P A S T O R A L E
g i o v a n i l e p a s t o r a l e g i o v a n i l e
Sr. Erika di Gesù, eam
Corro
verso
la
meta
Carissimo Paolo (san Paolo apostolo, di Tarso),
salute e pace a te, padre mio!
Sono anni che desidero scriverti, e dopo tutto mi trovo a farlo nell’anno dedicato alla memoria della tua nascita.
Il nostro incontro è avvenuto tempo fa, e si rinnova ogni volta che ascolto le parole penetranti delle tue Lettere.
Forse ti sorprenderà, ma allego una tua famosa immagine scolpita e la foto di un bambino.
Il grande Paolo e il piccolo Francesco.
Entrambi un po’ severi, almeno nell’espressione; certamente decisi e capaci di tenere in mano il simbolo della morte e della vita: la spada e la croce.
Come saprai, abbiamo parlato di te, al XXIV Seminario di formazione sulla direzione spirituale a servizio dell’accompagnamento vocazionale, "Finché sia formato Cristo in voi. Guide spirituali alla scuola di San Paolo", organizzato dal Centro Nazionale Vocazioni, dal 14 al 17 aprile scorso, presso l’Istituto della Madonna del Carmine, a Sassone (Roma), non troppo lontano dal luogo del tuo martirio.
Ciò che voglio dirti parte dal cuore e si riferisce anche a ciò che abbiamo ascoltato, visto, vissuto in quei giorni.
Mi perdoneranno, i relatori del Seminario, se li cito senza virgolette: mi prendo questa libertà, con l’intenzione di rispettare ciascuno di loro, ai quali devo una migliore comprensione della mia missione di guida e di madre nello Spirito.
Mi perdonerai anche tu, se faccio riferimento alla tua Parola senza virgolette, ma immagino che le cose che hai detto, scritto e dettato, saprai riconoscere e ricordare.
Tu, nostra guida e soprattutto padre e madre, che lotti per generare Cristo in noi.
Tu che, come Vangelo, corri sulla strada insidiosa del mondo e come sentinella vegli ancora alla porta della locanda, per difenderci dal nemico.
Sei diventato buona notizia in catene, per Cristo Gesù.
Conquistato dal suo Amore tremendo nell’ora luminosa di Damasco.
Quest’ora che tutti noi dopo di te, dobbiamo attraversare.
Mi ha consolato ciò che si diceva del tuo Vangelo: la sua forza liberante, che consiste nella croce di Cristo, sta nel Vangelo stesso, non nel modo di annunciarlo.
Forse anche tu lo balbettavi, il Vangelo, perché la gloria del Padre si manifesta nella debolezza del Figlio.
La forza nella debolezza dell’annuncio era la tua quotidiana esperienza.
Il mio indice puntato verso il Cielo, invece, a volte sembra indicare il vuoto.
Per la mia poca fede, certamente, ma anche per la sfiducia cucita addosso all’anima dei giovani che incontro.
In questi giorni ho immaginato la tua straordinaria umanità, la lotta che hai sostenuto, non solo per annunciare Cristo alle genti, ma per cucire addosso alla tua anima, alla tua carne un altro vestito.
Un’altra identità.
Nel tuo annuncio, dalla testa ai piedi, hai portato Cristo.
Per generare Cristo in noi, lo hai generato in te stesso. O meglio, ti sei lasciato partorire da Lui.
Da dove attingi, infatti, la sapienza della tua paternità materna, la passione delle tue invettive, la dolcezza delle tue dichiarazioni più amorevoli, se non dalla trasparenza della tua vita cristiana?
Quanto hai sofferto per noi, per me!
Lo posso appena intuire quando la proposta che faccio manca di forza nell’impatto. Mi assale la timidezza e balbetto anch’io ciò che vorrei affermare con maggiore autorevolezza.
Assaggio questa sofferenza quando non sono sulla breccia perché più attenta a non trascurare la preghiera, la vita spirituale, la formazione. E quando ci sono di nuovo, per loro, i giovani mi rimproverano: Dove sei stata?
Davvero occorre essere liberi da noi stessi: conoscersi, lottare, pregare perché l’intervento di Dio trasformi la spina che lacera la carne, le attese, le pretese del nostro piccolo grande Io…
Il tuo Io era forte, Paolo!
Ma hai imparato a fare spazio all’Io di Cristo.
Nella mia vita ci sono stati e continuano ad esserci molti Io di riferimento, molti idoli.
Hanno la funzione di tenere in piedi la persona. Lo fanno gonfiando il piccolo Io, perché diventi grande.
Poi basta un forellino, uno spillo e il pallone si sgonfia pian piano, o scoppia all’improvviso.
Di me rimangono soltanto alcuni frammenti. Il dolore della fine imminente. Chi sono veramente?
Quando mi chiedo chi sono, vorrei tanto rispondere come te: sono Cristo!
Tutti in Cristo, siamo Cristo.
Siamo il Volto che ci abita, che ci parla, che chiede una risposta attiva e coinvolta.
Che ci propone di aderire a Lui, non come un paio di jeans troppo larghi, o troppo attillati, ma nella verità e nella libertà dell’incontro.
E nel nostro spazio interiore invita a lasciare la certezza consolante della sua presenza, per buttarci nell’orizzonte purificatore della sua assenza.
A chi in Cristo sa di essere Cristo, non importa più nemmeno di essere amato.
Non gli importa il posto di prima classe in Paradiso, e non vuole andarci da solo.
Come Gesù, è disposto ad andarci con un assassino.
Chi in Cristo, si riconosce l’Amato del Padre, guarda lo specchio della sua anima, lì dove la Sua mano ha lasciato la prima impronta.
Come vorrei stare accanto ai giovani e portarli alla coscienza di questa divina immagine!
Aiutarli a credere che il senso di noi, che pure troviamo in noi stessi, ci supera infinitamente.
Costringerli, come hai fatto tu, a guardare nella mia vita, la vita di Cristo!
Come vorrei non svendere la mia fede come un fatto scontato, ma conquistarla nella Rivelazione di Gesù, morto e risorto per me, lo stesso che si è rivelato a te sulla via di Damasco! Rendere feconde le gioie e le fatiche di oggi, di domani, perché vivificate dallo Spirito di Cristo!
Ringraziare sempre, come facevi tu, come faceva Madre Speranza, certi che la nostra capacità di consolare i fratelli sgorga dal nostro essere a nostra volta consolati.
La nostra capacità di favorire la guarigione, dal nostro essere stati guariti.
La nostra speranza, dal futuro che il Signore ha già realizzato.
Il nostro Amore da Cristo.
Cristo, nostra gioia, nostra speranza, nostro destino.
Ti saluto, grande Paolo, e se ancora non sono capace di impugnare la spada della Parola come te, se pure come te faccio il male che non voglio e non il bene che voglio, non lascio di impugnare la Croce dell’Amore Misericordioso come il piccolo Francesco.
Corro verso la meta, fiduciosa che non vi giungerò da sola.
Ci sarai tu, che dopo aver conquistato il premio, insieme al tuo amico Pietro, mi aspetti per porgermi la corona della vittoria.
Intanto, tu ed io, e noi tutti che corriamo ancora nella carne, siamo Gesù! O corriamo per diventarlo!
Ti saluto con il bacio santo!
Erika di Gesù
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ultimo aggiornamento
27 maggio, 2009