La lettera
Il prete e le ... pretese
Carissimo,
torno a quello che ci dicevamo. Il prete, ovverosia l’umanità di quest’uomo, la sua situazione, il suo mistero, il suo infinito di grazia.
E, d’altra parte, le pretese di quelli che chiedono, che pretendono, pronti a condannare, che reclamano dal sacerdote tutto.
Come si fa a parlare del prete? Vorrei dire: che ne sappiamo noi, laici, del prete? Ricordo sempre di aver letto: "Per disegnare un albero, bisogna diventare un albero".
Penso all’approccio di tante nostre Messe della domenica. Tutta quella gente, lì presente. Il prete è solo, all’altare. Di fronte a lui, tutti quei volti. Senza gioia, senza comunione, come tanti precettati.
E penso a tante nostre assemblee parrocchiali. C’è sempre qualcuno, a un certo punto, che si alza e va alla tribuna per proclamare tutte le sue insoddisfazioni. Ma, poi, scompare, non lo vedi più, fino alla prossima opportunità di denunzia.
Il prete lo sa. Condannato ad essere solo. Si vuole tutto da lui. Che egli sia un uomo di cielo, con le ginocchia piegate, e che sia, anche, buttato nella strada, tra i poveri, a gridare giustizia, a rischiare l’infarto.
Che egli sia semplice, ingenuo, una sorta di buon curato di campagna, e che, d’altra parte, sia un cofano di cultura, di dottrina, con tutte le specializzazioni applicate al suo mestiere. Che egli sia un uomo di tolleranza, di compromesso, un uomo di pace, amico di tutti (magari nemico dei nostri nemici), e che sia anche un intransigente, un custode spietato delle verità immutabili.
La verità è che la prima cosa da fare, il primo dovere da compiere, nei confronti del prete, se vogliamo davvero non parlare del prete, ma restare coinvolti nel destino del prete, nella vita del prete, nel futuro del prete, è cercare di capire, è essere attenti all’umanità di quest’uomo.
È terribile l’assenza di amore, colpevole, delittuosa, della comunità!
Nino Barraco
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ultimo aggiornamento
19 ottobre, 2009