Benedetto XVI nella udienza di mercoledì 5
agosto, all’indomani della ricorrenza del 150° della morte del Santo
curato d’Ars, ha ripercorso brevemente la vita di Giovanni Maria Vianney
ed ha ricordato come da questa abbia tratto lo spunto per indire l’Anno
sacerdotale che, com’è noto, ha per tema Fedeltà di Cristo, fedeltà del
sacerdote.
Giovanni Maria Vianney nacque nel piccolo
borgo di Dardilly l’8 maggio del 1786, da una famiglia contadina, povera
di beni materiali, ma ricca di umanità e di fede – ha ricordato il Papa
– e consacrò gli anni della fanciullezza e dell’adolescenza ai lavori
nei campi e al pascolo degli animali… I biografi narrano che, fin dalla
prima giovinezza, egli cercò di conformarsi alla divina volontà anche
nelle mansioni più umili. Nutriva in animo il desiderio di divenire
sacerdote, ma non gli fu facile assecondarlo… Finalmente all’età di 29
anni, dopo molte incertezze, non pochi insuccessi e tante lacrime, poté
salire l’altare del Signore e realizzare il sogno della sua vita.
Il Santo Curato d’Ars manifestò sempre
un’altissima considerazione del dono ricevuto e si distinse pertanto
come ottimo e instancabile confessore e maestro spirituale. Passando
"con un solo movimento interiore, dall’altare al confessionale", dove
trascorreva gran parte della giornata, cercava in ogni modo, con la
predicazione e con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai
parrocchiani il significato e la bellezza della penitenza sacramentale..
I metodi pastorali di san Giovanni Maria
Vianney –ha detto Papa Benedetto - potrebbero apparire poco adatti alle
attuali condizioni sociali e culturali. A ben vedere, ciò che ha reso
santo il Curato d’Ars è stata la sua umile fedeltà alla missione a cui
Iddio lo aveva chiamato; è stato il suo costante abbandono, colmo di
fiducia, nelle mani della Provvidenza divina. Egli riuscì a toccare il
cuore della gente non in forza delle proprie doti umane, né facendo leva
esclusivamente su un pur lodevole impegno della volontà; conquistò le
anime, anche le più refrattarie, comunicando loro ciò che intimamente
viveva, e cioè la sua amicizia con Cristo. La Comunione eucaristica
tende ad una trasformazione totale della propria vita.
Nella Francia post-rivoluzionaria che
sperimentava una sorta di "dittatura del razionalismo" volta a
cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella
società, egli visse, prima - negli anni della giovinezza - un’eroica
clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla
Santa Messa. Se allora c’era la "dittatura del razionalismo", all’epoca
attuale si registra in molti ambienti una sorta di "dittatura del
relativismo". Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda
dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento
distintivo e costitutivo della propria identità.
Solo se innamorato di Cristo - ha detto
Benedetto XVI - il sacerdote potrà insegnare a tutti questa unione,
questa amicizia intima con il divino Maestro, potrà toccare i cuori
della gente ed aprirli all’amore misericordioso del Signore.
Preghiamo – ha concluso il Papa - perché,
per intercessione di san Giovanni Maria Vianney, Iddio faccia dono alla
sua Chiesa di santi sacerdoti, e perché cresca nei fedeli il desiderio
di sostenere e coadiuvare il loro ministero. Affidiamo questa intenzione
a Maria, che oggi invochiamo con il titolo di Madonna della Neve.
* * *
In quest’anno sacerdotale, redigendo questa
sintesi dell’udienza papale, viene spontaneo ricordare la venerabile
Madre Speranza, fondatrice delle Congregazioni delle Ancelle e dei Figli
dell’Amore misericordioso, che ha incentrato il carisma delle due
Congregazioni nel desiderio di offrire se stessi per la santificazione
dei sacerdoti offrendosi come vittima al Signore con un quarto voto
riproposto con molta insistenza e calore.
Del resto già nel dicembre 1927 Madre
Speranza nel Diario, redatto per obbedienza al suo direttore spirituale,
riferisce di una estasi nel corso della quale Gesù le dice che non deve
desiderare altro che "amarlo e soffrire, per riparare le offese che
riceve dal suo amato clero. Debbo far si – scrive - che quanti vivono
con me sentano questo desiderio di soffrire e offrirsi come vittime di
espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo
intero.
(El pan 18, 3)
"A me fa molta impressione – scrive Padre
Mario Gialletti in un suo studio - che negli scritti della Madre non ci
sia un altro progetto, neanche quello della fondazione, del quale la
Madre ne parli tanto quanto del problema dei sacerdoti in difficoltà,
dei sacerdoti con le loro debolezze e con i loro peccati e per i quali
la Madre si sente radicalmente coinvolta fino al voto di vittima. Non è
che la Madre pensasse che i sacerdoti sono quelli che fanno più peccati,
ma era profondamente convinta che un peccato di un sacerdote può fare un
male immenso e dà immenso dolore al Signore.
Nei suoi scritti la Madre ne parla
numerosissime volte, ben 67 in un arco di anni dal 1927 al 1974, 10
volte nel 1952, 3 nel 1953, 13 nel 1954, 30 volte nel Diario, 11 volte
nelle Lettere Circolari, 7 nel testo delle Riflessioni, 6 nelle Lettere
personali, 5 nel Libro delle usanze, 3 nel Libro delle orazioni, 3 in
documenti vari, 1 nel Libro delle Costituzioni. |
|
Cari fratelli e sorelle!
nell’odierna catechesi vorrei ripercorrere
brevemente l’esistenza del Santo Curato d’Ars sottolineandone alcuni
tratti, che possono essere di esempio anche per i sacerdoti di questa
nostra epoca, certamente diversa da quella in cui egli visse, ma
segnata, per molti versi, dalle stesse sfide fondamentali umane e
spirituali. Proprio ieri si sono compiuti 150 anni dalla sua nascita al
Cielo: erano infatti le due del mattino del 4 agosto 1859, quando san
Giovanni Battista Maria Vianney, terminato il corso della sua esistenza
terrena, andò incontro al Padre celeste per ricevere in eredità il regno
preparato fin dalla creazione del mondo per coloro che fedelmente
seguono i suoi insegnamenti (cfr Mt 25,34).
Quale grande festa deve esserci stata in Paradiso all’ingresso di un
così zelante pastore! Quale accoglienza deve avergli riservata la
moltitudine dei figli riconciliati con il Padre, per mezzo dalla sua
opera di parroco e confessore! Ho voluto prendere spunto da questo
anniversario per indire l’Anno
Sacerdotale, che, com’è noto, ha per tema Fedeltà di
Cristo, fedeltà del sacerdote. Dipende dalla santità la credibilità
della testimonianza e, in definitiva, l’efficacia stessa della missione
di ogni sacerdote.
Giovanni Maria Vianney nacque nel piccolo
borgo di Dardilly l’8 maggio del 1786, da una famiglia contadina, povera
di beni materiali, ma ricca di umanità e di fede. Battezzato, com’era
buon uso all’epoca, lo stesso giorno della nascita, consacrò gli anni
della fanciullezza e dell’adolescenza ai lavori nei campi e al pascolo
degli animali, tanto che, all’età di diciassette anni, era ancora
analfabeta. Conosceva però a memoria le preghiere insegnategli dalla pia
madre e si nutriva del senso religioso che si respirava in casa. I
biografi narrano che, fin dalla prima giovinezza, egli cercò di
conformarsi alla divina volontà anche nelle mansioni più umili. Nutriva
in animo il desiderio di divenire sacerdote, ma non gli fu facile
assecondarlo. Giunse infatti all’Ordinazione presbiterale dopo non poche
traversìe ed incomprensioni, grazie all’aiuto di sapienti sacerdoti, che
non si fermarono a considerare i suoi limiti umani, ma seppero guardare
oltre, intuendo l’orizzonte di santità che si profilava in quel giovane
veramente singolare. Così, il 23 giugno 1815, fu ordinato diacono e, il
13 agosto seguente, sacerdote. Finalmente all’età di 29 anni, dopo molte
incertezze, non pochi insuccessi e tante lacrime, poté salire l’altare
del Signore e realizzare il sogno della sua vita.
Il Santo Curato d’Ars manifestò sempre
un’altissima considerazione del dono ricevuto. Affermava: "Oh! Che cosa
grande è il Sacerdozio! Non lo si capirà bene che in Cielo… se lo si
comprendesse sulla terra, si morirebbe, non di spavento ma di amore!" (Abbé
Monnin, Esprit du Curé d’Ars, p. 113). Inoltre, da fanciullo
aveva confidato alla madre: "Se fossi prete, vorrei conquistare molte
anime" (Abbé Monnin, Procès de l’ordinaire, p. 1064). E così fu.
Nel servizio pastorale, tanto semplice quanto straordinariamente
fecondo, questo anonimo parroco di uno sperduto villaggio del sud della
Francia riuscì talmente ad immedesimarsi col proprio ministero, da
divenire, anche in maniera visibilmente ed universalmente riconoscibile,
alter Christus, immagine del Buon Pastore, che, a differenza del
mercenario, dà la vita per le proprie pecore (cfr
Gv 10,11). Sull’esempio del Buon Pastore, egli ha dato la
vita nei decenni del suo servizio sacerdotale. La sua esistenza fu una
catechesi vivente, che acquistava un’efficacia particolarissima quando
la gente lo vedeva celebrare la Messa, sostare in adorazione davanti al
tabernacolo o trascorrere molte ore nel confessionale.
Con Mons. Armando Martin,
fam - Vescovo di Bacabal (Brasile) |
Centro di tutta la sua vita era dunque
l’Eucaristia, che celebrava ed adorava con devozione e rispetto. Altra
caratteristica fondamentale di questa straordinaria figura sacerdotale
era l’assiduo ministero delle confessioni. Riconosceva nella pratica del
sacramento della penitenza il logico e naturale compimento
dell’apostolato sacerdotale, in obbedienza al mandato di Cristo: "A chi
rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete
resteranno non rimessi" (cfr Gv 20,23).
San Giovanni Maria Vianney si distinse pertanto come ottimo e
instancabile confessore e maestro spirituale. Passando "con un solo
movimento interiore, dall’altare al confessionale", dove trascorreva
gran parte della giornata, cercava in ogni modo, con la predicazione e
con il consiglio persuasivo, di far riscoprire ai parrocchiani il
significato e la bellezza della penitenza sacramentale, mostrandola come
un’esigenza intima della Presenza eucaristica (cfr
Lettera ai sacerdoti per l’Anno Sacerdotale).
Con Mons.
Domenico Cancian, fam - Vescovo di Città di Castello |
I metodi pastorali di san Giovanni Maria
Vianney potrebbero apparire poco adatti alle attuali condizioni sociali
e culturali. Come potrebbe infatti imitarlo un sacerdote oggi, in un
mondo tanto cambiato? Se è vero che mutano i tempi e molti carismi sono
tipici della persona, quindi irripetibili, c’è però uno stile di vita e
un anelito di fondo che tutti siamo chiamati a coltivare. A ben vedere,
ciò che ha reso santo il Curato d’Ars è stata la sua umile fedeltà alla
missione a cui Iddio lo aveva chiamato; è stato il suo costante
abbandono, colmo di fiducia, nelle mani della Provvidenza divina. Egli
riuscì a toccare il cuore della gente non in forza delle proprie doti
umane, né facendo leva esclusivamente su un pur lodevole impegno della
volontà; conquistò le anime, anche le più refrattarie, comunicando loro
ciò che intimamente viveva, e cioè la sua amicizia con Cristo. Fu
"innamorato" di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale è
stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato,
celebrato e vissuto, che è divenuto amore per il gregge di Cristo, i
cristiani e per tutte le persone che cercano Dio. La sua testimonianza
ci ricorda, cari fratelli e sorelle, che per ciascun battezzato, e ancor
più per il sacerdote, l’Eucaristia "non è semplicemente un evento con
due protagonisti, un dialogo tra Dio e me. La Comunione eucaristica
tende ad una trasformazione totale della propria vita. Con forza
spalanca l’intero io dell’uomo e crea un nuovo noi" (Joseph Ratzinger,
La Comunione nella Chiesa, p. 80).
Con il Padre
Generale fam |
Lungi allora dal ridurre la figura di san
Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della
spiritualità devozionale ottocentesca, è necessario al contrario
cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e
sacerdotale di altissima attualità. Nella Francia post-rivoluzionaria
che sperimentava una sorta di "dittatura del razionalismo" volta a
cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella
società, egli visse, prima - negli anni della giovinezza - un’eroica
clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla
Santa Messa. Poi - da sacerdote – si contraddistinse per una singolare e
feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo,
allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici
bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile.
Con la Madre
Generale eam |
Cari fratelli e sorelle, a 150 anni dalla
morte del Santo Curato d’Ars, le sfide della società odierna non sono
meno impegnative, anzi forse, si sono fatte più complesse. Se allora
c’era la "dittatura del razionalismo", all’epoca attuale si registra in
molti ambienti una sorta di "dittatura del relativismo". Entrambe
appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a
pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della
propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto
dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte
le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo
mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere
umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo
scientifico positivo. Oggi però, come allora, l’uomo "mendicante di
significato e compimento" va alla continua ricerca di risposte esaustive
alle domande di fondo che non cessa di porsi.
Avevano ben presente questa "sete di
verità", che arde nel cuore di ogni uomo, i Padri del
Concilio Ecumenico Vaticano II quando affermarono che
spetta ai sacerdoti, "quali educatori della fede", formare "un’autentica
comunità cristiana" capace di aprire "a tutti gli uomini la strada che
conduce a Cristo" e di esercitare "una vera azione materna" nei loro
confronti, indicando o agevolando a che non crede "il cammino che porta
a Cristo e alla sua Chiesa", e costituendo per chi già crede "stimolo,
alimento e sostegno per la lotta spirituale" (cfr
Presbyterorum ordinis, 6). L’insegnamento che a questo
proposito continua a trasmetterci il Santo Curato d’Ars é che, alla base
di tale impegno pastorale, il sacerdote deve porre un’intima unione
personale con Cristo, da coltivare e accrescere giorno dopo giorno. Solo
se innamorato di Cristo, il sacerdote potrà insegnare a tutti questa
unione, questa amicizia intima con il divino Maestro, potrà toccare i
cuori della gente ed aprirli all’amore misericordioso del Signore. Solo
così, di conseguenza, potrà infondere entusiasmo e vitalità spirituale
alle comunità che il Signore gli affida. Preghiamo perché, per
intercessione di san Giovanni Maria Vianney, Iddio faccia dono alla sua
Chiesa di santi sacerdoti, e perché cresca nei fedeli il desiderio di
sostenere e coadiuvare il loro ministero. Affidiamo questa intenzione a
Maria, che proprio oggi invochiamo come Madonna della Neve.
© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana |