2009 - 19 giugno - 2010 - ANNO SACERDOTALE
Sua Santità Giovanni XXIII
Aula della Benedizione - Giovedì, 12 marzo 1959
Estratto dal discorso ai presuli e ai sacerdoti riuniti in occasione del primo centenario del transito di san Giovanni Maria Vianney, curato d’Ars(*)
Il sacerdote è innanzitutto e soprattutto uomo di Dio
Tra le universali sollecitudini del Supremo Pontificato, Ci conforta moltissimo lo spettacolo di compatta unità e di meravigliosa armonia, che il Clero diocesano offre al Nostro sguardo. Come fiaccola collocata sul candelabro, come città elevata sul monte, esso è una forza pacifica e generosa, che, con il solo suo esempio, edifica le anime, e fa splendere di luce irraggiante l’opera santificatrice della Chiesa. Alti ideali sostengono, oggi come sempre, i Nostri sacerdoti. Essi nutrono il desiderio di una perfetta vita sacerdotale, che non scenda a compromessi con lo spirito del secolo; essi vogliono rafforzare i vincoli di fraternità, sacerdotale, affinché la vita spirituale e pastorale di ciascuno, superati i termini angusti della solitudine, si sviluppi con raddoppiato fervore e maggiore efficacia; essi si applicano con instancabile sollecitudine alla impostazione e risoluzione dei problemi sempre nuovi dell’apostolato odierno.
Di questo Ci compiaciamo intimamente. Ma d’altra parte non siamo ignari dei pericoli, che l’inimicus homo non cessa di seminare anche fra le opere più sante. Né ci sfugge come un malinteso spirito di conquista, e una smaniosa ricerca di novità possano produrre una perdita pericolosa delle genuine virtù sacerdotali. Vogliamo pertanto affidarvi alcuni ricordi di questa giornata, affinché la considerazione della grandezza e dei doveri del comune Sacerdozio sia incoraggiamento a mantenere saldo e robusto l’impegno di rendere quanto più possibile perfetto il servizio che il Signore vi ha affidato.
1. Il sacerdote è innanzitutto e soprattutto uomo di Dio, «vir Dei»
Così vi pensa e vi giudica il popolo cristiano, così vi vuole il Signore. Cercate dunque di conformare la vostra vita a quei puri pensieri, che tale definizione di per se stessa suscita nel vostro cuore. Dicendo uomo di Dio, si esclude dal sacerdote tutto ciò che non è Dio. Vero sacerdote è colui che, come Abramo, scelto ad essere «parer multarum gentium», ha abbandonato per sempre ogni cosa per seguire la voce divina. Gli è stato detto infatti : «Egredere de terra tua, de cognatione tua, et de domo patris tui et veni in terram, quam monstrabo tibi» [1]. Su questa terra promessa si alza, per il vero sacerdote, la croce. Egli non cerca altro che Cristo, «et hunc crucifixum». Di fatto Iddio eterno ed invisibile si rivela in Gesù; e il sacerdote deve avere gli occhi esercitati nello scoprire il «Mediator Dei et hominum», che indica il Padre. «Tanto tempore vobiscum sum et non cognovistis me?... Qui videt me, videt et Patrem» [2].
La vostra vita sia dunque impregnata del buon profumo di Cristo, nell’amore ardente a Lui, che ci guida al Padre. Questa è la vera base di una vita sacerdotale piena di intima pace, e di irresistibile incanto per le anime. Vi diciamo pertanto: «Amor Christi et amor silentii». Gesù Cristo sia il vostro unico amico e consolatore, nelle veglie davanti al Tabernacolo, o al tavolo di studio, nella cura dei poveri e dei malati, nel ministero della sacra predicazione. Cercate soltanto Lui, considerando le cose umane nella Sua luce, per conquistarle a Lui. Prendete su di voi il suo giogo soave e il suo peso leggero, praticando le virtù proprie di ogni vita consacrata: dedizione al Signore e alle anime, lavoro insonne per la Chiesa, esercizio delle quattordici opere di misericordia, obbedienza pronta e sincera al Vescovo, rispetto pieno di virile tenerezza per le cose sante.
Gesù non si trova nella vita dissipata, anche se si invocassero le più sacrosante ragioni del ministero. Per questo vi abbiamo anche detto: «Amor silentii». Il silenzio è sicura custodia di tutte le virtù, specialmente della castità e della carità; è garanzia di efficace lavoro pastorale.
Siate dunque sempre, e in ogni cosa, veri uomini di Dio, silenziosamente impegnati nella ricerca della perfezione e della carità, «in Christo Iesu Domino Nostro».
2. L’attenzione su due oggetti più preziosi dell’altare: «il Libro e il Calice»
Un altro pensiero a Noi familiare vogliamo comunicarvi, Venerabili Fratelli e diletti figli, che già dichiarammo ai fedeli di Roma e del mondo, il giorno in cui prendemmo possesso della Nostra Cattedrale, l’Arcibasilica Lateranense. Spiegando l’augusta significazione del solenne rito liturgico, richiamavamo l’attenzione su due oggetti più preziosi dell’altare: «il Libro e il Calice». E dicevamo: «Il Vescovo e tutti i sacerdoti in sua collaborazione esprimono il primo carattere della missione pastorale della Chiesa: l’insegnamento della sacra dottrina. Eccovi nel Messale i due Testamenti; eccovi nell’annuncio fatto al popolo il punto principale e più alto del sacerdozio cattolico... E qui che piace innanzitutto affermare il carattere sacro del ministero pastorale: la catechesi robusta, splendente e fascinatrice». Anche oggi, nel ripetervi queste parole, amiamo indicarvi come fonte principale di vera dottrina, e di salutare alimento per la missione pastorale, i Libri santi. Non bastano i compendi e i prontuari di predicazione, e neppure le riviste teologiche anche più complete, se non c’è questo fondamento; e tanto meno basta alla vostra vita intellettuale e interiore la stampa multicolore e sottilmente seduttrice, che turba l’intimo silenzio e il colloquio dell’anima consacrata col suo Dio. Come avverte il Nostro Predecessore S. Gregorio Magno, di cui oggi ricorre la festa liturgica : «Valde namque inter humana verba cor defluit: cumque indubitanter constet quod externis occupationum tumultibus impulsum a semetipso corruat, stadere incessabiliter debet, ut per eruditionis studium resurgat» [3].
Vi raccomandiamo pertanto lo studio assiduo della S. Scrittura, della teologia, delle scienze sacre, alla luce del vivo magistero ecclesiastico, che vi mantenga sempre giovani nello spirito, e vi sottragga al pericolo di dare agli altri un insegnamento impreciso, o nubiloso, o ardito, o monotono. Le anime cercano la parola di Cristo, e il sacerdote deve comunicarla loro nella sua integrità e freschezza.
«Accanto al Libro, ecco il Calice» - dicevamo ancora -. «La parte più misteriosa e sacra della Liturgia Eucaristica si svolge attorno al calice di Gesù, che contiene il suo Sangue prezioso. Gesù è il nostro Salvatore, e noi partecipiamo misticamente al Corpo suo, la Santa Chiesa. La vita cristiana è sacrificio. Nel sacrificio animato dalla carità sta il merito della conformità nostra a ciò che fu lo scopo finale della vita terrena di Gesù». Anche oggi vi esortiamo con paterno affetto a fare dei Sacri Misteri il centro delle vostre giornate. Non si dà perfezione né vero amore di Dio e di Cristo, senza una profonda devozione all’Eucaristia, che è la vita di tutti i fedeli, ma specialmente dei sacerdoti. In essa il Signore dolcemente ci invita con l’esempio a spenderci per le anime, ad amare la rinuncia, ad essere obbedienti com’Egli è stato, fino alla morte ed alla morte di Croce [4].
Il sacerdote che vive del Libro e del Calice conserva intatta la sua vocazione «usque in diem Christi Iesu» [5].
3. L’amore delle anime
Come ultimo ricordo del Nostro incontro vi raccomandiamo un altro grande amore, che deve trasfigurare la vostra vita: l’amore delle anime. Ben sappiamo che questo è il vostro ideale, ma non crediate superflua la Nostra ammonizione. Essa è dettata da una considerazione, che addolora i pastori di anime: come mai, dopo tanti sforzi e sacrifici, dopo innumerevoli seminagioni, il frutto raccolto è spesso tanto scarso? Come mai, pur adoperando tutti i mezzi dell’apostolato, non risorgono i morti figli della Chiesa, così come all’azione del servo del profeta Eliseo, di cui parla l’odierna liturgia quaresimale, il fanciullo rimase inerte?
«Non surrexit puer!». Talvolta non avvengono i miracoli spirituali, perché l’intenzione non è sempre pura; forse perché non si cerca sempre e soltanto il bene delle anime, sacrificando per esse noi stessi; forse perché si confida troppo in mezzi simili a quelli umani, e perciò labili, senza fondarsi sulla preghiera e sul sacrificio totale. Vero amore alle anime vorrà dunque dire lavorio costante alla propria santificazione, con l’uso dei mezzi classici che la Chiesa inculca con particolare insistenza, specialmente nel tempo di Quaresima: «Hoc genus in nullo potest exire, nisi in oratione et ieiunio» [6]: vorrà dire pertanto amore alla preghiera e alla contemplazione, pratica della penitenza: continua ricerca di miglioramento ascetico — senza peraltro usare forme che eccessivamente imbriglino o mortifichino la adulta personalità di ognuno. Nel comunicarvi questi pensieri, un grande esempio si leva al Nostro e vostro sguardo, nella figura radiosa del Santo Parroco di Ars, che ha veramente vissuto, al di fuori di ogni posa e di ogni retorica, gli ideali della vita sacerdotale. Egli fu uomo di Dio: amò l’Altare e le pure fonti della Rivelazione, toccò con la mistica verga della purificazione le anime, e cooperò attivamente alla loro salvezza. É stato detto che «non si conosceranno mai le grazie di conversione, ottenute per le preghiere e soprattutto per la S. Messa del Curato Vianney [7]. E la sua semplice e convinta predicazione scendeva al cuore di tutti, per operarvi prodigi di grazia — mentre un tempo egli era stato giudicato poco fornito di doni intellettuali! Quale prova più convincente che non le umane risorse conquistano le anime, ma solo la virtù di Dio, che opera attraverso i suoi docili strumenti?
Vi esortiamo pertanto ancora a vivere nella perfezione della vostra vocazione; ed elevando al Cielo una fervida preghiera, chiediamo al Signore, per la intercessione della Vergine Maria e del Santo Curato d’Ars, che vi confermi nei vostri santi propositi, e vi conceda i frutti soavi dello Spirito, «caritas, gaudium, pax, patientia, benignitas, bonitas, longanimitas, mansuetudo, fides, modestia, continentia, castitas» [8].
(*) AAS. vol. LI, 1959, pp. 198-202.
[1]Gen. 12, 1.
[2] Io. 14, 9.
[3] Reg. Past., p. II, cap.
XI.[4] Cfr. Phil. 2, 8.
[5] Ib. 1, 6.
[6] Marc. 9, 28.
[7] F. Trochu, Vita, ed. Ital. p. 246.
[8] Gli. 5, 22-23.
|
[Home page | Sommario Rivista]
realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento
18 giugno, 2010