2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE

P. Alberto Bastoni fam

 

Il Sacramento della Riconciliazione alla luce dell’anno sacerdotale

 

 

“Ricevete lo Spirito Santo;
a chi rimetterete i peccati saranno
rimessi e a chi non li rimetterete,
resteranno non rimessi”
(Gv 20, 22-23).

 

 

 

"Ricevete lo Spirito Santo;

a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete,

resteranno non rimessi" (Gv 20, 22-23).

 

Come sappiamo in occasione del 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, Sua Santità Benedetto XVI ha annunciato a tutta la Chiesa che, dal 19 giugno 2009 al 19 giugno del 2010, si sarebbe tenuto uno speciale Anno Sacerdotale, avente come tema: "Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote". Per un Figlio dell’Amore Misericordioso, ma credo anche per ogni sacerdote, riflettere sulla propria identità e fedeltà penso che sia un elemento determinante per la propria vocazione di pastore. Dicevo per ogni Figlio dell’Amore Misericordioso perché tutta la vita di Madre Speranza è stata caratterizzata da una profondo amore per i sacerdoti: "I preti sono la mia passione"! ripeteva spesso.

Prima di centrare la mia "riflessione" permettetemi una piccola premessa.

I sacerdoti sono un grande dono del Signore, la presenza di Gesù nella nostra vita e nella nostra comunità, hanno ricevuto la "grazia" di guidare le comunità cristiane aiutandole a restare unite a Cristo buon pastore.

Che tragedia se la Chiesa restasse senza sacerdoti! Chi potrà mai essere segno pastorale nelle nostre comunità? Chi potrà dispensare i tesori di grazia e di Spirito Santo necessari al nostro cammino? Chi potrà farci vedere il volto di una Chiesa che cammina insieme all’uomo per raggiungere la civiltà dell’amore?

Come attualizzare?

Innanzitutto cambiare il nostro atteggiamento verso i nostri sacerdoti, vederli con atteggiamento di fede; se riuscissimo veramente nel nostro cuore a guardare ai nostri sacerdoti come a coloro che portano la Parola di Gesù, chiunque essi siano e senza riguardo ai loro eventuali difetti, penso che non staremmo lontani da essere e sentirci unica Chiesa, unico popolo, unica comunità in cammino verso la santità di Cristo.

Amare i nostri sacerdoti, sentirli nostri fratelli, aiutarli nelle loro necessità personali e materiali, collaborare con loro alla diffusione del vangelo con animo obbediente e premuroso, astenerci dal giudizio e dalle critiche, comprendere le loro preoccupazioni, condividere le loro responsabilità, perdonare le loro debolezze, questa diventa la nostra prima missione, fare questo significherebbe attualizzare la spiritualità dell’Amore Misericordioso.

Ma come Rettore di un Santuario la possibilità di riflettere su quest’anno "sacerdotale" mi spinge un pò oltre, non solo a ricercare gli elementi costitutivi della nostra identità carismatica e sacerdotale e cioè vedere nel FAM colui che attraverso un raggiungimento della propria santità sacerdotale e religiosa, fine questo descritto in maniera magistrale nelle nostre Costituzioni: "la risposta adeguata alla nostra vocazione è la santità della vita, ossia la perfezione della carità come permanenza in noi dell’Amore di Dio, in totale uniformità al suo volere"1, diventa, messaggero, testimone e dispensatore della misericordia di Dio verso ogni uomo, ma soprattutto a riflettere su come viene celebrato, amministrato e vissuto quel grande dono di grazia e di amore che corrisponde al sacramento della Riconciliazione.

Ogni Santuario d’altronde e soprattutto quello dell’Amore Misericordioso deve saper permettere l’incontro con un Dio Padre e misericordioso: "nei santuari si offrano ai fedeli con maggior abbondanza i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica soprattutto con la celebrazione dell’Eucaristia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare2". Così, i santuari sono come pietre miliari che orientano il cammino dei figli di Dio sulla terra, promuovendo l’esperienza del grande dono di riconciliazione, di misericordia e di vita nuova che la Chiesa offre continuamente a tutti gli uomini.

Così si esprimeva Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica "Pastores Dabo Vobis" riferendosi al ministero sacerdotale: "la vostra opera nella Chiesa è veramente necessaria e insostituibile. Voi sostenete il peso del ministero sacerdotale e avete il contatto quotidiano con i fedeli. Voi siete i ministri dell’eucaristia, i dispensatori della misericordia divina nel sacramento della penitenza, i consolatori delle anime, le guide dei fedeli tutti nelle tempestose difficoltà della vita"3..

Allora torniamo alle nostre domande come viene vissuto oggi questo grande sacramento? Come viene celebrato e amministrato?

Oggi si può mancare in diversi modi contro la misericordia di Dio. Un primo modo, purtroppo assai diffuso, è quello di non riconoscere più la realtà del peccato. E quando uno non si riconosce peccatore, non sente più il bisogno del Salvatore, così come chi non riconosce di essere malato non sente più il bisogno del medico. Oggi c’è chi ritiene di poter stabilire ciò che è bene o ciò che è male secondo il proprio arbitrio, indipendentemente da Dio, e questa concezione sta allontanando la gente dalla confessione.

Ma altrettanto onestamente e sinceramente credo che è anche vero che si punta poco da parte degli "addetti ai lavori" sulla formazione alla confessione e al senso del peccato come allontanamento dal Signore. Spesso le nostre confessioni sono soltanto un banale resoconto di ciò che abbiamo compiuto di sbagliato, non c’è a volte un vero confronto attivo, un dialogo di fede sulla propria vita. Principalmente manca quell’attenzione e quella fiducia che porta alla consapevolezza che Dio è un Padre che "attende i propri figli, che non tiene in conto, perdona e dimentica," l’errore è sempre quello di partire dalle nostre idee più che sperimentare come Dio si manifesta a noi con i doni di grazia.

Ogni uomo che si accosta al sacramento della riconciliazione è un uomo ferito, profondamente lacerato, il confessore dovrebbe aiutare a fare verità dentro se stessi, quella verità che aiuta a rivivere quell’amore che il Signore dona proprio attraverso il ministero sacerdotale. Troppo spesso invece assistiamo a confessori distratti, apatici, estranei al "dolore" di chi accusa la propria debolezza. Troppo spesso i credenti si sentono dire e ripetere frasi del genere: "Ok hai finito vero?" "c’è altro?" "fai in fretta perché ho un impegno...", forse c’è bisogno di più amore , di più interesse. Il Signore ci perdona realmente nel sacramento della Riconciliazione, Lui è il primo ad essere commosso e partecipe delle nostre ferite, celebrare questo grande sacramento significa trovare comprensione, compassione, e con il profumo soave della misericordia curare le grandi ferite che l’uomo di oggi si porta dentro il proprio intimo.

Il sacramento della Confessione, ci aiuta a ricevere i benefici di un cuore nuovo ed un’anima nuova. Così la misericordia si può manifestare per ciò che realmente è e continua ad essere nella storia: la potenza trasformante e creatrice dell’amore di Dio, che ridona all’uomo tutto il suo valore e lo reintegra nella sua dignità di figlio, perchè in lui peccatore viene rigenerata una creatura nuova.

Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi sacerdoti il ministero della riconciliazione, Dio ha infatti ha riconciliato a sé il mondo, noi fungiamo da ambasciatori: "Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio"4. Questa "riconciliazione" non è il risultato di un decreto puramente esteriore o giuridico, ma appartiene alla pasqua di Cristo: la missione della Chiesa è essenzialmente la proclamazione di questo "Vangelo della riconciliazione".

Allora vivere ed amministrare il sacramento della riconciliazione non significa racchiuderlo in una dimensione più colpevolizzante che liberatoria, non deve essere percepito soltanto come cancellazione dei peccati, ma soprattutto come restaurazione della nostra dignità di figli di Dio reinseriti in una dinamica vocazionale di amore con il Padre: ossia ri-conciliati.

Questo sacramento è quello dell’amore creatore di Dio che ri-suscita fa ri-nascere l’uomo peccatore, suscita nuovamente in lui la gioia di vivere. Mettersi in piedi per ripartire, ecco il vero volto della confessione cristiana, scoprirsi di nuovo amato da Dio ecco l’esperienza gratificante del sacramento della Riconciliazione.

Gesù ci rivela che la gioia di Dio sta nel creare, nel far felice la propria creatura, il sacramento della riconciliazione è il "sacramento del cammino", della "crescita spirituale" dell’uomo che non finisce mai di diventare un figlio e di accogliere la verità di essere creatura di Dio.

Confessarsi non significa guardarsi con amarezza, non significa essere ripiegati su se stessi, significa alzarsi, convertirsi, uscire da se stessi per andare verso un altro che ci aspetta, verso Gesù, il "sacramento" del perdono del Padre.

La confessione è dunque l’incontro con il perdono divino, offertoci in Gesù e trasmessoci mediante il ministero della Chiesa. In questo segno efficace della grazia, appuntamento con la misericordia senza fine, ci viene offerto il volto di un Dio che conosce come nessuno la nostra condizione umana e le si fa vicino con tenerissimo amore. La Chiesa non si stanca di proporci la grazia di questo sacramento durante l’intero cammino della nostra vita: attraverso di essa è Gesù, vero medico, che viene a farsi carico dei nostri peccati e ad accompagnarci, continuando la sua opera di guarigione e di salvezza. Come accade per ogni storia d’amore, anche l’alleanza con il Signore va rinnovata senza sosta: la fedeltà è l’impegno sempre nuovo del cuore che si dona e accoglie l’amore che gli viene donato, fino al giorno in cui Dio sarà tutto in tutti.

Come è importante il servizio del confessionale nella vita di un FAM e di ogni sacerdote! Proprio nel confessionale la nostra paternità spirituale si realizza nel modo più pieno, proprio nel confessionale ogni sacerdote diventa testimone dei grandi miracoli che la misericordia di Dio opera nell’anima delle persone che accettano la grazia della conversione e ne diventa suo prezioso assistente. La misericordia divina ha disposto questo dono meraviglioso, il Sacramento della Riconciliazione, per perdonare i peccati di questa umanità.

I sacerdoti diventano allora i primi annunciatori di una grande e consolante verità proclamata con la parabola del figlio prodigo, "il cui centro è il padre misericordioso"5. "Soltanto il cuore di Cristo, che conosce la profondità dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza"6.

Giovanni Paolo II in una catechesi del Mercoledì in merito al sacramento della riconciliazione ripeteva: "È bello poter confessare i nostri peccati, e sentire come un balsamo la parola che ci inonda di misericordia e ci rimette in cammino. Solo chi ha sentito la tenerezza dell’abbraccio del Padre, quale il Vangelo lo descrive nella parabola del figliol prodigo, "gli si gettò al collo e lo baciò" (Lc 15, 20),può trasmettere agli altri lo stesso calore, quando da destinatario del perdono se ne fa ministro".

E ancora Benedetto XVI diceva queste parole: "Abbiamo un Signore buono che vuole perdonare a tutti: "Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere? Ma presso di te è il perdono; perciò avremo il tuo timore" (vv. 3-4). È significativo il fatto che a generare il timore, atteggiamento di rispetto misto ad amore, non sia il castigo ma il perdono. Più che la collera di Dio, deve provocare in noi un santo timore la sua magnanimità generosa e disarmante. Dio, infatti, non è un sovrano inesorabile che condanna il colpevole, ma un padre amoroso, che dobbiamo amare non per paura di una punizione, ma per la sua bontà pronta a perdonare."7

Ed in ultimo vorrei riportare un brano della Madre Speranza di Gesù che mi pare veramente completo nel presentare la vera natura di Dio: non un Dio qualsiasi, ma uno specifico, concreto, tangibile, un Dio che è Padre, che è Amore Misericordioso per ogni uomo, che non si stanca di starci vicino.

Rivolgendosi ai propri "figli" (sacerdoti) in merito all’atteggiamento da usare nel confessionale diceva queste parole: "Se veramente da peccatori si ha paura di presentarsi al Signore, ci si presenti al Figlio dell’Amore e della Povertà Sua. E che questo Figlio sappia dire a chi entra nel confessionale: "Non spaventarti,devi sapere che il Padre tuo ti aspetta e che per mezzo di questa assoluzione che io ti amministro, Lui ti perdona, non conta più e dimentica." Ora, il prossimo anno avremo la grande fortuna di vedere il Santuario finito e molte anime del mondo intero verranno qui. Ogni figlio (si rivolge sempre ai sacerdoti) deve avere umiltà e chiedere ogni mattina e pomeriggio: "Signore, fa che io entri in quel confessionale, come un Figlio dell’Amore e della Povertà Tua. Che sappia capire le miserie di quelle povere persone che vengono ferite e che io le presenti a Te, in modo tale che Tu li possa curare con il balsamo del Tuo amore e della Tua carità." Io chiederò al Signore che a voi Figli vi dia questa forza e voi pregate per me affinché possa arrivare a dare al Signore quanto mi chieda in questo anno."8

Allora carissimi "confratelli sacerdoti" così, non per qualche nostro merito particolare, ma soltanto per la gratuita partecipazione alla grazia di Cristo, prendiamo veramente coscienza della grande missione che abbiamo ricevuto, di essere testimoni e strumenti della misericordia divina, chiediamo luce allo Spirito Santo che illumini i nostri cuori perché gli uomini possano fare esperienza del grande amore misericordioso di Dio verso le proprie creature.


1 Cost. FAM, Parte I, Cap. II art. 11

2 Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, Documento Il santuario. Memoria, presenza e profezia del Dio vivente, 8 maggio 1999

3 PDV n° 4

4 Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 5,17-21 

5 Vangelo di Luca 15, 11-24

6 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1439

7 Udienza del 19 Ottobre 2005

8 El pan 21, 278-280

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ultimo aggiornamento 16 gennaio, 2010