la parola del papa

Benedetto XVI

 

"Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio,

è questo il tesoro più
grande che il buon Dio
può concedere a una parrocchia,
e uno dei doni  più preziosi
della misericordia divina"

 

Benedetto XVI

 

"Il sacerdote, certamente uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza." Con questa esortazione Benedetto XVI si è rivolto con un videomessaggio ai sacerdoti riuniti ad Ars per un ritiro sacerdotale internazionale.

Il Papa richiamandosi, poi, al santo curato d’Ars, nel sottolineare il ruolo indispensabile del sacerdote, ha riproposto la celebre affermazione "un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è questo il tesoro più grande che il buon Dio può concedere a una parrocchia, e uno dei doni più preziosi della misericordia divina". Scelto fra gli uomini, il sacerdote resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio…La nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che conserviamo in vasi di creta. San Paolo ha espresso felicemente l’infinita distanza che esiste fra la nostra vocazione e la povertà delle risposte che possiamo dare a Dio.. Noi udiamo ancora e conserviamo nell’intimo del nostro cuore la commovente e fiduciosa esclamazione dell’Apostolo che dice: "Quando sono debole, è allora che sono forte". La consapevolezza di questa debolezza apre all’intimità di Dio che dà forza e gioia. Più il sacerdote persevererà nell’amicizia di Dio, più continuerà l’opera del Redentore sulla terra. Il sacerdote non è per se stesso, ma per tutti.

"In questo Anno Sacerdotale –ha detto Benedetto XVI – siamo tutti chiamati ad esplorare e riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurato per sempre a Cristo, sommo sacerdote, e che ci ha santificati nella verità".

Il Papa ha, poi, ricordato: "pensate anche alla grande diversità dei ministeri che esercitate al servizio della Chiesa. Pensate al gran numero di messe che avete celebrato o che celebrerete, rendendo ogni volta Cristo realmente presente sull’altare. Pensate alle innumerevoli assoluzioni che avete dato e darete, permettendo a un peccatore di lasciarsi redimere. Percepite allora la fecondità infinita del sacramento dell’Ordine. Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio. Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinità…Vi incoraggio quindi a rafforzare la vostra fede e quella dei fedeli nel Sacramento che celebrate e che è la sorgente della vera gioia… Rendendo grazie per ciò che siete e ciò che fate – ha concluso Benedetto XVI - vi ripeto: "Niente rimpiazzerà mai il ministero dei sacerdoti nella vita della Chiesa…Testimoni viventi della potenza di Dio all’opera nella debolezza degli uomini, consacrati per la salvezza del mondo, siete, miei cari fratelli, stati scelti da Cristo stesso al fine di essere, grazie a Lui, sale della terra e luce del mondo".

Alcune considerazioni.

La rilettura di questo videomessaggio del Papa che invita "ad esplorare e riscoprire la grandezza del sacramento" che ha configurato i sacerdoti "per sempre a Cristo, sommo sacerdote, …e che invita a riflettere sulla grande diversità dei ministeri esercitati dai sacerdoti al servizio della Chiesa, testimoni viventi della potenza di Dio all’opera nella debolezza degli uomini", ci rimanda alla figura e all’opera di Madre Speranza.

In questo anno sacerdotale è doveroso ricordare Madre Speranza almeno per alcune opere fondamentali: innanzitutto per l’insegnamento spirituale del mistero dell’Amore Misericordioso del Signore, sviluppato sulla base di precise rivelazioni mistiche a partire dal 1927, e poi per la dedizione fraterna a beneficio dei sacerdoti del clero diocesano realizzata tramite la Congregazione dei figli dell’Amore Misericordioso da lei fondata, dopo quella della Ancelle. Una Congregazione che prevede, oltre a religiosi incardinati nell’Istituto, sacerdoti diocesani consacrati nella Congregazione che rimangono incardinati e inseriti nelle loro Diocesi come segno di comunione tra il clero.

Madre Speranza ha incentrato il carisma di questa sua Congregazione nel desiderio di offrire se stessi per la santificazione dei sacerdoti, offrendosi come vittima al Signore, con un quarto voto riproposto con molto calore.

"A me fa impressione - scrive P. Mario Gialletti in un suo recente studio - che negli scritti della Madre non ci sia un altro progetto, neanche quello della fondazione, del quale ne parli tanto quanto del problema dei sacerdoti in difficoltà, dei sacerdoti con le loro debolezze e con i loro peccati e per i quali la Madre si sente radicalmente coinvolta fino al voto di vittima." Non è che la Madre pensasse che i sacerdoti sono quelli che fanno più peccati, ma era profondamente convinta che un peccato di un sacerdote può fare un male immenso e dà immenso dolore al Signore. "Nei suoi scritti - richiama la nostra attenzione P. Gialletti - la Madre ne parla numerosissime volte, ben 67 in un arco di anni che va dal 1927 al 1974, 10 volte nel 1952, 3 nel 1953, 13 nel 1954, 30 volte nel Diario, 11 volte nelle Lettere Circolari, 7 nel testo delle Riflessioni, 6 nelle Lettere personali, 5 nelle Libro delle usanze, 3 nel Libro delle Orazioni, 3 in documenti vari, 1 nel Libro delle Costituzioni.". Ecco di seguito alcune affermazioni significative della Venerabile.

Così scrive Madre Speranza il 18 dicembre 1927 nel Diario che cura per il suo direttore spirituale: "Questa notte mi sono distratta e il buon Gesù mi ha detto, che non debbo desiderare altro che amarlo e soffrire, per riparare le offese che riceve dal suo amato clero. Debbo far si che quanti vivono con me sentano questo desiderio di soffrire e offrirsi come vittime di espiazione per i peccati che commettono i sacerdoti del mondo intero".

E il 21 marzo 1941, Giovedì Santo, consapevole che la vocazione sacerdotale è un tesoro in vasi di creta, scrive: "Gesù mio, oggi, giovedì santo, rinnovo l’offerta fatta al mio Dio nel 1927, quale vittima per i poveri sacerdoti che si allontanano da Lui o l’offendono gravemente. Ti chiedo, Gesù mio: non lasciarmi un solo istante senza sofferenze o tribolazioni e fa che la mia vita sia un martirio continuo, lento, ma doloroso, in riparazione delle offese di queste povere anime e per ottenere loro la grazia del pentimento".

E nel corso della sua malattia, allorquando sembrava ai medici che fosse in punto di morte, il 28 gennaio 1942 annota: "Ho convinto il medico a lasciarmi morire in casa, poiché questi mi diceva che, umanamente, non c’era più rimedio…. Così ho ricevuto il viatico, l’estrema unzione e la benedizione papale. Le figlie piangevano nella mia stanza ed io ho cominciato a pensare che fosse arrivato il momento di lasciare sole le mie povere figlie, giovani e perseguitate e ho provato una pena terribile, al pensiero di dover morire così presto senza poter soffrire ancora di più per i poveri sacerdoti che hanno avuto la disgrazia di offendere il mio Dio".

E il 15 giugno del 1942 scrive: "Gesù mio, fissa lo sguardo soltanto sul fatto che i poveri sacerdoti che ti offendono, deboli nello spirito e nell’amore per te, sono molti e che io desidero soffrire costantemente in riparazione delle offese di questi tuoi poveri ministri. Concedimi, Gesù mio, la grazia di vivere continuamente nel dolore e di morire arsa dal tuo amore e che le tue croci, tutte quelle che vorrai mandarmi, mi servano per amarti di più e insegnare agli altri che la scienza dell’amore s’impara nel dolore".

E ancora il 6 maggio del 1952, grande giorno per Madre Speranza perché un Figlio si è offerto vittima di espiazione per i sacerdoti deboli del mondo intero e così prega: "… Gesù mio, accetta la generosa vittima e, col tuo amore e la tua misericordia, perdona, dimentica e non considerare le offese di queste anime che, accecate dalla forza delle passioni, hanno dimenticato che sono a te consacrate…"

E in una Lettera Circolare del 16 novembre 1953 così invita a pregare le sue figlie e i suoi figli: "Pregate tutti perché questa vostra madre viva sempre abbracciata alla croce, in una sofferenza continua, sempre in riparazione delle offese che il nostro Dio riceve dai suoi sacerdoti del mondo intero."

E infine una esortazione che invita a riflettere.
E mi piace concludere con questa esortazione di Madre Speranza alle proprie figlie e figli sulla quale è utile riflettere in questo Anno sacerdotale: "Nessuno quanto noi è obbligato a riparare per i peccati del nostro prossimo, specialmente per quelli dei poveri sacerdoti del mondo intero che hanno avuto la disgrazia di offendere il nostro Dio e per quelli che lo stanno ancora offendendo. Offriamoci ogni giorno come vittima per i peccati che commettono i sacerdoti, con l’unico desiderio di riparare in qualche modo l’offesa che il peccato ha fatto al nostro Dio".

 

Videomessaggio del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti al Ritiro Sacerdotale Internazionale [Ars, 27 Settembre - 3 Ottobre 2009]

Cari fratelli nel sacerdozio,

Come potete facilmente immaginare, sarei stato estremamente felice di potere essere con voi in questo ritiro sacerdotale internazionale sul tema: "La gioia del sacerdote consacrato per la salvezza del mondo". Vi state partecipando in gran numero e state beneficiando degli insegnamenti del cardinale Christoph Schönborn. Saluto cordialmente anche gli altri predicatori e il vescovo di Belley-Ars, monsignor Guy-Marie Bagnard. Devo accontentarmi di rivolgervi questo video messaggio, ma credetemi, attraverso queste poche parole è a ognuno di voi che parlo nel modo più personale possibile, poiché, come dice san Paolo: "Vi porto nel cuore... voi con me siete tutti partecipi della grazia" (Fil 1,7).

San Giovanni Maria Vianney sottolineava il ruolo indispensabile del sacerdote quando diceva: "Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è questo il tesoro più grande che il buon Dio può concedere a una parrocchia, e uno dei doni più preziosi della misericordia divina" (Il curato d’Ars, Pensieri, presentato dall’abate Bernard Nodet, Desclée de Brouwer, Foi Vivante, 2000, p. 101). In questo Anno sacerdotale siamo tutti chiamati a esplorare e a riscoprire la grandezza del sacramento che ci ha configurati per sempre a Cristo Sommo Sacerdote e che ci ha tutti "consacrati nella verità" (Gv 17, 19).

Scelto fra gli uomini, il sacerdote resta uno di essi ed è chiamato a servirli donando loro la vita di Dio. È lui che "continua l’opera di redenzione sulla terra" (Nodet, p. 98). La nostra vocazione sacerdotale è un tesoro che conserviamo in vasi di creta (cfr 2 Cor 4, 7). San Paolo ha espresso felicemente l’infinita distanza che esiste fra la nostra vocazione e la povertà delle risposte che possiamo dare a Dio. Vi è, da questo punto di vista, un legame segreto che unisce l’Anno paolino e l’Anno sacerdotale. Noi udiamo ancora e conserviamo nell’intimo del nostro cuore la commovente e fiduciosa esclamazione dell’Apostolo che dice: "Quando sono debole, è allora che sono forte" (2 Cor 12, 10). La consapevolezza di questa debolezza apre all’intimità di Dio che dà forza e gioia. Più il sacerdote persevererà nell’amicizia di Dio, più continuerà l’opera del Redentore sulla terra (cfr Nodet, p. 98). Il sacerdote non è per se stesso, ma per tutti (cfr Nodet, p. 100).

È questa una delle sfide più grandi del nostro tempo. Il sacerdote, certamente uomo della Parola divina e del sacro, deve oggi più che mai essere uomo della gioia e della speranza. Agli uomini che non possono concepire che Dio sia puro amore, egli dirà sempre che la vita vale la pena di essere vissuta e che Cristo le dà tutto il suo senso perché Egli ama gli uomini, tutti gli uomini. La religione del Curato d’Ars è una religione della felicità, non una ricerca morbosa della mortificazione, come a volte si è creduto: "La nostra felicità è troppo grande; no, no, non lo capiremo mai" (Nodet, p. 110), diceva. O ancora: "Quando siamo in cammino e vediamo un campanile, questa visione deva far battere il nostro cuore come quella della casa dove dimora il suo amato fa battere il cuore della sposa" (Ibidem). Desidero qui salutare con un affetto particolare quelli fra voi che si prendono cura di molte chiese e che si prodigano senza limiti per mantenere la vita sacramentale nelle loro diverse comunità. La riconoscenza della Chiesa verso tutti voi è immensa! Non perdetevi d’animo, ma continuate a pregare e a far pregare affinché molti giovani accettino di rispondere alla chiamata di Cristo che non smette di volere fare crescere il numero dei suoi apostoli per mietere i suoi campi.

Cari sacerdoti, pensate anche alla grande diversità dei ministeri che esercitate al servizio della Chiesa. Pensate al gran numero di messe che avete celebrato o che celebrerete, rendendo ogni volta Cristo realmente presente sull’altare. Pensate alle innumerevoli assoluzioni che avete dato e darete, permettendo a un peccatore di lasciarsi redimere. Percepite allora la fecondità infinita del sacramento dell’Ordine. Le vostre mani, le vostre labbra, sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio. Portate Cristo in voi; siete, per grazia, entrati nella Santissima Trinità. Come diceva il santo Curato: "Se si avesse la fede, si vedrebbe Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro un vetro, come un vino mescolato all’acqua" (Nodet, p 97). Questa considerazione deve portare ad armonizzare le relazioni fra sacerdoti al fine di realizzare quella comunità sacerdotale alla quale invitava san Pietro (cfr 1 Pt 2, 9) per costruire il corpo di Cristo e costruirvi nell’amore (cfr Ef 4, 11-16).

Il sacerdote è l’uomo del futuro: è colui che ha preso sul serio le parole di Paolo: "Se dunque siete risorti in Cristo, cercate le cose di lassù" (Col 3, 1). Ciò che fa sulla terra fa parte dei mezzi ordinati al Fine ultimo. La messa è quel punto unico di congiunzione fra il mezzo e il Fine, poiché ci permette già di contemplare, sotto le umili specie del pane e del vino, il Corpo e il Sangue di Colui che adoreremo per l’eternità. Le frasi semplici e intense del santo Curato sull’Eucaristia ci aiutano a percepire meglio la ricchezza di questo momento unico della giornata in cui viviamo un faccia a faccia vivificante per noi stessi e per ognuno dei fedeli. "La felicità che vi è nel dire la messa si comprenderà solo in cielo" scriveva (Nodet. p. 104).

Vi incoraggio quindi a rafforzare la vostra fede e quella dei fedeli nel Sacramento che celebrate e che è la sorgente della vera gioia. Il santo d’Ars scriveva: "Il sacerdote deve provare la stessa gioia (degli apostoli) nel vedere Nostro Signore che tiene fra le mani" (Ibidem).

Rendendo grazie per ciò che siete e ciò che fate, vi ripeto: "Niente rimpiazzerà mai il ministero dei sacerdoti nella vita della Chiesa!" (Omelia durante la messa del 13 settembre 2008 all’Esplanade des Invalides, Parigi). Testimoni viventi della potenza di Dio all’opera nella debolezza degli uomini, consacrati per la salvezza del mondo, siete, miei cari fratelli, stati scelti da Cristo stesso al fine di essere, grazie a Lui, sale della terra e luce del mondo. Che possiate, durante questo ritiro spirituale, sperimentare in modo profondo l’Intimo Indicibile (Sant’Agostino, Confessioni, iii, 6, 11, va 13, p. 383) per essere perfettamente uniti a Cristo al fine di annunciare il suo amore attorno a voi e di essere totalmente impegnati al servizio della santificazione di tutti i membri del popolo di Dio! Affidandovi alla Vergine Maria, Madre di Cristo e dei sacerdoti, imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

 

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ultimo aggiornamento 17 novembre, 2009