2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE

P. Gabriele Rossi fam

 

La missione sacerdotale

della Congregazione dei Figli

dell’Amore Misericordioso

Collevalenza 2009

Presentazione

Sono molti i Vescovi – e ancora di più i Sacerdoti – che, venendo a conoscenza dell’attività svolta dalla Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso (FAM), si pongono una serie di domande sull’origine di questo Istituto Religioso, sulla sua specifica missione ecclesiale e sulle sue concrete modalità operative.

Le domande poi diventano ancor più numerose quando si tratta di comprendere la proposta di speciale consacrazione, da compiersi tramite la professione dei voti e la pratica della vita comune, che i Figli dell’Amore Misericordioso diffondono tra i Sacerdoti del Clero Diocesano. Ci si chiede: qual’è l’origine storica di questa proposta? Quali impegni essa comporta? Per quali ragioni personali e apostoliche un Sacerdote Diocesano dovrebbe aderirvi? Dal punto di vista giuridico, si tratta forse di una Associazione propria della Congregazione? oppure di un Istituto Secolare aggregato alla stessa? Oppure si tratta di un caso giuridico particolare che non coincide del tutto né con un’Associazione, né con un Istituto Secolare? E il ruolo dei Sacerdoti Diocesani che vi aderiscono è semplicemente passivo in rapporto alla Congregazione che li accoglie o è invece altamente compartecipativo?

Nelle pagine che seguono si cercherà di dare risposta a questi e ad altri quesiti, in modo che si possa più facilmente operare un discernimento nei confronti di una questione che è sicuramente complessa: appunto, la missione ecclesiale che i componenti dell’intera Famiglia Religiosa di Madre Speranza Alhama Valera – cioè i Figli e le Ancelle dell’Amore Misericordioso – sono tenuti a perseguire a beneficio del Clero.

Nell’esposizione si farà ricorso il più possibile ai testi della Fondatrice e ai nuovi Codici normativi della Congregazione – Costituzioni e Direttorio –, accompagnando il tutto con brevi annotazioni di carattere storico, apostolico e giuridico. E al fine di evitare possibili confusioni terminologiche, si designerà con l’espressione "Religiosi FAM" i membri interni dell’Istituto; e con la dicitura "Diocesani FAM" i Sacerdoti del Clero Diocesano inseriti nello stesso Istituto, a norma dell’apposito Statuto approvato dalla Santa Sede.

L’autore


Capitolo I

IL FINE PRIMARIO DELLA CONGREGAZIONE
DEI FIGLI DELL’AMORE MISERICORDIOSO

  1. Il fine primario dei Religiosi FAM è l’unione con il Clero Diocesano, per aiutarlo fraternamente e per fomentarne l’unità interna e la santità.

1a. Premessa

In riferimento alla missione particolare che ogni Istituto Religioso svolge a beneficio di tutta la Chiesa, Giovanni Paolo II dichiarava: «È difficile descrivere, anzi persino elencare, in quanti modi diversi le persone consacrate realizzino mediante l’apostolato il loro amore verso la Chiesa. Esso è sempre nato da quel dono particolare dei fondatori, che – ricevuto da Dio e approvato dalla Chiesa – è divenuto un carisma per l’intera comunità. Quel dono corrisponde alle diverse necessità della Chiesa e del mondo nei singoli momenti della storia, e a sua volta si prolunga e si consolida nella vita delle comunità religiose come uno degli elementi duraturi della vita e dell’apostolato della Chiesa».1

Si può dire allora che se un Fondatore religioso intraprende un’attività apostolica, ciò avviene sempre dietro un’esplicita mozione dello Spirito Santo che lo spinge e lo abilita a quel determinato servizio, in risposta a precise necessità ecclesiali. E una volta che l’Autorità Ecclesiastica ne sancisce il riconoscimento, per l’Istituto in questione deriva il dovere di una fedeltà dinamica alla missione, cioè di un’adesione stabile ai progetti e agli intendimenti del proprio Fondatore, vagliati alla luce dei mutevoli segni dei tempi.2

1b. Unione con il Clero Diocesano

Il fine primario dell’Istituto Religioso dei FAM è delineato dalla Madre Speranza sia per mezzo delle norme da lei redatte, sia tramite il suo stesso operato: «I Figli dell’Amore Misericordioso devono essere persuasi che tra le opere di carità da realizzare a beneficio dell’ umanità, la principale per loro è l’unione con il Clero diocesano; e uniti ad essi come fratelli, eserciteranno con entusiasmo e solo per amore al Signore tutte le altre opere». 3

Per la Congregazione quindi, al di là e al di sopra di qualsiasi altro possibile impegno, il Presbiterio Diocesano rimane in ogni caso l’ambito privilegiato entro il quale operare: «La Madre ci precisa anzitutto che il fine della Congregazione è l’unione dei Religiosi (s’intende: i Religiosi della Congregazione dei Figli dell’Amore Misericordioso) con il Clero secolare, per poter meglio lavorare nell’esercizio della carità per il bene delle anime. Da ciò si deduce facilmente... che la carità – e qualsiasi forma di carità – non solo non è esclusa, ma è nell’ ambito del fine stesso della Congregazione». 4

La Fondatrice infatti assegna all’Istituto anche un fine complementare che, per la sua particolare natura, è valido nella Chiesa non solo per i vari fenomeni associativi, ma anche per ogni singolo battezzato: quello cioè della carità, intesa come solidarietà fattiva verso tutti coloro i quali, in un modo o nell’altro, possono aver bisogno di aiuto (cf Mt 25,31-46; Lc 10,25-37; Gc 2,14-26). 5

 

1c. Unione nelle necessità materiali e nelle esigenze spirituali

Volendo precisare meglio le coordinate di questa prossimità al Clero, bisogna dire che essa si estende, in primo luogo, sul versante delle necessità materiali: «Il fine principale di questa Congregazione è l’unione del Clero diocesano con i Religiosi, i quali devono porre tutto l’impegno e la cura nell’unirsi ai Sacerdoti, essendo per loro veri fratelli, aiutandoli in tutto, più con i fatti che con le parole». 6 Il valore di quest’ultima espressione – "più con i fatti che con le parole" – emergerà meglio esaminando le varie modalità operative con le quali questo fine viene perseguito: il Sacerdote diviene oggetto di interesse soprattutto quando si accrescono per lui problemi molto concreti, quali la solitudine, la stanchezza fisica e psichica, i momenti di crisi, la malattia, l’anzianità, ecc...

Ma oltre a tutto ciò, l’Istituto si sente fortemente coinvolto anche nell’incrementare la vitalità spirituale del Presbiterio Diocesano e la sua unità interna. È in questo senso che va interpretata l’espressione delle Costituzioni originarie: «La Congregazione si propone un doppio fine; generale: la santificazione dei suoi membri; speciale: l’unione del Clero diocesano e la carità senza altri limiti che l’impossibilità morale, sotto l’obbedienza dell’Autorità Ecclesiastica». 7 La dicitura "unione del Clero diocesano" va intesa proprio come unità interna del Presbiterio, unità tra Sacerdote e Sacerdote, unità tra Sacerdoti e Pastore. La Congregazione, proponendosi un simile obiettivo, offre alla Chiesa intera uno dei servizi più preziosi in assoluto. Infatti: «In questa unità che Gesù ha chiesto al Padre per i suoi (cf Gv 17), è promossa la pienezza della santità sacerdotale, che ci rende capaci di annunciare e di comunicare a tutti la sollecitudine misericordiosa del Buon Pastore per il suo gregge». 8

Occorre osservare a questo proposito che i Chierici incardinati in Diocesi già posseggono una loro tipica identità, ampiamente definita negli elementi dottrinali, spirituali ed apostolici ad opera del Magistero: non v’è bisogno quindi di mutuare nulla da altri, tantomeno da un Istituto Religioso. Proprio per questo motivo i Religiosi FAM, al fine di fomentare la santità del Clero, fanno leva – come meglio si vedrà più avanti – su istanze dottrinali già profondamente radicate nel patrimonio spirituale diocesano, quali ad esempio: la speciale chiamata dei Presbiteri alla santità; la fraternità sacerdotale; l’unione tra i due Cleri nella comunione filiale e gerarchica con il Vescovo locale; il diritto di associazione; la pratica istituzionalizzata dei consigli evangelici; e la consuetudine della vita comune. È appunto ciò che i documenti ufficiali della Chiesa ripropongono costantemente al Clero dal Concilio in poi. 9

1d. Legittimazione della missione

Questo programma apostolico è strenuamente difeso dalla Fondatrice, tanto nella sua specificità, quanto nella sua origine ispirata. Ella è cosciente della scarsa integrazione che talvolta esiste tra i due Cleri, come pure conosce – per la sua ricca esperienza umana e spirituale – la condizione di vita di tanti Sacerdoti. Per questo scorge nel suo Istituto un provvidenziale strumento, rispondente ad una urgente necessità.

È eloquente al riguardo la seguente testimonianza: «Siamo sul finire del mese di novembre 1954. Il 4 ottobre dello stesso anno si è aperta a Fermo la seconda Casa della Congregazione FAM, perché proprio in quella Archidiocesi si avrà la prima esperienza del Clero secolare in vita di comunità con voti, secondo il progetto affidato dal Buon Gesù alla Madre. La Madre Fondatrice, presente a Fermo sia per ristrutturare il Collegio Artigianelli sia per preparare questi "inizi", si ammala gravemente al punto di credere che per Lei è giunta l’ora della morte. Ci convoca attorno al suo letto e ci dice cose che si sono incise profondamente nel mio animo. Sono presenti i due Sacerdoti che dovranno per primi emettere i Ss. Voti nelle mani dell’Arcivescovo Perini, il giorno dell’Immacolata. Essi sono di intesa con la Madre di andare a Loreto per un corso di Esercizi Spirituali in preparazione a questo evento. La Madre li esorta a preparasi bene presso quella Santa Casa "dove il Verbo di Dio si fece carne". E poi prosegue: "Figliuoli, dovevo dirvi una cosa molto importante. Secondo Nostro Signore non serviva una Congregazione di più: ce ne sono già tante (e ne fa una enumerazione per le varie necessità della Chiesa). Ne mancava una ‘per il suo amato Clero’. Ricordate, presto verranno giorni che il Clero secolare – solo com’è – non potrà più vivere. Tutti si uniscono: i comunisti, i socialisti... Solo il Clero secolare e i Religiosi sono così divisi! E il Signore ha fatto sorgere questa Famiglia religiosa perché il Sacerdote secolare vi trovi la propria Famiglia". Ci fu una pausa carica di silenzio e poi con voce forte riprese: "E Dio la disfaccia sul nascere se non dovesse servire per questo!"». 10

Simili accorati accenti riemergono parimenti in altri testi della Madre Speranza: «Il Clero secolare ben poco ha potuto contare fin qui sull’aiuto dei Religiosi in genere; per questo il buon Gesù ha disposto che sorgesse questa nuova Congregazione proprio in aiuto al Clero...»; 11 «Le altre Congregazioni poco si preoccupano della situazione del Clero secolare e raramente si prestano ad essere loro di aiuto, se non peggio...»; 12 «Il Buon Gesù penserà a far giustizia di tutti quei figli e figlie i quali, senza amore e senza rispetto per queste sue amate Costituzioni, tralasciano di compiere ciò che esse ordinano, o ardiscono cambiare o ritoccare qualcosa di ciò che costituisce lo spirito e il fine di queste Sante Costituzioni». 13

Ciò che va ancora sottolineato – ai fini di questa analisi – sono i concetti ricorrenti di unione tra i due Cleri; e di Congregazione intesa come famiglia per i Sacerdoti diocesani.

1e. Rapporto tra fine primario e spiritualità dell’Istituto

L’esperienza mistica della Madre Speranza e i suoi scritti sono fortemente caratterizzati dalla spiritualità dell’amore misericordioso del Signore, fondata sull’insegnamento tanto antico e sempre nuovo della Scrittura, secondo cui Dio non si rallegra per la morte del peccatore, bensì per la sua conversione (cf Ez 18,23), fino al punto di mandare il proprio Figlio Unigenito nel mondo, non per operare un giudizio di condanna (cf Gv 4,16-17), ma per cercare e salvare ciò che era perduto (cf Lc 19,10). Le due Congregazioni dei Figli e delle Ancelle dell’Amore Misericordioso assumono questa medesima prospettiva teologica e – sulla base di precise rivelazioni private concesse alla Fondatrice – la considerano come un patrimonio prezioso e come uno specifico impegno di evangelizzazione nella Chiesa. 14

È lecito dunque domandarsi quale rapporto esista tra questa spiritualità e la missione a favore del Clero. Le Costituzioni rinnovate ce ne offrono una spiegazione: «Consapevoli che Cristo è il Sommo Sacerdote misericordioso perché ha offerto se stesso a Dio per noi (cf Eb 9,14) condividendo le nostre infermità (cf Eb 4,15), noi FAM vediamo nei sacerdoti i primi destinatari e mediatori della misericordia di Dio per gli uomini». 15

Questa prospettiva "sacerdotale" della Lettera agli Ebrei viene inglobata in quella più propriamente "ministeriale" dell’Enciclica Dives in Misericordia, secondo la quale l’opera umanitaria ed evangelizzatrice della Chiesa non è completa se non quando manifesta all’uomo di ogni tempo la logica superiore della misericordia, intesa come dono da accogliere dall’alto e da immettere poi nei multiformi rapporti sociali, per far sì che la ricerca della giustizia non si tramuti mai in vendetta, ma venga sempre contemperata dalla forza più profonda dell’amore che perdona. 16 E in quest’opera il Sacerdote ha un ruolo insostituibile perché, attraverso il suo ministero, egli è in grado di professare e proclamare l’amore misericordioso quale «attributo più stupendo del Creatore e del Redentore» e di accostare gli uomini con i sacramenti alle «fonti della misericordia del Salvatore, di cui la Chiesa è depositaria e dispensatrice». 17

Si deve quindi riconoscere che quella dell’amore misericordioso del Signore è una spiritualità particolarmente adatta ai Sacerdoti, perché ne esalta – e quindi ne rafforza – il ruolo paterno e pastorale in seno al Popolo di Dio (cf Lc 15; Gv 10,1-18).

1f. Modalità operative

Volendo esprimere con formula sintetica quanto detto fin qui, si può affermare che il fine primario dei Religiosi FAM è l’unione con il Clero Diocesano, per aiutarlo fraternamente nelle sue concrete necessità e per fomentarne l’unità interna e la santità. Viene così definito il campo d’azione (il Presbiterio) e le due dimensioni fondamentali d’intervento (aiuto fraterno e santificazione). Resta ora da vedere con quali modalità tutto ciò deve essere perseguito.

 

  1. La missione si attua aprendo le Case dell’Istituto all’accoglienza dei Sacerdoti, per brevi periodi di recupero, o per permanenze stabili.

2a. Premessa

È il Vangelo stesso a porre in evidenza la necessità, per tutti coloro che sono immessi nel vortice dell’attività pastorale, di trovare periodicamente spazi di sollievo, per recuperare serenità interiore e vigore fisico. Anche il Concilio ha presente questo problema e offre utili suggerimenti: «È bene che i presbiteri si riuniscano volentieri per trascorrere assieme in allegria qualche momento di distensione e di riposo, ricordando le parole con cui il Signore stesso invitava gli apostoli stremati dalla fatica: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un poco" (Mc 6,31)». 18 Ma la difficoltà talvolta consiste proprio nel riuscire a trovare il tempo disponibile e il luogo adatto per usufruire di queste pause rigeneratrici, le quali potranno essere più o meno prolungate a seconda delle necessità.

2b. Ospitalità fraterna

I Religiosi FAM sono chiamati ad offrire tutta la propria disponibilità affinché il Sacerdote che è in cerca di tranquillità possa trovare un ambiente confacente e un’accoglienza adeguata, riscoprendo così il calore di una vera amicizia fraterna: «Con il beneplacito dei rispettivi Vescovi, i Sacerdoti del Clero Diocesano potranno stare in qualsiasi Casa della Congregazione, tutti quelli che desiderino trascorrere un periodo più o meno lungo tra i Figli dell’Amore Misericordioso, o per rimettersi, o per riposare e ritemprare lo spirito nella pace della Casa religiosa»; 19 «L’unione con il Clero si attuerà aprendo le porte delle Case religiose a tutto il Clero secolare, di qualsiasi Diocesi, di qualsiasi età, in qualunque situazione si trovi (bisognoso per lo spirito o per il corpo), intendendo fare con ciò non un atto di carità ma di fraternità. I Sacerdoti potranno rimanere nella Casa sia temporaneamente che permanentemente, sempre però con il permesso del Vescovo della propria Diocesi». 20

In questo senso, le Case della Congregazione sono tutte Case del Clero, o in senso lato o in senso stretto. Naturalmente i risvolti economici mutano a seconda del tipo di permanenza che vi si instaura: ma di questo si dirà più avanti.

2c. Per un recupero psico-fisico e spirituale

Questa ospitalità fraterna mira ad offrire al Sacerdote un ristoro integrale: «I Religiosi facciano in modo che i Sacerdoti del Clero Diocesano si trovino nella Casa religiosa come in casa propria, senza considerare di che Diocesi sono, né da dove vengono, procurando che non manchi loro il necessario né moralmente né materialmente, e mai a titolo di carità ma di dovere e di amicizia fraterna, avendo per i più bisognosi un cuore di madre. Si sforzino di servir loro di stimolo per avanzare nella perfezione, essendo luce per essi, cosicché anche essi si sforzino perché il loro lavoro sia vivificato dallo spirito interiore dell’orazione, poiché è nell’orazione che apprenderanno la scienza di vivere uniti al nostro Dio, a rinunciare a se stessi e ai propri intenti per unirsi a quelli del nostro Dio, ed è lì che apprenderanno il metodo di santificarsi e santificare tutte le azioni; in tal modo potranno facilmente rinunciare a tutti i propri desideri e voleri per entrare negli affetti e nei voleri del Buon Gesù, conseguendo così che tutte le proprie azioni siano ciò che il Buon Gesù chiede loro, e cioè un’orazione, un’elevazione del proprio spirito a lui»; 21 «La vita comunitaria, nelle nostre case, dovrà rifulgere in tutta la sua ricchezza, perché i sacerdoti diocesani si innamorino di essa e ne comprendano la fondamentale importanza». 22

La permanenza pertanto – oltre a favorire la distensione mentale e corporale – deve anche ridestare nel Sacerdote il gusto della preghiera, l’anelito alla perfezione e un rinnovato apprezzamento per la vita fraterna condotta in comunità. Tutto ciò costituisce per i Religiosi FAM un’alta responsabilità e impone loro una ricerca sincera di esemplarità sia personale che collettiva. Solo a queste precise condizioni i Sacerdoti si sentiranno attratti a frequentare le Case dei FAM e potranno ottenerne un vero giovamento.

(Segue)


1 GIOVANNI PAOLO II, Esort. Ap. Redemptionis Donum, 15.

2 Cf CIC, can. 577-578; 677, § 1.

3 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Libro delle Usanze per la Congregazione dei FAM, par. 1, cap. 1.

4 Verbali delle riunioni comunitarie dei FAM di Collevalenza, 5.11.1954

5 Cf Costituzioni della Congregazione dei FAM / 1999, art. 17.

6 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Libro delle Usanze..., par. 1, cap. 1.

7 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Costituzioni per la Congregazione dei FAM / 1954, art. 2.

8 Costituzioni… / 1999, art. 18.

9 I riferimenti essenziali a queste istanze del Magistero verranno indicati nel corso della trattazione.

10 P. ARSENIO AMBROGI, fam, Promemoria, Agosto 1988.

11 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Lettera al Card. Giuseppe Pizzardo, 24.9.1961.

12 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Lettere al Card. Giuseppe Pizzardo e a Mons. Norberto Perini, 24.9.1961.

13 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Testamento spirituale.

14 Cf Costituzioni… / 1999, art. 1-7.

15 Costituzioni… / 1999, art. 18.

16 Cf GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Dives in Misericordia, 12; 14.

17 GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Dives in Misericordia, 13.

18 CONCILIO ECUM. VATICANO II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 8c.

19 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Libro delle Usanze..., par. 1, cap.1.

20 Verbali..., 5.1.1954.

21 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Libro delle Usanze..., par. 1, cap. 1.

22 Direttorio della Congregazione dei FAM / 1999, art. 7.

 

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ultimo aggiornamento 05 settembre, 2009