2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE

Sac. Angelo Spilla

 

IL PRESBITERO,

L’INNAMORATO DI CRISTO

Una Congregazione per "l’amato clero"

 

Eravamo in gran numero come Famiglia dell’Amore Misericordioso, Ancelle, Figli e componenti dell’Associazione dei laici, quel mercoledì del cinque agosto scorso nel partecipare all’udienza generale del Papa Benedetto XVI tenuta a Castelgandolfo.

Ci siamo recati in visita dal Papa in occasione dell’Anno Giubilare per il 50° anniversario del santuario di Collevalenza. In quella circostanza la Provvidenza ha voluto che, all’indomani della ricorrenza del 150° della morte del santo curato d’Ars, il Papa ha ripercorso brevemente la vita di Giovanni Maria Vianney e ha ricordato propriamente per questo l’indizione dell’Anno Sacerdotale.

Abbiamo sentito scandire le parole toccanti di Benedetto XVI quando ha fatto emergere le virtù e la santità del curato d’Ars, santo patrono di tutti i parroci e di tutti i sacerdoti del mondo.

In riferimento alla sua vita e alla sua missione sacerdotale di lui ha riferito il Papa: "Ciò che ha reso santo il curato d’Ars è stata la sua umile fedeltà alla missione a cui Iddio lo aveva chiamato; è stato il suo costante abbandono, colmo di fiducia, nelle mani della Provvidenza divina. Egli riuscì a toccare il cuore della gente non in forza delle proprie doti umane, né facendo leva esclusivamente su un pur lodevole impegno della volontà; conquistò le anime, anche le più refrattarie, comunicando loro ciò che intimamente viveva, e cioè la sua amicizia con Cristo. Fu "innamorato" di Cristo e il vero segreto del suo successo pastorale è stato l’amore che nutriva per il Mistero eucaristico annunciato, celebrato e vissuto, che è divenuto amore per il gregge di Cristo, i cristiani e per tutte le persone che cercano Dio".

San Giovanni Maria Vianney riuscì a toccare il cuore della gente in quanto innamorato di Cristo; comunicava ciò che intimamente viveva. E’ necessario cogliere questa forza profetica che contrassegna questa personalità del curato d’Ars e che risulta di grande attualità.

Ritengo che nell’esercizio del proprio ministero presbiterale siamo chiamati a fare nostra l’esortazione dell’apostolo Paolo quando dice:" Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione"(Ts 4,3). Se le parole dell’apostolo si addicono ad ogni battezzato, diventano però un imperativo decisivo nella vita di ogni presbitero e di ogni consacrato in genere. Noi non viviamo più per noi stessi ma per il Signore, partecipiamo al suo mistero pasquale accogliendolo prima di tutto in ognuno di noi, offrendo poi in oblazione il sacrificio dell’intera vita per il suo Regno.

Interessante risulta, a riguardo, quanto scrive Dietrich Bonhoeffer riguardo a questa testimonianza, e all’annunzio del Vangelo, che siamo chiamati a dare:"Una vera predica evangelica dovrebbe equivalere a porgere a un bambino una bella mela rossa o a un assetato un bicchiere d’acqua fresca e a domandargli: lo vuoi? Dovremmo perciò essere capaci di parlare delle cose della nostra fede in modo tale che le mani possono tendersi verso di esse più velocemente di quanto noi non siamo in grado di riempirle" ( da: Risposta alle nostre domande, Ed. Queriniana 2003).

Per vivere meglio questo rapporto di comunione sincera con Gesù, è necessario che nella vita di noi presbiteri sappiamo coniugare contemplazione e servizio; devono intrecciarsi unendosi indissolubilmente in un atteggiamento spirituale di offerta di sé, sempre e comunque, anche quando l’uno sembra prevalere sull’altro.

Dio ci chiama ad essere santi e ciò costituisce il segreto del vero successo del nostro ministero sacerdotale. Dobbiamo avvertire fortemente di essere stati conquistati dall’amore di Cristo per rispondere prontamente e con gioia. Mediante l’amore redentore Cristo con la sua donazione definitiva ha fatto sua sposa la Chiesa. In forza di ciò continua ancora ora ad amarla dando veri "amministratori dei misteri di Dio" (1 Cor. 4,1), e, soprattutto veri ministri sacri.

In questo Anno Sacerdotale, carichi di questa forte chiamata, il presbitero è chiamato a fare risvegliare il carisma del servizio sacerdotale così come è stato accolto e attuato nella tradizione della Chiesa, la disponibilità al dono del celibato per il Regno dei cieli di cui in passato hanno dato e ancora oggi danno prova intere generazioni di sacerdoti della Chiesa cattolica, l’impegno pastorale vivendolo con generosità e gioia e contribuendo con la testimonianza e con la propria opera alla diffusione di questo ideale.

Nella lettera del Giovedì Santo del 1983, anno commemorativo della Redenzione e del Giubileo straordinario, Paolo VI ricordava particolarmente questo nostro rapporto di amicizia che lega il presbitero a Gesù:" Essere sacerdote vuol dire essere particolarmente in amicizia col mistero di Cristo, col mistero della Redenzione, in cui egli dà la sua ‘carne per la vita del mondo’ (Gv. 6,51). Noi che celebriamo ogni giorno l’Eucarestia, il sacramento salvifico del Corpo e del Sangue, dobbiamo essere in intimità particolare col mistero, da cui questo sacramento prende il suo inizio… Nel profondo del nostro "io" sacerdotale, grazie a quel che ciascuno di noi è diventato al momento dell’ordinazione, noi siamo "amici": siamo testimoni particolarmente vicini a questo Amore, che si manifesta nella Redenzione … E noi, sacerdoti, ministri dell’Eucarestia, siamo "amici": ci troviamo particolarmente vicini a questo Amore redentore, che il Figlio unigenito ha portato al mondo – e che gli porta continuamente.

Anche se ciò mi penetra di un santo timore, dobbiamo tuttavia riconoscere che insieme con l’Eucarestia il mistero di quell’Amore redentore si trova, in un certo modo, nelle nostre mani. Che esso ritorna ogni giorno sulle nostre labbra. Che è iscritto in modo durevole nella nostra vocazione e nel nostro ministero".

Tutto questo Madre Speranza lo comprendeva bene e si è offerta vittima per i sacerdoti in modo da poter rispondere santamente a questa chiamata e per riparare le offese fatte a Gesù da parte di questi. Lei non faceva che pregare e offrire sacrifici per i sacerdoti. Nei suoi colloqui intimi con il buon Gesù , come lei lo chiamava, chiedeva che questi vivessero in comunione di grazia e nella santità. Il 9 aprile 1952, percependo con sofferenza che alcune anime consacrate si ricordano poco di Gesù e lo lasciano solo nel tabernacolo, così scrive nel suo Diario: "Lui, padre mio, vuole la nostra santificazione e si lamenta che non sentiamo il bisogno di ricorrere a Lui, fonte di ogni grazia, pur essendo la perfezione un lavoro che dura a lungo e richiede perseveranza, sacrificio e molto amore a Dio. Che pena, padre mio, vedere Gesù mendicare amore! Siccome non lo conosciamo bene, è difficile amarlo; poiché il nostro Dio non si può amare se prima non si conosce e quanto più lo conosciamo, più lo amiamo e più il cuore si incendia nel fuoco dell’amore per Lui; infatti posso assicurarle, padre mio, che in Lui tutto è degno di amore e che la sua bellezza, volontà e amore mi hanno rapito il cuore, infiammandolo del suo amore".

Davanti a Colui che manifesta l’Amore nella sua pienezza, chiediamo che il ricordo del curato d’Ars ci aiuti a ravvivare il nostro zelo al suo servizio. Ci rapisca il cuore. Ancora sacerdoti della tempra e della santità di San Giovanni Maria Vianney.

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ultimo aggiornamento 19 ottobre, 2009