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Di Matteo Liut |
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San Giovanni Maria Vianney, il patrono dei parroci, è stato il «faro» dell’Anno Sacerdotale.
Nelle riflessioni del papa Benedetto XVI il significato della scelta di un modello per tutti i presbiteri di oggi.
È
possibile diventare sacerdoti santi anche attraverso la «pastorale ordinaria». Anzi, vivere a pieno il proprio mandato nei gesti quotidiani propri del ministero sacerdotale è condizione imprescindibile per portare la ‘rivoluzione di Dio’ in mezzo agli uomini. È questo il messaggio che ancora una volta oggi, nel giorno della sua memoria liturgica, san Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, consegnerà ai preti di tutto il mondo. L’eredità di questo prete francese dell’800, infatti, continua a costituire un patrimonio vivo per la Chiesa del XXI secolo anche grazie alla lunga catechesi con la quale Benedetto XVI ha intessuto l’intero Anno Sacerdotale, indetto tra il 19 giugno 2009 e l’11 giugno 2010 proprio nel 150° dalla morte del Curato d’Ars. Una scelta, quella di porre al centro di questi dodici mesi dedicati ai ministri ordinati la figura di Vianney, che oggi rivela tutta la sua importanza. Dall’opera umile di un sacerdote che si è consumato nella dedizione al proprio ministero, infatti, durante questo Anno i sacerdoti e i fedeli di tutto il mondo hanno potuto attingere nuova speranza, soprattutto davanti alla bufera provocata da scandali e attacchi.Una scelta profetica, dunque, quella di Benedetto XVI, che nella lettera di indizione dell’Anno Sacerdotale firmata il 16 giugno 2009, ha offerto una profonda riflessione attorno al significato della memoria del Curato d’Ars. Da quel testo il Papa avrebbe attinto poi temi e aspetti specifici durante tutto l’anno. Un percorso che il Pontefice ha riassunto durante la Messa di chiusura dell’Anno Sacerdotale, celebrata in piazza San Pietro l’11 giugno scorso: «Dal Curato d’Ars ci siamo lasciati guidare, per comprendere nuovamente la grandezza e la bellezza del ministero sacerdotale – ha notato Ratzinger –. Il sacerdote non è semplicemente il detentore di un ufficio, come quelli di cui ogni società ha bisogno affinché in essa possano essere adempiute certe funzioni. Il sacerdozio non è semplicemente ‘ufficio’, ma sacramento: Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore».
E proprio la consapevolezza della grandezza del sacerdozio, come più volte sottolineato dal Papa, è la vera cifra della figura del Curato d’Ars. San Vianney, scrive il Papa nella lettera d’indizione dell’Anno Sacerdotale, «parlava del sacerdozio come se non riuscisse a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati a una creatura umana: ‘Oh come il prete è grande! Se egli si comprendesse, morirebbe...’». È qui, secondo Benedetto XVI, il senso del «metodo pastorale» del patrono dei parroci e della sua attualità: «Ciò che per prima cosa dobbiamo imparare – esortava ancora il Papa nella lettera dell’anno scorso – è la sua totale identificazione col proprio ministero». Il santo Curato, inoltre, «seppe anche ‘abitare’ attivamente in tutto il territorio della sua parrocchia. Ai suoi parrocchiani insegnava soprattutto con la testimonianza della vita». E la sua prima forma di evangelizzazione era il modo in cui celebrava l’Eucaristia, vero centro della sua azione e «motore» che lo spingeva «dall’altare al confessionale»: «I sacerdoti – scriveva il Papa nella lettera d’indizione – non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli nei riguardi di questo sacramento». Insomma, l’autentica ‘rivoluzione’ di Vianney fu quella di «trasformare il cuore e la vita di tante persone» riuscendo «a far loro percepire l’amore misericordioso del Signore».
Sono stati questi i temi sui quali Ratzinger è tornato durante tutto l’Anno Sacerdotale dedicato al tema «Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote». Nelle due udienze generali del 24 giugno e del 1° luglio 2009, ad esempio, il Pontefice spiegava ancora una volta la scelta di Vianney come «faro» per l’Anno Sacerdotale. Il Curato d’Ars, sottolineava poi ancora il 4 luglio 2009 davanti ai partecipanti al convegno europeo sulla pastorale vocazionale, «è stato un sacerdote che ha dedicato la sua vita alla guida spirituale delle persone, con umiltà e semplicità, "gustando e vedendo" la bontà di Dio nelle situazioni ordinarie». Una chiave di lettura che rende anche oggi il «contadino divenuto sacerdote» una figura di profondo fascino e attualità.
Avvenire 4 agosto 2010-08-04
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ultimo aggiornamento
02 settembre, 2010