note di storia

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P. Mario Gialletti fam

La orazione in Madre Speranza (1)

 

  1. Ho tentato di confrontarmi su quanto è stato già detto e scritto sulla preghiera nella Madre, su quanto la Madre stessa ha scritto sulla preghiera, soprattutto nelle "Lettere circolari" che nel corso degli anni e delle vicende ritornano tanto spesso sul tema della orazione. Ho tentato, soprattutto, di confrontarmi con le "oraciones de la Madre", quelle che hanno accompagnato la sua vita personale e di fondatrice, convinto che il mistico non parla della orazione;

  • comunica la sua orazione,

  • racconta e narra la sua orazione;

  • ogni parola autentica sulla orazione è autobiografia.

  1. Nel corso dei secoli la spiritualità cristiana ha sempre tentato di definire il mistero della orazione, senza riuscire a conseguirlo soddisfacentemente. L’orazione appartiene alla sfera della grazia e mai si conseguirà di poter rinchiudere dentro una formula esplicativa il contenuto della medesima. Le definizioni saranno sempre un tentativo di avvicinarsi e uno sforzo di approssimazione al mistero.

  2. Che ruolo ha avuto la orazione nella Madre?
    Direi subito: nella Madre la sua persona e il suo insegnamento è una storia lunga e profonda di orazione. Studiare la orazione della Madre non significa tirar fuori una parte del suo essere, ma incontrasi con la totalità del suo essere: una vita totalmente di unione con Dio e per questo maestra di orazione.

  3. Anche la Madre ha tentato di dare un contributo su questo terreno; anche lei ci ha lasciato alcune definizioni che sono frutto della sua esperienza spirituale e che raccolgono molti elementi già presenti nelle definizioni precedenti ma, allo stesso tempo, ripresentano questi elementi in una sintesi peculiare e nuova.

  4. Dice la Madre:
    "La orazione è il desiderio della nostra perfezione" (
    El pan 20, circ 449).
    "Tutti sappiamo che la preghiera è una elevazione dell’anima a Dio; una amorosa aspirazione dell’anima verso il suo Dio; una amorosa conversazione con Lui. È un manifestargli tutte le nostre necessità e le grazie di cui abbiamo bisogno per camminare nella perfezione e per lavorare nell’esercizio della carità, soltanto per la sua gloria. L’espressione "elevazione dell’anima a Dio", credo che ci indichi lo sforzo che nella preghiera si fa per distaccarci dalle creature e da noi stessi e pensare solo a Dio, che sta nel più intimo della nostra anima. E lì, dove l’anima è unita al suo Dio, si stabilisce un soave e intimo colloquio; lì l’anima espone al suo Dio, Padre e Signore, tutte le proprie necessità, che Egli prende in considerazione se sono tutte orientate alla sua maggior gloria". (
    El pan 16, 164-165).
    "La orazione, figlie mie, è una elevazione dell’anima verso il suo Dio, o meglio, una conversazione con Lui, nella quale l’anima non sente altro che una forte ansia di stare da sola con il suo Dio per potergli dire tante cose". (
    El pan 20, circ 450).
    "La orazione è un dialogo amoroso con il proprio Dio" (
    El pan 20, circ 415
    ).
    Sono definizioni esplicative che manifestano una esperienza profonda della orazione, che va molto più in là dei concetti espressi.

  5. La Madre, prima di fondare, veniva da una esperienza di clausura (sette anni a Villena tra le Figlie del Calvario e nove anni a Madrid e Vélez Rubio tra le Clarettiane), dove la giornata era scandita dalle 5/6 ore di coro, che avevano nella Regola il primo posto e che non potevano essere condizionate da nessun’altra attività (ricorda l’episodio del Gesù Bambino che ora si conserva in Santuario; ricorda i problemi della assistenza alle giovani dell’internato, ecc.). Una forte esperienza di vita contemplativa.
    Nel fondare la nuova Congregazione Madre speranza non fa un passo indietro, riducendo le ore di contemplazione, ma passa a una vita attiva-contemplativa fatta di 24 ore. Il tema della preghiera della Madre è il tema nel quale dobbiamo forse ancora riscoprire quale è stata la "novità" che il Signore ci ha voluto offrire per mezzo della Madre. Il motivo ultimo per il quale la Madre si vide nella necessità di lasciare le Clarettiane, fare una scelta sofferta come chiedere la dispensa dai voti, soffrire la conseguente logica incomprensione del suo Istituto e del suo vescovo, ecc... il motivo ultimo - ripeto - fu solo l’esigenza di una nuova forma di contemplazione, diversa da quella già ricca ed esperimentata di un Istituto di vita contemplativa come erano le Clarettiane.
    Quella vita contemplativa appariva alla Madre come:

  •  una cosa staccata dalla vita di azione di tutto il giorno;

  • una forma di preghiera che distingueva il tempo della contemplazione dal tempo della azione;

  • come fossero due realtà diverse o due attività diverse di una stessa persona;

  • come se una persona potesse essere o attiva o contemplativa;

  • o come una scelta che autorizzava a privilegiare una al posto di un’altra.

    La novità della preghiera della Madre si presentava:

  • come una realtà che unificava la persona,

  • che rendeva una persona attiva e contemplativa allo stesso tempo,

  • che rendeva una persona attiva perché contemplativa.

    Il tentativo fatto per quattro anni a Madrid, prima a C/.Toledo e poi a C/. del Pinar, era motivato solo dal tentare di trovare una via di conciliazione tra le esigenze di una vita contemplativa (il coro, le ore di preghiera assoluta che esigevano lasciare qualunque cosa, anche l’assistenza alle bambine accolte in casa...) e i comportamenti di giustizia esigiti da un vero servizio ai poveri: assistenza, educazione, accompagnamento, condivisione, ecc... anche a costo di perdere la "tranquillità" della vita religiosa, gli "orari" della vita religiosa, le "prerogative" della vita religiosa (la casa ben pulita e non sporcata dai poveri, il tempo sacro della preghiera che autorizzava anche a tralasciare gli obblighi della giustizia e della carità come il lasciare sole le bambine, come il chiudersi ai bisogni reali dei poveri (cf. pranzo di Natale, dimissione di alcune ragazze dell’internato, ecc).

    La Madre si è sentita chiamata a ripresentare una vita religiosa che fosse né puramente attiva né puramente contemplativa, ma attiva e contemplativa allo stesso tempo, attiva e contemplativa a tempo pieno, profondamente attiva solo perché profondamente contemplativa.
    Una vita religiosa dove

  • la attività emergesse non come frutto di una particolare sensibilità della persona ai bisogni degli altri,

  • né come frutto di programmazione di servizi,

  • ma come una conseguenza logica della contemplazione che in Dio rende capace la persona di vedere un bisogno e in Dio fa sentire la necessità di impegnarsi a risolvere quel bisogno.

  1. Il tutto come conseguenza di una particolare rivelazione di Dio per la quale Dio si manifesta come Colui che cerca con tutti i mezzi di far felici gli uomini e che vive questo impegno come se Lui non potesse essere felice senza di loro.

  2. Da una contemplazione di Dio e soprattutto da una contemplazione di Gesù nella Sua Passione la Madre vuole scoprire quali sono i sentimenti che hanno mosso Dio nel Suo agire e vuole tentare di imitare e copiare nella sua vita quegli stessi sentimenti.
    Per questo la contemplazione è scuola per conoscere Dio, per conoscere i Suoi desideri, per imitare i Suoi comportamenti e i Suoi sentimenti.

  1. Per questo la preghiera della Madre è:

  1. un dialogo di amore che approfondisce la conoscenza di Dio e di sé.

  2. un dialogo di amore che tende a trasformare la vita dell’uomo e lo spinge a imitare e copiare i sentimenti e i comportamenti di Dio; lo spinge ad amare "come Io vi ho amati...".

  3. un dialogo di amore che si trasforma in una scuola all’amore, che rende capace l’uomo di amare con verità:

  4. un dialogo di amore che si trasforma in una scuola alla misericordia. In Dio la misericordia è esigìta dalla Sua giustizia, non c’è contrapposizione tra giustizia e misericordia: Dio è misericordioso perché è giusto. L’uomo è giusto se è misericordioso; "senza misericordia non c’è futuro per il mondo" - ha detto il Papa ai giovani a Collevalenza il 19 settembre 1993.

  5. un dialogo di amore che si trasforma in una scuola al sacrificio. Dio ha amato l’uomo fino a dare la Sua vita per lui; imitare i sentimenti e i comportamenti di Gesù significa scoprire una vita che si realizza nel modo migliore in misura di quanto - sull’esempio di Gesù - è disposta a dare la vita per la persona che ama; il sacrifico non è solo rinuncia e mortificazione, ma è soprattutto dono.

  6. un dialogo di amore che dà senso alla vita e che rende l’uomo capace di realizzarsi nel modo più completo e perfetto: "siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli...".

  1. Scrive la Madre:

  • "La pietà, figlie mie, soffre oggi una malattia quasi generale; è inconsistente e nel fondo le manca un solido alimento. È tutto così superficiale in alcune anime! Il fascino delle vanità mette in ombra il vero bene e non lascia vedere più in là dell’apparenza seduttrice della superficie. Attente, figlie mie, perché non entri nella Congregazione la vita superficiale; infatti vivendo secondo i sensi, si vive nella esteriorità e non si penetra nell’interiorità dell’anima. Questa possiede delle profondità insondabili, figlie mie. Dio parla nel profondo; ascoltiamo la verità lì dove si lascia sentire e dove si accolgono le idee più alte e sublimi. Andiamo al Signore mediante la pietà interiore.

  • Poche sono le anime che, conoscendo la vita intellettuale per la quale Dio viene a noi, escono incontro a Lui passando per la sua dimora interiore, nell’innocenza del cuore. Quanto poco conosciamo il nostro intimo, figlie mie, e come poco sappiamo entrarci!

  • A volte neppure ci preoccupiamo di penetrarvi e con frequenza abbiamo perfino paura di farlo e ci accontentiamo di uno sguardo superficiale, solo quanto basta per stabilire nell’intimo una conversazione relativa. Ma la purificazione profonda dell’anima, la trasformazione progressiva della vita umana nella vita divina che ci spoglia dell’uomo vecchio per rivestirci del nuovo, tutto questo lavoro nelle profondità dell’anima lo ignoriamo quasi completamente e lasciamo che ogni tipo di miseria invada quelle profondità.

  • Il fatto di ricercare sempre noi stesse è il compendio di tutti i nostri vizi e la causa di tutte le nostre mancanze; è ciò a cui ci accomodiamo molto presto e bene. È così piacevole per noi essere contente di noi stesse... e di Dio! E trovandoci così a nostro agio su questo Tabor, perché non vi possiamo costruire tre tende? Sì, però in esse, figlie mie, non prenderanno dimora né Gesù, né Mosè, né Elia; soltanto l’anima vi dimorerà in compagnia della sua pietà sensibile, di una virtù tiepida, e forse della sensualità e dell’orgoglio.

  • Ignoranza delle profondità. Non è questo il luogo che il Signore ha designato come punto di partenza per le ascensioni del nostro cuore. Le ascensioni del cuore, figlie mie, partono da un punto più profondo, emergono dalla valle delle lacrime, e qui in queste profondità c’è la lotta, c’è il dolore. È necessario svellere dalla radice l’egoismo personale, l’amore di noi stesse che è così vivo e che tanto profondamente è radicato nel nostro cuore. Il lavoro è molto duro e i piaceri molto scarsi, almeno per i sensi. Però in questa lotta ci sono godimenti più veri e completi per il fatto che Dio stesso partecipa a questo lavoro e comunica all’anima la gioia della sua presenza; ciò la rende beata.

  • I sensi però tante volte ignorano queste gioie perché non le vedono né le sentono; vedono soltanto le lacrime e il dolore, il lavoro penoso dell’ascesa e la lotta. Per questo istintivamente temono le profondità dove si realizza questo lavoro. È così facile illudersi quando da una parte si esperimentano senza grandi difficoltà gioie che si credono molto pure e dall’altra si vedono combattimenti che non si stimano necessari! Allora abbondano i pretesti per dare la preferenza alle gioie immediate e facili della superficie e rifiutare il lavoro e la lotta.

  • È molto deprecabile che, per la loro poca conoscenza, alcune religiose si servano delle cose spirituali solo per la soddisfazione dei sensi. La sensualità infatti, bevendo la linfa prima che arrivi allo spirito, in parte lo rovina perché lo lascia secco e vuoto. (cfr. El pan 8, 80-87).

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ultimo aggiornamento 02 settembre, 2010