2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE
P. Gabriele Rossi fam
La missione sacerdotale
della Congregazione dei
Figli dell’Amore MisericordiosoCollevalenza 2009
(Seguito)
Capitolo III
ANNOTAZIONI STORICHE E GIURIDICHE
SULLA NORMATIVA RIGUARDANTE
I SACERDOTI DIOCESANI FIGLI DELL’AMORE MISERICORDIOSO
14. Fin dagli inizi, la questione dei Diocesani FAM
è stata prospettata come una condizione di vita "more religiosorum",
dai risvolti giuridici del tutto particolari.
14a. Premessa
La Chiesa per espletare in maniera ordinata tutte le proprie attività ha bisogno di darsi una serie di norme che, per buona parte, sono raccolte nel Codice di Diritto Canonico. Ma come tutti ben sanno, il Codice non è il Vangelo: esso cioè conserva sempre e soltanto un carattere strumentale rispetto alle finalità superiori che la Chiesa persegue in forza del mandato evangelico. Per questo Giovanni Paolo II dichiara: «Il Codice non ha come scopo in nessun modo di sostituire la fede, la grazia, i carismi e soprattutto la carità dei fedeli nella vita della Chiesa. Al contrario, il suo fine è piuttosto di creare tale ordine nella società ecclesiale che assegnando il primato all’amore, alla grazia e ai carismi, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono».127 Queste precisazioni si rendono necessarie perché può capitare che determinate norme – quando non si fondano sul Diritto divino – vengano parzialmente riviste o radicalmente mutate dalla competente Autorità ecclesiastica. E ciò anche nell’ambito della Vita Consacrata, dove non sempre è sufficiente ricorrere agli schemi canonici ufficiali, ma occorre anche confrontarsi con l’ispirazione carismatica dei Fondatori, che non di rado possiede caratteristiche innovative rispetto a strutture e prassi preesistenti. 128
14b. L’origine della normativa
Stando alle indicazioni fornite dalla stessa Madre Speranza, l’origine della normativa riguardante i Diocesani FAM va fatta risalire al febbraio del 1952, cioè a pochi mesi dopo la fondazione della Congregazione dei FAM, realizzatasi a Roma il 15 agosto del 1951.
Trovandosi in quei giorni nella città di Fermo per insediare una sua Comunità di Suore nel Collegio Don Ricci, lei ricevette dall’alto una precisa disposizione: «Il buon Gesù mi ha detto che è arrivato il momento di scrivere ciò che riguarda il Clero in comunità; ...e poiché la cosa è grande e di tanto bene spirituale per il suo Clero, io non debbo farmi nessuna facile illusione, ma scrivere ciò che Lui mi detta senza preoccuparmi del risultato, disposta a soffrire e col desiderio di essere sua, in modo da potermi così riempire dei suoi beni». 129 Nella medesima occasione la Fondatrice comprese anche di doversi rivolgere ad un Sacerdote di quella città per fargli redigere una sorta di Statuto finalizzato a regolamentare l’inserimento di questi Sacerdoti nella Congregazione. 130 Conclusasi quest’opera di consulenza in poco più di due mesi, la Madre Speranza ricevette ancora dall’alto l’ordine... «di aggiustare le Costituzioni dei Figli dell’Amore Misericordioso e di aggiungere ad esse tutto ciò che si riferisce al Clero secolare». 131 Ma non le fu chiesto di inserire nel testo l’intero Statuto-Perfetti, ma solamente «i principali punti». 132 Quest’innesto fu concluso dalla Fondatrice per il mese di ottobre del 1954: e proprio a partire da quel periodo si iniziarono a leggere e a commentare le Costituzioni originarie nella Comunità Religiosa di Collevalenza. 133
È evidente pertanto che le norme riguardanti i Diocesani FAM, disseminate nel suddetto testo, non vanno considerate come una regolamentazione completa: esse infatti presentano soltanto gli elementi essenziali della nuova condizione esistenziale di questi Sacerdoti. Da qui la necessità – come si è fatto gradualmente nel corso degli anni – di integrarle negli aspetti mancanti. Come pure è evidente che in queste stesse norme – redatte materialmente da un comune canonista, ma commissionate e recepite personalmente dalla Fondatrice – va ricercato il pensiero di Lei e il nucleo immutabile della sua ispirazione carismatica.
14c. Un genere di vita "more religiosorum"
Ciò che risalta maggiormente in quest’insieme di norme – al di là di specifiche questioni di carattere giuridico di cui si dirà più sotto – è il genere di vita more religiosorum che viene globalmente delineato: cioè, una condizione esistenziale imperniata essenzialmente su una pratica esigente dei tre voti e sulla residenza sotto lo stesso tetto, in modo da rendere una pubblica testimonianza: e tutto ciò senza rinunciare minimamente al servizio verso la propria Chiesa particolare. La predisposizione della normativa riguardante i futuri Diocesani FAM andò di pari passo, nell’azione della Madre Speranza, con la proposta pratica di questa forma di consacrazione ad alcuni Sacerdoti del Clero Fermano. E come Lei stessa annotava nel suo Diario, i frutti non tardarono ad arrivare: «Nella Casa di Fermo fanno i loro voti nella Cappella dei Figli dell’Amore Misericordioso i primi due Sacerdoti del Clero secolare: Don Luigi Leonardi e Don Lucio Marinozzi». 134 Dopo la Professione – salvo il fedele disimpegno degli incarichi ricoperti in Diocesi – seguì per questi due Sacerdoti una piena immissione nella Comunità Religiosa dei FAM, secondo lo stile e gli impegni definiti dal Diritto interno. 135 In tal modo la Congregazione poté disporre fin dalle origini non solo di un programma scritto, ma anche di una sua eloquente traduzione pratica, cosicché tutti potessero intendere più facilmente le vere caratteristiche di questa particolare forma di consacrazione. 136
14d. Un progetto in dissonanza con il Codice
Fin dal suo sorgere è esistita una chiara consapevolezza della particolarità di questo progetto e della sua non perfetta conformità con il Codice di Diritto Canonico. Ne era cosciente innanzitutto Mons. Orlando Perfetti il quale, offrendo delle spiegazioni ad un Sacerdote che lo aveva interpellato sull’argomento, dichiarava: «Con l’approvazione delle Costituzioni dei Figli dell’Amore Misericordioso si avrebbe una modifica alle attuali norme (del Codice), o si imporrebbe un cambiamento alle Costituzioni stesse». 137 E ne era consapevole soprattutto la stessa Madre Speranza la quale, nella già citata lettera al Vescovo Norberto Perini – riferendosi al Prefetto della Sacra Congregazione dei Religiosi – scriveva: «A questo lavoro di così grande importanza per la Chiesa e per il suo Clero sto vedendo... che si vanno a frapporre ostacoli, perché credo che sua Eminenza il Card. (Valerio) Valeri guarda a questa unione del Clero secolare con i Religiosi come ad una novità che... non riesce a comprendere; e dal momento che non sta contemplata nel Codice, difficilmente accetterà». 138
Ma in che cosa consisterebbe questo contrasto con il Codice? Quali norme delle Costituzioni originarie sarebbero di fatto irregolari? Nel dare risposta a questa domanda occorre operare una netta distinzione tra il livello formale della questione e quello sostanziale.
Sul piano meramente formale è irregolare la seguente affermazione: «La Congregazione si compone di Sacerdoti Religiosi, di Sacerdoti del Clero Diocesano con Voti, di Fratelli con titolo di studio e di Fratelli artigiani». 139 Non è possibile infatti essere allo stesso tempo Sacerdote Religioso e Diocesano, emettere cioè la Professione Religiosa Perpetua e conservare l’incardinazione in Diocesi: lo vietavano i can. 115 e 585 del Codice precedente; e lo vieta il can. 268, § 2 del Codice attuale. Né è possibile ipotizzare una doppia incardinazione, perché questo vincolo clericale non può che essere unico, sia a norma del vecchio can. 111, sia a norma del nuovo can. 265. Ma come già si è detto più sopra, 140 queste difficoltà possono essere risolte – almeno in senso concettuale e terminologico – facendo ricorso alla categoria più flessibile di Chierico Consacrato, 141 varata dal nuovo Codice.
Sul piano più propriamente sostanziale invece è irregolare questa norma: «Anche un Sacerdote del Clero secolare con Voti può essere eletto Superiore Generale, Provinciale, Segretario, Economo, Consultore e Superiore locale; vale a dire, potrà disimpegnare qualsiasi incarico nella Congregazione. Però non potrà accettare queste cariche senza la licenza del proprio Vescovo...». 142 Questo articolo delle Costituzioni originarie che postula per i Diocesani FAM l’esercizio dei diritti di voce passiva (e quindi, a maggior ragione, anche quelli di voce attiva) fino ai massimi livelli nella Congregazione, costituisce il vero nodo giuridico, cioè il vero elemento contra legem dell’intero progetto. Ed è su questa norma che occorre accentrare l’attenzione: per comprenderne sempre meglio la logica interna; per determinarne con più precisione le condizioni e gli effetti giuridici; e per migliorarne l’approvazione – fosse pure per gradi – da parte della competente Autorità Ecclesiastica.
14e. Né Istituto Secolare, né Associazione
Molti di coloro che, dagli inizi fino ad oggi, si sono avvicinati a questa problematica hanno creduto che non valesse la pena pretendere per i Diocesani FAM un’approvazione di tipo speciale, ma fosse molto più conveniente ripiegare su una delle configurazioni giuridiche già previste dal Codice. Valga per tutti l’autorevole consiglio del Dicastero Romano, formulato in risposta ad un’ennesima richiesta d’approvazione avanzata dai Superiori dell’Istituto: «Il Congresso non ha approvato la categoria dei "Sacerdoti Secolari con voti", così come è definita nelle Costituzioni e nello Statuto speciale per loro... Si potrebbe fare riferimento – ha osservato – nelle Costituzioni a detti Sacerdoti, ma come "opera propria" dell’Istituto o come Istituto Secolare aggregato all’Istituto (dei FAM). In realtà la struttura di questa categoria di membri differisce assai poco da queste due forme di Istituzioni...». 143
Vediamo dunque perché i Diocesani FAM non possono essere configurati in maniera soddisfacente secondo le suddette forme giuridiche. 144 Strutturati come Istituto Secolare, 145 essi dovrebbero avere Codici normativi propri, Assemblee indipendenti e un’autonoma struttura di Governo, così come avviene a norma del Diritto per tutti gli Istituti di Vita Consacrata. E se pure questo ipotetico Istituto Secolare si aggregasse con l’Istituto Religioso dei FAM, i termini della questione resterebbero del tutto immutati perché l’aggregazione tra Istituti di Vita Consacrata richiede, a norma del can. 580, che non venga assolutamente compromessa «l’autonomia canonica dell’Istituto aggregato». Il difetto quindi sarebbe quello di operare una netta separazione tra Diocesani e Religiosi FAM, contraddicendo così all’esigenza carismatica di perseguire un’unione stretta e polivalente tra gli uni e gli altri.
Strutturati invece come Associazione propria (o Terz’Ordine), 146 i Diocesani FAM rimarrebbero sicuramente molto più legati alla Congregazione, ma non potrebbero ugualmente esercitarvi all’interno nessuno di quei diritti di voce attiva e passiva di cui già si è parlato, perché essi – in qualità di semplici associati (o terziari, o oblati) – dovrebbero sempre restare, a norma del can. 303, «sotto l’alta direzione dell’Istituto» a cui sono uniti: e ciò sia dal punto di vista spirituale che giurisdizionale.147 Il difetto quindi sarebbe quello di lasciarli su di un piano eccessivamente subordinato rispetto ai confratelli e di non poterli corresponsabilizzare in maniera adeguata, contraddicendo anche in questo caso all’esigenza carismatica fondamentale di un’unione da perseguire non solo a livello spirituale e comunitario, ma anche a livello giuridico e apostolico. In questo senso risulta molto chiaro che la vera differenza sostanziale che esiste tra la figura dell’Associazione propria e il ramo dei Diocesani FAM sta tutta nell’ esercizio dei diritti di voce attiva e passiva all’interno dell’Istituto: quanto più questi diritti vengono ridotti, tanto più abbiamo un’Associazione propria; quanto più questi diritti vengono ampliati, tanto più abbiamo un "ramo" della Congregazione.
(Segue)
127 GIOVANNI PAOLO II, Cost. Ap. Sacrae disciplinae leges.
128 Cf CIC, can. 605; cf anche SCRIS-SCV, Mutuae relationes, 12a.
M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Diario autobiografico, 29.2.1952. La identificazione di questo "testo dettato" non è facile: appare più utile ricercare il suo contenuto ispirato nell’insieme dei riferimenti ai Sacerdoti Diocesani FAM, contenuti nelle Costituzioni originarie e nel Libro delle Usanze.130 Si tratta di mons. Orlando Perfetti (1907-1980) il quale ha ricoperto per anni nell’Arcidiocesi di Fermo gli uffici di cancelliere di curia e di difensore del vincolo.
131 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Costituzioni… / 1954, prologo 9.5.1952.
132 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Costituzioni… / 1954, prologo 9.5.1952. Proprio per questo motivo, il suddetto Statuto-Perfetti non è stato conservato e – dunque – non è più reperibile nella sua completezza.
133 Forse questo ritardo fu dovuto anche al fatto che, prima di procedere a tale innesto, lei sottopose l’intero Statuto-Perfetti e le sue Costituzioni dei FAM al parere del Card. Giuseppe Pizzardo, all’epoca Prefetto della Sacra Congregazione dei Seminari e del Santo Uffizio, nonché suo grandissimo estimatore (cf. Diario autobiografico, 14.5.1952).
134 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Diario autobiografico, 8.12.1954. Don Luigi Leonardi (1899-1958) è stato parroco; mons. Lucio Marinozzi (1915-1995) insegnante di seminario, cancelliere di curia e difensore del vincolo.
Essi si inserirono nella Comunità maschile che si era costituita a Fermo fin dall’ottobre del 1954, all’inizio presso lo stesso Collegio Don Ricci e dal febbraio del 1957 presso la Casa del Clero.136 Particolarmente significativa è stata a questo riguardo la quarantennale militanza di mons. Lucio Marinozzi; più breve invece – ma ugualmente preziosa – l’esperienza di don Luigi Leonardi.
137 MONS. ORLANDO PERFETTI, Lettera a un sacerdote della diocesi di Gubbio, 22.11.1956.
M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Lettera al Vesc. Norberto Perini, 24.9.1961.139 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Costituzioni… / 1954, art. 2.
140 Cf capitolo II/9.
141 Vale a dire, Chierico inserito nella Vita Consacrata.
142 M. SPERANZA ALHAMA VALERA, Costituzioni… / 1954, art. 233.
143 CRIS, Lettera al Superiore Generale dei FAM, 4.6.1983.
Le osservazioni fatte in riferimento al Codice del 1983 sono sostanzialmente valide anche per il Codice del 1917.145 Cf CIC, can. 710 ss.
146 Cf CIC, can. 677, § 2; 303.
147 Si pensi, ad esempio, alla neocostituita Associazione Laici Amore Misericordioso (ALAM): nessuno pretende minimamente che questi semplici associati partecipino stabilmente e con diritto di voto ai Capitoli dei FAM, o entrino addirittura a far parte del Governo della Congregazione.
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ultimo aggiornamento
23 febbraio, 2010