2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE
S. Ecc.za Giuseppe Mani, Arcivescovo di Cagliari
«Don Sergio, fino all’ultimo sulla croce della Sla»
È morto don Sergio Pintus, il prete di Cagliari affetto da Sclerosi laterale amiotrofica, che aveva voluto celebrare il Giovedì Santo con tutti i confratelli. L’arcivescovo Mani: in questo Anno Sacerdotale, insieme a tante prove, il Signore ha voluto anche insegnarci come si diventa Eucaristia.
Don Sergio
è morto. C’era una grande serenità nella chiesa di Sinnai intorno alla sua bara. C’era più commozione che dolore. Tutti sapevamo quanto era stato duro conquistarsi quella morte che lo avrebbe introdotto nella gloria. Però anche la morte è un dono che Dio concede a suo piacimento perché dalla Croce non si scende, si risorge. Nessuno può stabilire la data della sua Pasqua: «Non sapevate che doveva soffrire prima di entrare nella gloria?».E soprattutto lo sapeva lui. Cappellano dell’Ospedale principale di Cagliari conosceva bene l’evoluzione che avrebbe avuto la malattia che lo aveva colpito. La Sla (sclerosi laterale amiotrofica) paralizza tutta la persona lasciando le facoltà intellettive intatte in maniera da vivere, in diretta, la propria consumazione. E don Sergio ha accettato, volontariamente, tutte le fasi della sua malattia, pure quelle che il Signore gli ha, poi, risparmiato. Anche il Paradiso può diventare una tentazione per fuggire la Croce. «Mi hanno parlato di peg e di tracheotomia, e mi hanno detto che devo essere io ad accettare. Io penso invece di andare in Paradiso. Qui creo soltanto problemi a tutti. Ma la mia vita è della Chiesa e non posso decidere di me stesso. È il vescovo che deve decidere di me. Mi faccia sapere cosa devo fare».
È stato per me uno dei momenti più impegnativi della mia vita di vescovo. «Sergio, devi rimanere perché dalla Croce si risorge, non si scende. La tua Croce è importante per noi. Il tuo ministero è quello di suscitare amore e nelle tua vita non sei mai riuscito a farlo come ora». L’idea di suscitare amore era quella che lo colpiva di più perché era realmente circondato da tanto affetto e interesse. Non riusciva a capacitarsi come il vescovo ogni giorno andasse a trovarlo per stare con lui. Aveva proprio bisogno di una presenza rassicurante nella fede perché anche sulla Croce non mancano le tentazioni. «Si è offerto perché lo ha voluto».
E avrebbe potuto non volerlo e rifiutare di bere il calice fino in fondo. Invece la mattina del Giovedì Santo ha voluto essere presente alla Messa Crismale, e durante il Canone farsi di nuovo consacrare con l’olio come era avvenuto quarantotto anni prima, quando ricevette la consegna di «conformare la propria vita alla Passione del Signore». Tutti i sacerdoti gli hanno imposto le mani per invocare su di lui la pazienza di Cristo per la salvezza di tutto il popolo.
«Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me». Tutto il presbiterio di Cagliari, quel giorno, ha guardato verso di lui perché era sul Calvario e non c’è altezza più grande di quella della Croce. Tutti i presenti ricordavano di aver avuto qualche rapporto con lui e ci tenevano a salutarlo per l’ultima volta. «La vita è nelle mani di Dio» e non si può programmare niente, nemmeno la malattia, e tanto meno la morte. Sembrava che la Via Crucis dovesse essere ancora molto lunga, invece il Signore lo ha chiamato abbuonandogli molto delle sofferenze previste.
Don Sergio era un santo? Non certamente secondo il comune modo di pensare. Era un bravo prete, zelante, con pregi e limiti, con belle realizzazioni alle spalle ma anche con desideri non realizzati su cui si rideva volentieri fino agli ultimi giorni.
Ma la vita è come la scuola. Durante il corso dell’anno si possono anche prendere insufficienze. Importante è l’esame. Quello finale a cui è stato sottoposto don Sergio era proprio difficile. Affrontare la Sla è sovrumano, tanto è vero che qualcuno ci rinuncia. Don Sergio ha affrontato questo terribile esame e lo ha ampiamente superato. Ha vinto lui. Non ha avuto paura della morte ma l’ha accettata, direi affrontata, con la fede nella Risurrezione. Se è vero che si muore da soli, e che non è possibile condividere la morte, è anche vero che la Chiesa gli è stata vicina aiutandolo a portare la croce.
Lui l’ha portata per la Chiesa e per i preti in quest’Anno Sacerdotale durante il quale il Signore, insieme a tante prove, ha voluto darci anche lui per insegnarci come si diventa Eucaristia.
PINTUS don Sergio
sacerdote diocesano di Cagliari, nato a Gilba il 10/06/1937, ordinato sacerdote il 01/07/1962, con Licenza in Teologia, dal 07/10/2004 Cappellano all’Ospedale "G. Brotzu" (San Michele); Era stato Assistente Diocesano Aspiranti di Azione Cattolica e del Piccolo Clero, Prefetto e Insegnante di Lettere nel Seminario Arcivescovile, poi nel 1966 era diventato viceparroco a San Sperate. Incarico mantenuto per due anni, quando era stato trasferito a a Cagliari come viceparroco a San Lucifero. Dal 1973 al 1986 era stato parroco alla Madonna della Strada, poi a San Pietro Apostolo e quindi a Sanluri a Nostra Signora delle Grazie.Colpito da Sclerosi laterale amiotrofica, si è sentito chiamato dal Signore Gesù ad una partecipazione intima al Suo sacrificio. E’ morto il giorno 8 aprile 2010. La sua fede, la pazienza e la costanza, sono state addittate frequentemente dall’Arcivescovo come esempio nell’anno sacerdotale.
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ultimo aggiornamento
19 maggio, 2010