ore 6. Partiamo da Costigliole d’Asti in auto. Guida Marco, giovane ingegnere di 42 anni, uno degli "angeli miei" dalla luminosa fede nel Cristo. Destinazione: S. Valentino di Castellarano (Reggio Emilia), i luoghi del mio piccolo Servo di Dio Rolando Rivi, seminarista martire, del quale ho scritto la biografia (Un ragazzo per Gesù, Ed. Del Noce. Camposampiero-PD, 2004), documentatissima, interpellando i testimoni – lo stesso suo papà, Roberto Rivi (1903-1992) – che lo hanno conosciuto, nel suo breve passaggio sulla terra. Ma non sono mai stato dove lui è nato, vissuto…

In auto, Marco si fa raccontare da me la storia di Rolando. Ascolta in silenzio, per più di un’ora, ed è colpito dall’amore incandescente di questo ragazzo per Gesù solo, sempre pronto a "rompersi la testa" per Lui. Io al solito comincio a commuovermi e gli dico; "Adesso diciamo il Rosario alla Madonna. Tu dici e io rispondo. I misteri gloriosi che ci fanno pregustare il Paradiso".

Abbiamo programmato di giungere a Reggio Emilia, prima delle 9,30 per andare a Messa al Santuario della Madonna della Chiara e di lì salire a S. Valentino. Ma l’autostrada, presso Stradella (PV) è bloccata per più di due ore da un incidente. Telefoniamo con il cellulare a Sergio Rivi, il cugino di Rolando, che ci aspetta con l’altro cugino Alfonsino. Sergio ci dà l’appuntamento all’incrocio di Rondinara, dove lui sarà ad attenderci con il suo "Ulisse".

I nostri Angeli custodi e il "navigatore" ci aiutano a trovare la via giusta. Finalmente la segnaletica ci indica Rondinara. All’incrocio suddetto, troviamo davvero "l"Ulisse" con i due cugini. Scendiamo dall’auto a salutarli. Sergio ci dice: "Ora seguiteci. Saliamo a S. Valentino". S. Valentino ci sta davanti, ma io non lo vedo. Mi ricordo di aver scritto che si tratta in gran parte di casolari sparsi sulle colline, che guardano però all’antica pieve romanica, dove tutti, ai tempi di Rolando, si incontravano "in Cristo Gesù".

 

Incontro a Rolando

Saliamo per la strada che conduce alla pieve… Ora mi trovo sulla piazza della Chiesa di S. Valentino: adesso si chiama "piazza Rolando Rivi".

È tal quale allora: il sagrato coperto di erba verde, il muretto di cinta attorno in pietra, un ambiente rustico.

Sergio mi mostra la strada che sale al "Foggiolo", la collina dove c’è ancora la casa dove abitava la famiglia di Roberto Rivi e Albertina Canovi e Rolando vi nacque il 7 gennaio 1931. "Vedo" Rolando che discende a passetti leggeri e veloci, indossando la veste nera e il cappello tondo da prete, dalla strada, e si dirige qui alla sua chiesa. Lo "vedo" che gioca sulla piazza con i suoi amici chierichetti prima della Messa e, al suono della campana, entra in chiesa, veste la bianca cotta e serve il Rito più augusto della Fede Cattolica Apostolica Romana. "Sento" che quasi mi sfiora con la sua tonachetta nera e mi dice: "Ciao, benvenuto, siamo amici tu e io, da tempo ti aspettavo".

Mi accoglie P. Carlo, dei Missionari della Consolata, ai quali da alcuni anni è affidata questa antica pieve. Nella canonica risento il "profumo" di don Olinto Marzocchini, il santo parroco che qui visse dal 1934 al 1967, con un solo fine: la gloria di Dio e la salvezza delle anime, in Cristo.

Qui Rolando seminarista collaborava con lui a servizio della parrocchia.

L’autore sulla tomba di Rolando Rivi, San Valentino di Reggio Emilia, 23 luglio 2008.

Finalmente vado in chiesa. Guardo l’altare rivolto al Crocifisso e al quadro della Madonna dipinto dal Garofalo, della scuola di Raffaello Sanzio. Davanti ai miei occhi c’è Rolando, in ginocchio ai piedi dell’altare, don Olinto che inizia la Messa: "In nomine Patris et Filii et Spiritus sancti. Introibo ad altare Dei", cui Rolando risponde: "Ad Deum qui laetificat juventutem meam". Sento la sua voce: "Suscipiat Dominus Sacrificium de manibus tuis…".

Ecco, ora Rolando è salito proprio alle spalle di don Olinto che consacra l’Ostia e il Vino nel calice: Corpo e Sangue di Cristo. Rolando suona il campanello e fissa – adorando – l’Ostia santa e il sacro Calice, estatico di fede e di amore: "Mio Signore e mio Dio". Ora Rolando si accosta a ricevere Gesù nella Comunione eucaristica, in ginocchio, le mani giunte… A lungo ringrazia e adora Gesù, con il volto velato tra le mani.

"Tu ci credi davvero che Gesù è lì presente sull’altare e si offre in sacrificio di espiazione. Piccolo mio, dammi la tua fede, la tua purezza, il tuo ardore di serafino per Lui".

Finalmente sono sulla sua tomba: davanti all’altare della Madonna del Carmelo, sotto un cristallo nel pavimento della navata di destra, l’urna che raccoglie il suo piccolo corpo martoriato, il capo forato da un pallottola dei senza-Dio. Sull’urna c’è il suo nome con le parole che diceva spesso: "Io sono di Gesù". Attorno al sacello, un’aiuola di fiori bianchi quasi a proteggerlo; sopra, la sua foto ormai nota in tutto il mondo, con l’inseparabile talare.

Indugio a guardare senza parole: "Rolando, sono venuto qui da te, in questa tua chiesa, dove vengono a pregarti anche da molto lontano, anche dall’Inghilterra e dall’America, e tu dispensi i favori di Dio, soprattutto ci rafforzi nella fede… Rolando, tu e io siamo molto amici". Senza accorgermi, mi trovo in ginocchio davanti a questo "angelo della terra", come l’ha definito il Card. José Saraiwa Martins, Prefetto della Congragazione delle Cause dei Santi, questo angelo che pensava solo a diventare un "alter Chistus" e che proprio per questo è stato trucidato da chi odia Cristo.

Dal suo quadro, Rolando è complice della mia preghiera a Gesù: "Rolando, grazie perché sei vissuto per Lui solo e per Lui hai immolato la vita. Rolando, dammi il tuo coraggio, la tua fortezza, dammi di rassomigliare a Gesù, come tu volevi. Dammi di farlo conoscere e amare, come tu facevi. Dà a molti giovani di prendere il tuo posto, e di salire l’altare che tu non hai potuto salire; anche a Marco di continuare la tua missione".

Marco ci scatta molte foto: vuole che io ricordi per sempre questo incontro. Alzo gli occhi alla Madonna che tiene tra le mani il suo Bambino: vicino a Lei c’è Rolando nella luce di Dio che lo prega con la forza "onnipotente" dell’innocenza e del martirio. Rolando mi sorride felice tra i piccoli martiri delle prime generazioni cristiane e quelli della Russia, del Messico e della Spagna, tutti massacrati dai senza-Dio di ogni risma: "Io prego anche per costoro, affinché si convertano a Gesù. Prega anche tu per loro".

Esco dalla chiesa. Dal sagrato noto il piccolo cimitero lì vicino. Sergio mi indica ancora "il Poggiolo" e il boschetto che dall’alto della collina scende verso il basso: "Là – mi dice – Rolando, il 10 aprile 1945 – fu rapito dai comunisti. Qui, nel cimitero, ha riposato per 52 anni, dal 1945 al 1997, quando, in seguito alla biografia da lei scritta in prima edizione, è stato esumato e portato in chiesa. Ha visto quante preghiere sono scritte sul quaderno vicino alla sua tomba?".

 

"Io sono di Gesù"

Partiamo. Andiamo a Monchio (Modena), percorrendo la strada che, per Rolando, in mano ai partigiani comunisti, fu la sua "Via Crucis", per Gusciola, Farneta… La strada che papà Roberto e don Camellini, viceparroco a S. Valentino, hanno fatto per cercarlo, sperando di trovarlo ancora in vita. Ecco, siamo a Fiane di Monchio, sulla strada che ancora sale verso l’alto; a sinistra c’è la casa dove i briganti comunisti lo tennero prigioniero tre giorni, coprendolo di bestemmie e di insulti volgari. Lì, Rolando, solo perché studiava da prete, è stato privato del santo abito che indossava sempre e che li irritava troppo; è stato malmenato, schiaffeggiato e frustato da capo a piedi sul suo corpo puro di angelo in carne.

"Sento" il suo pianto, lo "vedo" tumefatto e coperto di lividi, sanguinante, lo ascolto mentre chiede pietà. Così è stato fatto a Gesù. Non c’è discepolo più grande del suo Maestro (Mt 10,24). "Rolando, coraggio, è la massima gloria essere trattato come il Martire divino del Calvario. Gesù ti ha ritenuto abbastanza grande e maturo nell’amore per Lui per affrontare la sua medesima passione di sangue. Sii forte, sii eroico, piccino mio!".

Non è diplomatico, Rolando, e non cerca il dialogo. Non dice a questi diavoli: "Io sono in seminario soltanto per studiare un po"… Io sono… anch’io dei vostri… Io adesso sto con voi". L’avrebbero lasciato libero quei "democratici". Davanti a loro ripete, sincero e limpido: "Io non ho fatto nulla di male. Io sono seminarista. Io mi faccio prete… Io… Io sono di Gesù".

"Altre frustate sul tuo corpo, altri schiaffi e pugni in faccia. Non ne puoi più. Sei soltanto un bambino e chiami la mamma e il papà. Invochi la Madonna. Ma ti sento ancora dire a quegli immondi: "Io non vi faccio del male. Perché mi volete uccidere? Sì, io sono di Gesù".

Sulla destra della strada, all’incrocio con il sentiero che scende nel bosco, dopo il 2000, gli amici di Rolando hanno innalzato una croce delle stesse dimensioni di quella di Gesù. Ai suoi piedi, una lapide con la breve narrazione del suo martirio. Chi passa, si ferma a vedere a chi è dedicata questa croce.

Insieme a Marco, a Sergio e a Alfonsino, scendo anch’io per il medesimo sentiero verso il folto del bosco. "Vedo" Rolando davanti a me – solo un paio di calzoncini sdrusciti e una maglietta addosso – lacero e sanguinante, strattonato dai due assassini.

Ecco, mi trovo sul luogo dell’efferato delitto: la fossa già scavata.

Rolando in ginocchio che prega. Sono circa le ore 19 del venerdì 13 aprile 1945. Per sé, per la mamma e per il papà: "Pater noster qui es in caelis, sanctificetur nomen tuum… adveniat regnum tuum… fiat voluntas tua…". Una scarica di rivoltella al cuore. Rolando già giace riverso nel suo sangue. Un’altra scarica alla testa – il colpo di grazia – e l’opera infame è compiuta. Rolando ha solo 14 anni. Un prete in meno. La rivoluzione proletaria procederà più spedita. Qualche badilata di terra e di foglie secche su costui, nemico della rivoluzione, e tutto sarà finito.

Dalla casa dove è stato prigioniero, un giovane che non voleva la sua uccisione, sente gli spari e dice: "Di tutte le porcherie che hanno fatto, questa è la peggiore". Io sono qui, sul luogo dove Rolando è caduto martire di Cristo Re e dico con Papa Pio XI e Pio XII: "Comunismo intrinsecamente perverso, perché ateo e omicida, che odia a morte Gesù Cristo".

Viene in mente ciò che scrisse la sentenza pronunciata il 22 ottobre 1952 dal tribunale di Firenze contro i suoi uccisori: "Il seminarista Rivi Rolando, con la sua condotta pia e irreprensibile, con lo zelo per le pratiche della fede, con i sentimenti di simpatia per i partigiani della brigata democristiana Italia, costituiva per l’elemento giovanile locale un esempio edificante di virtù civile e cristiane che, di per se stesso, doveva determinare un effetto di attrazione verso la fede cristiana. La sua cattura e la sua soppressione (…) ebbero l’effetto di eliminare per sempre un ragazzo che nella zona di S. Valentino, costituiva un efficace ostacolo alla penetrazione comunista nella gioventù, e ciò proprio in un momento in cui gli estremisti speravano la conquista di una loro superiorità politica nella nostra Nazione".

Oh, Rolando, eri solo un bambino, ma dovevi essere un gigante di dedizione a Gesù e di fascino sul tuo ambiente, se a 14 anni, ostacolavi il comunismo nella sua penetrazione, e attiravi i giovani al nostro divino Redentore. Lo ha già riconosciuto la Giustizia di questo mondo. Presto dovrà riconoscerlo anche la Chiesa!

Mi guardo attorno: da quel giorno a oggi, qui non è più cresciuto un filo d’erba. Papà Roberto ha fatto porre un cippo su cui, sotto la tua foto, ha fatto scrivere: "Sia la pace e la luce eterna di Dio e l’affetto dei suoi cari a Rolando Rivi, seminarista di 14 anni, quivi ucciso". È davvero oscuro questo bosco e allora scendeva la notte. Ma Rolando – come Stefano il protomartire (Atti 7,56) – vide il Cielo aperto e Gesù che lo accoglieva per sempre sul suo Cuore, modello di suprema dedizione a Lui per i ragazzi e anche per i preti di tutti i tempi.

Anch’io, oggi 23 luglio 2008, all’ora nona, l’ora del sacrificio di Gesù sulla croce, vedo il "Cielo aperto" e Rolando in candide vesti sul petto di Colui che era morto; ma ora è vivo per sempre: Cristo Signore, il Redentore del mondo.

 

Alla sua sequela

Dico a Marco, Sergio e Alfonsino: "Martire… ucciso in odio alla fede, in odio al sacerdozio cattolico… dai senza-Dio". Sergio mi spiega con solide prove: "È martire in odio alla sua purezza angelica". Io fremo, percorso da un brivido da capo a piedi, e esclamo: "Martire… ucciso in odio a Cristo, da chi lo bestemmia e lo nega, lo combatte, ma non ce la farà mai a sopraffarlo… "Non praevalebunt" (Mt 16, 18). L’ha assicurato Lui: "Io ho vinto il mondo" (Gv 16, 33).

Oggi Rolando Rivi è avviato alla gloria degli altari e la sua "causa" procede a Roma, in attesa che il Pontefice Romano lo iscriva tra i santi.

Senza accorgermi, mi trovo di nuovo in ginocchio su questa terra intrisa di sangue di un innocente perdutamente innamorato di Gesù: "Rolando, ti contemplo più bello del sole, nel Sole divino che è Cristo glorificato dal Padre. Qui ora tutto comincia: - il tuo trionfo – tu, piccolo luminoso capo di schiere di giovani in bianche stole, che salgono l’altare, nella nostra Italia e nel mondo intero, a offrire il Sacrificio di Gesù nella S. Messa, a donare il suo perdono, a dire a tutti, soprattutto a chi vive nel fango e nelle tenebre più nere: "Ma che fai? Alzati e mettiti alla sequela del Cristo, che solo Lui, oggi e sempre, è la risurrezione e la vita".

(P. Risso, Rolando Rivi, un ragazzo per Gesù, Ed. Del Noce, Camposanpiero – PD – 2004; E. Bonicelli, Il sangue e l’amore, Jaca Book, Milano, 2004).

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ultimo aggiornamento 30 ottobre, 2008