RELAZIONE: |
P. Sante PESSOT fam |
«Il valore educativo del perdono»
Delle relazioni e omelie, tenute in Collevalenza nei giorni 5-8 febbraio 2011, in occasione della commemorazione della nascita al cielo di Madre Speranza, sul tema "Dalla misericordia al perdono", in questo numero della Rivista riportiamo la relazione del Padre Sante Pessot FAM su "Il valore educativo del perdono".
I
l Signore ci permette di vivere assieme questo momento per vedere alcuni aspetti che hanno a che fare con il perdono e l’educazione, la pedagogia, il perdono e la crescita di una persona, la crescita umana, spirituale. Difficile tenere assieme tutte queste cose, ma ci proviamo. Innanzitutto vorremmo trarre qualcosa che sia di giovamento per la nostra vita, poi qualcuno di voi fa anche qualche servizio di carattere pastorale, educativo, qualcuno appartiene a qualche gruppo ecclesiale, ci sono molte consorelle e confratelli.È un tema abbastanza impegnativo e sono consapevole che non riuscirò ad esaurirlo.
Innanzitutto vorrei partire con la definizione di perdono. Il verbo perdonare deriva direttamente dal latino "per donare" in cui la particella intensiva "per" indica il compimento, il significato è quindi donare completamente. Ma che cosa viene donato completamente con il perdonare? La rinuncia alla vendetta. Questo è il primo concetto da cui partiamo. Nel momento in cui perdoniamo che cosa doniamo completamente? La rinuncia alla nostra vendetta.
È necessario fare un discorso storico su questo fatto. Nel periodo arcaico della civilizzazione umana, la vendetta era considerata una giustizia, in quanto consentiva di ristabilire una sorta di equilibrio sociale. Un equilibrio che un gesto criminale, una azione scorretta per la legge, aveva rotto e quindi c’era bisogno di ristabilire questo equilibrio. L’equilibrio veniva ristabilito attraverso l’esercizio della vendetta, in genere era sempre appannaggio dei familiari delle vittime, coloro che avevano subito un’offesa, che avevano subito un affronto. Alla lunga, però, questo equilibrio non riusciva a dare stabilità sociale, perché all’interno della società si creava continuamente una catena di odio tra famiglie delle vittime e quelle dei colpevoli e sovente si innescavano delle faide senza fine. Per questo motivo, ad un certo punto, nell’evoluzione sociale, l’esercizio della vendetta viene avocato dalla comunità, cioè la comunità prende la vendetta, sottraendola ai familiari delle vittime e la sua evoluzione storica è quella della giustizia. La vendetta diventa giustizia, ma anche questo non è il passo definitivo, il passo definitivo è che la giustizia, più ampia, più vasta, è quella del perdono. La tappa finale di questo cammino storico della giustizia, in cui la vendetta viene donata e progressivamente trasformata, diventa da un atto di ira distruttrice ad un atto di amore, questo processo definitivo si chiama perdono.
Ovviamente questa trasformazione non può essere un’utopia, una sorta di perdonismo che non renda giustizia alle vittime, ma richiede la creazione di ambiente sociale in cui possa manifestarsi la vera giustizia e in cui la persona sia sostenuta ed aiutata a riconciliarsi. Credo che questo sia il punto fondamentale da cui partiamo per definire il perdono. Ciò che uno rinuncia quindi e dona completamente è la vendetta. Noi lo sperimentiamo, anche nella nostra vita, uno ti fa un’offesa, istintivamente saresti portato a vendicarti, a rispondere con la vendetta, però entra in azione il perdono: tu doni completamente quella che potrebbe essere la tua vendetta ed eserciti il perdono.
Perdonare non significa fare un atto di ipocrisia, cioè facciamo finta di non vedere quello che è successo Il vero perdono non è mai un atto semplice. Non pensate mai nella vostra vita che perdonare sia una cosa che si fa come uno schiocco di dita. "Dai su perdona". No, non è così.
Il perdono necessita di un cammino molto impegnativo. C’è un processo, un cammino per poter compiutamente perdonare una persona, un cammino non facile, un cammino arduo. Il perdono è sempre un processo, un cammino che la persona che ha offeso, la persona che è stata offesa e la comunità, in cui avviene tutto questo, devono fare. Tutto questo all’interno di una dimensione di verità, cioè non presumiamo mai nella vita che il perdono si possa fare senza mettere la persona nella verità.
Perdonare, cioè, non significa fare un atto di ipocrisia, cioè facciamo finta di non vedere quello che è successo.
Il concetto fondamentale nel perdono, io sto parlando dal punto di vista umano e quindi anche cristiano, sta nel riconoscere i propri errori e i propri sbagli, nel dire "ho sbagliato", nel mettere la persona nella verità, quindi quando qualche volta si sente in giro "…ma sì, in fondo l’ho perdonato", ma non hai fatto un cammino con quella persona, non hai cercato di mettere quella persona nella verità, di avere un dialogo con lei, di dire "hai sbagliato, confrontiamoci, parliamo" se non si fa questo cammino non si arriva ad un perdono compiuto.
Dovete sempre apprezzare, quando c’è qualcuno che vi mette nella verità, perché lì comincia il tuo cammino di perdono, il tuo incontro con il Signore e con la sua misericordia. Porto un esempio, ricordate l’episodio della Samaritana? Gesù che incontra la Samaritana al pozzo, c’è tutto un dialogo: ma dov’è il passaggio determinante di quell’incontro? Dov’è che quella donna comincia a capire che è perdonata da qualcuno? Quando Gesù le dice "Va a chiamare tuo marito". Che cosa significa quella domanda? Significa che la donna, in quel momento, viene messa nella verità. Mettiti in una piattaforma di verità e a quel punto può cominciare il tuo perdono.
Diventa fondamentale capire che: Dio è misericordioso sempre con te, Dio ti perdona sempre comunque, Madre Speranza ce lo dice continuamente: Dio perdona tutti, però perché tu possa accogliere fino in fondo questa misericordia ti devi mettere in una piattaforma di verità, ti devi mettere in un atteggiamento di verità, se non fai questo nella tua vita, non potrai mai sperimentare compiutamente il perdono.
Perdonare non è dimenticare e, dimenticare non è perdonare Quindi capite che è fondamentale vivere il perdono all’interno di questo processo, di questo cammino, è fondamentale che ci sia anche un ambiente che stimoli la verità, che stimoli la giustizia, che stimoli ad assumere la responsabilità dei gesti che uno ha compiuto in maniera sbagliata, che stimoli il pentimento, che stimoli una richiesta di perdono.
Ora vorrei chiarire che cosa non è il perdono, perché questo ci possa aiutare nella nostra riflessione. Innanzitutto il perdono non è quella sorta di colpo di spugna, o questo voltare pagina, come noi spesso diciamo. Non è dimenticare. Una delle confusioni più frequenti, è quella di identificare il perdono con il dimenticare. Non è dimenticare e, dimenticare non è perdonare. Se il perdono permette all’offensore di ritrovare la sua dignità, questo non avviene mai a spese della memoria. Quando si perdona non si dimentica il male che qualcuno ha commesso, come se dimenticare fosse una parte integrante del perdono. Non si può perdonare qualcosa che si è dimenticato. Abbiamo bisogno di perdonare, proprio perché non abbiamo dimenticato il male subito. Il ricordo è il magazzino della sofferenza, è il motivo principale per cui abbiamo bisogno di essere guariti. Poi può succedere che, una volta che hai perdonato, in cuor tuo riesci anche a dimenticare, ma è una conseguenza del perdono.
Perdonare non è scusare. Scusare è inteso come un passare sopra. Dopo che vi è stata un’offesa il primo passo è riprendere la comunicazione con la persona che ti ha offeso, e ha volte si dice: "Ma sì, passiamo sopra". La moglie che è stata ingiuriata ha deciso di non dire la sua al marito, di non dire come si sente a causa dei suoi insulti, perché perdona il marito. Non è questo l’atteggiamento, normalmente, più corretto, non è questo il perdono.
Il perdono è un rapporto personale con l’altro, il perdono è un dono gratuito Perdonare non è scusare inteso come comprendere. "Ma si, bisogna tentare di mettersi al posto di chi ci ha offeso, per poter perdonare!". Comprendere le ragioni e magari dire alla persona che ti ha offeso, in fondo l’hai perdonato. Questo permette di scusare ma non di accordare il perdono, perché altrimenti sarebbe solo una questione di ragionamento. Io cerco di scusare la persona, di capirla "… in fondo ha fatto in suoi errori… cerchiamo di capirla!". La scusa intellettuale, quella che nasce dal ragionamento non porta con sé i tre caratteri fondamentali del perdono. Infatti il perdono è un avvenimento, il perdono è un rapporto personale con l’altro, il perdono è un dono gratuito. Se io mi metto a ragionare, e dico alla persona che mi ha offeso solamente: "ma sì, io ti perdono, in fondo ho capito, sto capendo", in cuor tuo ti fai tutta una serie di ragionamenti ma non entra in azione la persona che ti ha offeso, perché viene esclusa, non entra in azione un fatto concreto perché tu vai da lui e gli dici "Io ti perdono", inoltre non doni niente gratuitamente, fai solo un ragionamento che giustifica la persona.
Perdonare non significa tollerare. Ogni volta che un gruppo di persone cerca di vivere o lavorare insieme deve stabilire ciò che è disposto a tollerare all’interno di quel gruppo. Ieri sera a scuola, ho fatto un incontro con una classe di ragazzi, con i professori, ed abbiamo stabilito delle regole insieme, abbiamo stabilito che cosa una classe, un gruppo può tollerare e che cosa non si può tollerare. Se in un gruppo si tollera tutto, che cosa succede? Che il gruppo muore. Se in una Comunità o in una famiglia si tollera tutto, perché dietro quel tollerare si intende dire che comunque bisogna perdonare! Se si fa questo alla fine il gruppo finisce, la Comunità finisce.
Ogni gruppo, ogni famiglia deve sapere che cosa è disposta a tollerare e che cosa invece è chiamata a perdonare, che sono due cose profondamente diverse. Bisogna ricordare che non si devono tollerare le azioni di una persona solo perché la si perdona: il perdono guarisce, tollerare a lungo andare danneggia tutti.
Quindi capite, fratelli e sorelle, che il perdono è qualcosa di estremamente impegnativo. Poi si può discutere chi si perdona, che cosa si perdona, come si perdona, ma il concetto fondamentale è che il perdono è un donare in maniera gratuita quella che poteva essere la nostra vendetta e non lo si fa per scusare, non lo si fa per tollerare, non lo si fa per passere sopra, per fare finta che non sia successo niente, cioè dimenticare.
La Croce è la manifestazione più chiara del perdono A questo punto ci chiediamo: qual è il motivo per cui si può perdonare una persona?
Fratelli e sorelle, il perdono non è una cosa ragionevole, non è ragionevole perdonare. Quando uno perdona una persona non è che fa un atto di intelligenza, anzi a volte è del tutto irragionevole perdonare, allora dove baso io il mio perdono? In base a che cosa posso perdonare un’altra persona?
Il cristiano, e noi facciamo un discorso cristiano, si aggrappa a una rivelazione. Quello che vi sto dicendo ora non lo trovate scritto in nessun libro di pedagogia, in nessun libro di psicologia, perché se tu viaggi solamente a livello umano ed intellettuale, non arrivi a dare una motivazione del genere, al massimo puoi dire che siccome nella mia vita, nel passato, qualcuno mi ha perdonato, allora anch’io, oggi, posso perdonare, ma è un perdono abbastanza limitato.
Noi diciamo una cosa più grande, più importante. Noi diciamo che possiamo perdonare perché Dio ci ha perdonato. Questo è il concetto fondamentale. Questa è la motivazione fondamentale per cui io posso arrivare a donare il perdono a una persona. Non sforzatevi di cercare dietro a tanti ragionamenti il motivo per cui io devo dare il perdono ad un’altra persona.
Ora la rivelazione di Gesù Cristo, è una rivelazione che ha a che fare con la misericordia.
Noi siamo qui, nel Santuario dell’Amore Misericordioso, dove tutte le immagini, tutte le parole, tutto quello che ci ha lasciato Madre Speranza ci parla della misericordia di Dio. Quando la Madre per la prima volta riceve questo annuncio della misericordia di Dio, che dice: "Dio si è rivelato come un Padre buono che dimentica, perdona e non tiene in conto", provò grande stupore.
Fratelli e sorelle, questo è il punto centrale che regola poi i nostri rapporti. Veramente questo è il punto centrale che regola la vita di ogni uomo, perché nella misura in cui, tu, ti sei sentito in qualche modo perdonato, amato da Dio, hai la forza di perdonare gli altri.
Di tutti i brani del Vangelo di cui si può parlare, vorrei fermarmi ancora una volta su quello che personalmente resta il punto centrale della rivelazione dell’Amore Misericordioso qui a Collevalenza, l’immagine del Crocifisso che perdona.
Quando sta per morire in croce, Gesù pronuncia due parole molto importanti dice: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" e poi dice a uno dei due ladri crocifissi con Lui: "Oggi sarai con me in Paradiso".
La Croce è la manifestazione più chiara del perdono, ci vuole comunicare nel profondo del nostro cuore che Dio è il Dio che perdona, e che non esiste peccato che non possa e non voglia perdonare. Nel momento in cui noi siamo chiamati a donare perdono, ci dobbiamo ricordare questo: che non esiste peccato, che non esiste offesa a cui non si possa dare perdono, perché dopo Gesù Cristo qualsiasi offesa, qualsiasi peccato pur quanto grande possa essere può sempre ricevere il perdono.
Non disperate mai nella vostra vita, che non ci possa essere un cammino di perdono, anche per quanto grande possa essere il peccato.
... non esiste peccato, per quanto grande sia che non possa ricevere il perdono Non pensate mai che non ci sia tradimento all’interno della vita famigliare che non possa innescare, poi, un cammino, di perdono.
Non pensate mai in un gruppo, in una Comunità, che non ci possa essere, in qualche modo, un cammino di riconciliazione, di perdono, perché se pensassimo questo, pensiamo che il perdono sia opera nostra, invece il processo del perdono è un’opera che viene da Dio e Dio ci ha dimostrato che non c’è peccato che Lui non possa perdonare. Morendo in croce se ha detto queste due ultime parole ha voluto dire a ciascuno di noi che non esiste peccato, per quanto grande sia che non possa ricevere il perdono.
Il ladro che stava morendo in croce, che ha avuto il coraggio, in quel momento, di mettersi nella verità, dicendo al Signore "noi abbiamo sbagliato, ho peccato", che ha avuto il coraggio, dopo essersi messo nella verità, di dire al Signore "ricordati di me quando entrerai nel Tuo Regno", quel ladro è stato perdonato. Questo ci dice che non c’è nessun peccato, nessuna offesa a cui Dio non possa perdonare. Non c’è nessun peccato e nessun offesa che con l’aiuto di Dio noi non possiamo perdonare.
Per questo il messaggio più alto e l’impegno più alto che il Signore ci da nel Vangelo è quello dell’amore ai nemici. "Ma io vi dico amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori".
Ora, fratelli e sorelle, noi facciamo esperienza, ad un certo punto della nostra vita, che c’è qualcuno che ci diventa nemico. Quella persona a cui tu tanto volevi bene, ad un certo punto ti diventa nemico, tua moglie, tuo marito con cui hai costruito una vita, ad un certo punto ti diventa nemico, perché magari ti tradisce. Quel tuo confratello, o quella tua consorella con cui hai camminato per molto tempo nella tua vita religiosa, ad un certo punto ti diventa nemico. Proprio lì il Signore ti chiama e ti invita ad amare i nemici.
Quel tuo collega di lavoro con il quale eri sempre andato molto d’accordo, ad un certo punto ti diventa nemico, e la prima cosa che devi dire davanti a questo è che non c’è nessuna persona, per quanto nemica possa essere, a cui io non possa amare, a cui io non possa donare perdono, perché quell’atto di perdono non è un atto mio ma è un atto che viene dal Signore.
Ora, in questo momento, bisogna chiedersi come si può arrivare ad amare i propri nemici. Come si può arrivare al punto di pregare per i nostri persecutori? Come possiamo essere misericordiosi come misericordioso è il Padre nostro, che morendo in croce perdona chi lo sta uccidendo?
Il processo del perdono viene espresso nel Padre nostro. Noi, nel Padre nostro, ad un certo punto che cosa diciamo? Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Solo Dio ha la forza di guarire il tuo passato e non farlo diventare un mostro Matteo quando racconta dell’episodio del Padre nostro alla fine specifica "se voi perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi, ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro celeste perdonerà le vostre colpe". Nella Lettera ai Colossesi, Paolo dice: "Anche voi dovete perdonare, come il Signore vi ha perdonato".
Ogni perdono come ogni amore di cui il perdono è una forma particolare, ha un’origine fondamentale, nasce da Dio. Questo è il concetto fondamentale. Se Dio mi perdona significa, prima di tutto, che io posso perdonare me stesso, e gli errori che ho commesso, cioè mi posso riconciliare con me stesso.
Noi tante volte, fratelli e sorelle, viviamo lancinati da sensi di colpa, veniamo lancinati da preoccupazioni interiori, non ci accettiamo per quello che siamo, per gli errori che abbiamo commesso nella vita, siamo sempre a rivangare il nostro passato ed andare a rivedere le cose che non sono andate bene, non accettiamo la nostra storia. Trovi un figlio che non è come tu vorresti e cominci a farti miliardi di sensi di colpa, e dire che hai sbagliato, e non trovi mai una riconciliazione con te stesso. Poi, improvvisamente, quando cominci a fare questo, capisci che nei tuoi sensi di colpa non ti accetti, stai male, a volte ti deprimi e la nostra prima soluzione è di andare da uno psicologo che ci possa aiutare in questo. E sapete che cosa fa lo psicologo normalmente, lo psicologo va nel tuo passato, ci lavora un po’, mette alla luce quelli che sono i tuoi limiti e poi ti lascia lì, il più delle volte, non ti aiuta a superare questo fatto, rende il tuo passato come una cosa gigantesca, ma non ti dà la forza di uscirne. La forza di uscirne, non è una forza che viene dai ragionamenti, ma da Dio. Solo Dio ha la forza di guarire il tuo passato e non farlo diventare un mostro, solo Dio ha la forza di guarire le tue colpe, questo è un atto sacramentale. È un atto che viene dal perdono che solo Dio ti può dare compiutamente.
Allora il primo passaggio in un cammino di perdono è che Dio perdona l’uomo, Dio mi perdona. Se Dio mi perdona, io posso perdonare me stesso, posso riconciliarmi con la mia storia, posso riconciliarmi con il mio passato, posso guardare il mio passato, e vedere in esso non solamente una serie di errori, ma il segno della misericordia di Dio. Il passato, gli errori che hai commesso non sono solamente il luogo del peccato ma sono il luogo della misericordia, il luogo del perdono, il luogo in cui Dio nella tua vita ti ha perdonato.
Nella misura in cui io perdono gli altri, posso ricevere, ancora una volta il perdono di Dio Riuscite a capire che senso di liberazione può nascere già da questo? Se non si comprende, noi passiamo tutta la nostra vita a guardare a tutte le colpe che abbiamo commesso, noi non troviamo mai pace. Se Dio ti perdona, tu, ti puoi riconciliare con te stesso, con il tuo passato. A quel punto puoi dare perdono anche agli altri. Quindi, Dio perdona l’uomo, perdona ciascuno di noi e noi possiamo perdonare noi stessi, possiamo accettarci per quello che siamo, possiamo accettare la nostra storia, riconciliarci con il nostro passato e se ci siamo riconciliati con noi stessi possiamo perdonare anche gli altri. Se non diamo questo perdono agli altri, dice il Signore, non potremo ricevere fino in fondo il Suo perdono.
Entriamo in una logica che è circolare: Dio perdona me, io perdono me stesso, io posso perdonare gli altri e se perdono gli altri Dio continua a donarmi il Suo perdono. Nella misura in cui io perdono gli altri, posso ricevere, ancora una volta il perdono di Dio.
È quello che viene riassunto nella preghiera del Padre nostro «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori».
Non significa, fratelli e sorelle, che Dio non ci perdona se noi non perdoniamo agli altri, Dio perdona sempre, questo è un concetto fondamentale che esprime Madre Speranza, ma perché tu possa ricevere il perdono di Dio completamente, perché tu lo possa assaporare totalmente, devi imparare a perdonare i fratelli, allora, a quel punto chiudi il processo del perdono.
Molte volte succede che noi riceviamo il perdono di Dio ma poi quando è il momento di perdonare i fratelli non lo facciamo, e, quel perdono di Dio che abbiamo ricevuto in qualche modo non si compie, rimane incompleto, è una grazia che non arriva fino in fondo nella nostra vita, si blocca. Tante volte non riusciamo a perdonare gli altri, perché non ci siamo perdonati, perché non ci siamo riconciliati con noi stessi, con la nostra storia, con il nostro passato, continuiamo a farci del male, senza avere il coraggio, guardando a Dio, di riconciliarci con noi stessi e quindi con i fratelli.
Quali sono i passaggi di questo processo in cui noi perdoniamo gli altri?
La domanda la pongo in maniera più chiara.
A volte mi chiedono: "Come faccio, Padre, a perdonare qualcuno che mi ha offeso? Quali sono i passaggi da fare?"
"Come faccio a perdonare mia moglie?" mi diceva, questa mattina questa persona che mi telefonava. "Come faccio? So che mi sta offendendo".
"Come faccio a perdonare il mio confratello, la mia consorella, il mio compagno di lavoro quando mi diventa nemico? Quali sono i passaggi da fare?
Io ve ne dico alcuni, quelli che penso fondamentali.
Quando uno ti offende la prima cosa che devi fare è pregare per lui Il primo concetto da cui dobbiamo partire è che non esiste offesa che non si possa perdonare, non esiste persona a cui non si possa donare il perdono. Questo vi deve essere molto chiaro perché ci sono dei momenti in cui pensiamo: "Perdono tutto, ma questo non lo perdono proprio!"; oppure, in maniera più raffinata diciamo: "Io l’ho perdonato ma, che non si presenti mai più davanti a me!". Questo modo è più raffinato per dire che, in realtà non lo abbiamo perdonato. Oppure: "Io lo perdono, ma se lo trovo per strada faccio finta di non vederlo".
Questo succede a tutti, mi raccontavano certi preti che al momento della pace, quando concelebravano, cercavano di non mettersi vicini per non scambiarsi il gesto della pace sull’altare. Il perdono è veramente difficile.
Quante volte noi diciamo: "Passo su tutto, ma su questo non passo!".
Non esiste cosa a cui non si possa donare il perdono, non esiste fatto che in qualche modo non si possa perdonare.
I passaggi potrebbero essere questi:
Quando uno ti offende la prima cosa che devi fare è pregare per lui, perché è il primo elemento fondamentale in un processo del perdono. Pregare per il tuo nemico. Quando ti alzi al mattino ti dovresti chiedere chi sono i miei nemici. Se pensate bene tutti noi ne abbiamo qualcuno.
Il secondo elemento del perdono è avere il coraggio, in qualche modo, di portare il peso di quell’offesa. Perché il perdono, come abbiamo detto all’inizio, non è uno schiocco di dita, ma significa anche portare il peso di questa offesa. Noi normalmente non abbiamo il coraggio di portare il peso, quando uno ci ha offeso cominciamo a spargere per il mondo questa grande notizia, così che il mondo sappia chi mi ha offeso. Avere il coraggio di portare il peso.
Il terzo elemento è privilegiare nella cortesia. Se io devo fare una cortesia ad una persona, indovinate a chi bisognerebbe proprio farla? A chi ci è nemico, privilegiare nella cortesia proprio la persona che ci ha offeso. In buona parte dei casi qui si risolve il perdono, in virtù del fatto che Dio mi ha perdonato, io privilegio in cortesia chi mi ha offeso.
Quarto passo è quello di parlare, confrontarsi assieme, avere il coraggio di parlare, perché parlare significa mettersi nella verità, mettere la persona nella verità, ed essere disponibili ad accogliere questa verità.
Se non si risolve ancora il perdono chiedi la supervisione di una terza persona.
"Tu che ne pensi di questa cosa?". Quando non riusciamo ad uscire da una situazione intricata creatasi tra noi e la persona che ci ha offeso, o che noi abbiamo offeso, allora abbiamo il coraggio di andare da una terza persona per chiedere il suo parere.Se ancora non si riesce, dillo alla Chiesa, dillo all’Autorità, dice la Scrittura.
Se ancora non riesci a trovare il perdono distingui, settimo passo, il comportamento. Se lui mi ha offeso, io non offendo lui, per vendetta, non voglio fare questo. Se lui mi ha fatto del male, io non voglio ripagare con lo stesso male. Distinguo il comportamento, anche se non riesco a fare il bene, però non voglio vendicarmi.
Ultimo ed ottavo passaggio ritorna di nuovo nella preghiera.
Se ancora non riesci a perdonare, se ancora non riesci a donare riparti dall’inizio e ritorna ancora una volta nella preghiera.
Vorrei concludere sottolineando alcuni luoghi in cui si può vivere il perdono.
Innanzitutto ogni cammino spirituale nasce da un’esperienza del perdono cioè da un Dio che mi perdona, nonostante i miei errori. È importante nel cammino spirituale, nel cammino cristiano avere il coraggio di ritornare su questo perdono. Una persona che ha fatto una volta nella sua vita l’esperienza di essere stata perdonata, ma poi non torna continuamente a Dio a chiedere ancora quel perdono, a mettersi ancora davanti al Signore riconoscendo i propri peccati e chiedendo ancora una volta il perdono, vive un perdono a metà, vive un perdono che non è compiuto fino in fondo.
Se ancora non riesci a perdonare, ritorna ancora una volta nella preghiera Far memoria del perdono è ricordare la bontà di Dio nella nostra vita. Io faccio sempre un esercizio, con chi, ogni tanto, mi chiede: "ma il Signore di me che cosa pensa, mi aiuti un po’.". Dico sempre: "Prima di iniziare mi devi dire non meno di dieci fatti nella tua vita in cui Dio è apparso nella Sua misericordia, in cui Dio ti ha fatto vedere con verità che Lui è misericordioso con te e che tu sei degno di misericordia e di perdono". Noi facciamo fatica a vedere questa cosa, la maggior parte delle volte, noi abbiamo grosse difficoltà a scoprire, nella nostra vita, quanto Dio ci vuole bene. Siamo più propensi a vedere i limiti che noi abbiamo più che la bontà di Dio nella nostra esistenza. Facciamo fatica a scoprire dei passaggi fondamentali, dei fatti fondamentali in cui Dio ci ha voluto bene e ci ha perdonato. Concretamente ogni momento di direzione spirituale deve essere un occasione per scoprire la misericordia di Dio nella nostra vita.
Altro luogo può essere un gruppo o una Comunità. Ogni volta che dentro un gruppo qualcuno viene offeso o che ci sono dei litigi, la prima cosa che pensiamo è sempre "chissà come riusciremo ad andare avanti!". Perché non pensare, invece, che all’interno di un gruppo, di una classe, di una Comunità religiosa, nell’offesa ci possa essere un cammino e un processo di perdono che fa crescere tutta la Comunità. Può essere un’occasione, una presa di coscienza per la Comunità per poter crescere, per poter entrare non più in una logica "dello stiamo assieme perché ci vogliamo bene" ma, stiamo assieme perché Dio ci ama, stiamo assieme perché riscopriamo continuamente nella nostra vita un cammino di perdono. Lo dico perché noi, la maggior parte delle volte, quando abbiamo un momento di difficoltà all’interno di un gruppo, di una classe, non inneschiamo mai un processo di perdono, ma a volte facciamo finta di non vedere, cerchiamo di tirare avanti fino a chiusura dell’anno scolastico, sperando che l’estate aiuti a far dimenticare e al rientro a settembre tutto sia risolto.
Con la Madre era bello perché ti rimproverava, ma quando si accorgeva che aveva sbagliato ti chiedeva perdono No, il tempo non riesce a far dimenticare nulla, il processo di perdono che uno è chiamato a dare, ad innescare e a vivere lo deve percorrere nella sua vita, anche all’interno di un gruppo. Quando succede realmente un problema, in quel momento Dio ti sta chiamando a guidare in un processo di perdono tutto il gruppo, perché si rafforzi nella fede, nei rapporti. In effetti, perdonare all’interno di un gruppo significa in qualche modo cercare di comprendere ciò che è successo, cercare di affidarsi al Signore, cercare di far uscire la dimensione della fede all’interno di quel gruppo, cercare di uscire da un atteggiamento troppo rigido che può vivere quella comunità. Ricordatevi che quando Dio chiede ad una Comunità un processo di perdono, in quel momento credo che il Signore stia chiedendo a quella Comunità un camino di conversione, e non farlo significa perdere una delle più belle occasioni che Dio ci può dare nella vita, nella vita di quella Comunità per poter crescere.
L’autorità deve essere un esempio di perdono. L’autorità a volte è anche l’insegnate, l’autorità è chi stato messo per servizio, per elezione a presiedere un qualche gruppo, l’autorità a volte è l’animatore di un gruppo. L’autorità è chiamata a vivere in prima persona il perdono, se un’autorità non sa perdonare, non sa mettere nella verità chi il Signore gli ha affidato, non fa un buon servizio di autorità. I miei confratelli e le mie consorelle che hanno vissuto insieme a Madre Speranza dicono che la Madre chiedesse spesso perdono e che lo donava pure. "Con la Madre era bello perché ti rimproverava, ma quando si accorgeva che aveva sbagliato ti chiedeva perdono, e le situazioni non andavano tanto per le lunghe, non ci stavano irrigidimenti, non c’erano sensi di vendetta che a volte accompagnano l’esercizio dell’autorità".
Quando l’autorità, il capo, l’animatore viene offeso deve, per primo, avere il coraggio di superare le sue paure, i suoi meccanismi di difesa, che in genere lo invitano a reagire con aggressività o con fuga e avere il coraggio di iniziare un processo di perdono.
Chi ha la responsabilità di un gruppo, di una comunità pensi, già tornando a casa, un gesto di riconciliazione Da ultimo, direi che il perdono, specialmente se vissuto dentro un gruppo, ha bisogno ogni tanto di qualche gesto concreto, di qualche rito. Bisogna in qualche modo ritualizzare la riconciliazione, cioè ritualizzare il perdono. In una comunità, una volta ogni tanto bisogna fare un rito che ci ricordi e ci spinga al perdono. Nella Chiesa lo si fa una volta ogni 25 anni e si chiama Giubileo.
Ma io so di famiglie che quando marito e moglie hanno bisogno di riconciliarsi fanno dei gesti che mi sembrano veramente innovativi e belli: accendono la candela che hanno ricevuta il giorno del loro matrimonio e suggellano quella loro riconciliazione proprio con questo gesto molto semplice. So di Comunità e di gruppi che almeno una volta l’anno fanno il gesto di lavarsi i piedi gli uni gli altri, magari in occasione dell’Ultima Cena del Giovedì Santo. Questo gesto lo faceva anche Madre Speranza con le sue suore.
Perché nei nostri gruppi, nelle nostre Comunità, non decidiamo almeno una volta l’anno di vivere il Sacramento della Riconciliazione assieme, come gruppo.
Spero che questo nostro stare assieme, questo incontro ci spinga tornando a casa a mettere in atto qualcosa di quanto è stato detto, di questi passaggi di cui vi ho parlato.
Chi ha la responsabilità di un gruppo, di una comunità pensi, già tornando a casa, un gesto di riconciliazione, di perdono da poter fare all’interno del suo gruppo, o all’interno della sua comunità. Se in cuor tuo sai che hai qualche nemico che devi perdonare, perché questa esperienza di Collevalenza sia veramente compiuta, Dio ti rimanda a casa perché tu vada a risolvere con l’aiuto del Signore e con la forza che viene da Lui, quell’atteggiamento di non perdono, perché tu possa vivere fino in fondo la misericordia che Dio ti ha donato in questi giorni.
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ultimo aggiornamento
06 maggio, 2011