Festa del Santuario Card. Salvatore De Giorgi
L’Amore Misericordioso di Dio è il cuore del Vangelo
Festa del Santuario dell’Amore Misericordioso
Omelia del Card. Salvatore De Giorgi,
Arcivescovo emerito di Palermo
Messa del 25 settembre 2011
Rev.ma Madre Speranza,Superiora Generale,
Rev.mo P.Aurelio, Superiore Generale,
Ancelle e Figli dell’Amore Misericordioso,
Venerati Confratelli nel Sacerdozio,
Distinte Autorità Civili e Militari
Carissimi Fratelli e Sorelle amati dal Signore.
1 - Nella preghiera colletta al Padre di infinito amore, che a tutti gli uomini ha manifestato nel Cristo il mistero ineffabile della sua misericordia, abbiamo chiesto di concedere a quanti confidiamo nel suo Amore Misericordioso la grazia di realizzare la nuova legge della carità conformandoci all’immagine del suo Figlio.
È questo il messaggio che giunge ad ogni parte del mondo da questa grandiosa Basilica-Santuario, dedicata all’Amore Misericordioso: il messaggio vivo e sempre attuale della Venerabile Madre Speranza di Gesù, Fondatrice della Famiglia dell’Amore Misericordioso, all’insegna del motto "Tutto per amore".
Un’unica famiglia, quella voluta per superna ispirazione da Madre Speranza, anche se costituita da due Congregazioni unite come " una pigna" sotto lo stesso Titolare e con la stessa missione di carità senza limiti, come lei amava precisare.
Se la Congregazione femminile delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, composta di due rami, è stata fondata a Madrid nel 1930 col compito specifico di annunziare l’Amore e la Misericordia del Signore soprattutto con la testimonianza della carità operosa, quella maschile, dei Figli dell’Amore Misericordioso, composta di quattro rami, fondata a Roma nel 1951, ha il medesimo intento, ma con una priorità meravigliosa:"l’unione del Clero diocesano con quello religioso", senza trascurare, ma coinvolgendolo, il laicato.
Ho accolto ben volentieri l’invito di P. Alberto a celebrare l’Eucaristia nella festa del Santuario, per ringraziare con voi il Signore per il dono fatto alla Chiesa e al mondo ispirando a Madre Speranza questa perla della vita consacrata. E mentre mi sento onorato di avere la stessa età della Congregazione delle Ancelle (sono nato anch’io nel 1930), mi unisco con gioia alla Congregazione dei Figli, che quest’anno festeggia il sessantesimo suo compleanno, reso ancora più significativo dal trentennale del Pellegrinaggio del Beato Giovanni Paolo II, che il 22 novembre 1981 volle compiere dopo il terribile attentato del maggio precedente, in rendimento di grazie e nel primo anniversario della Enciclica "Dives in Misericordia".
2 – Sorelle e fratelli carissimi, amati dal Signore, l’Amore MIsericordioso di Dio, che tutti siamo chiamati ad annunziare e testimoniare, è il cuore del Vangelo.
Lo ha rivelato Gesù stesso portando a compimento la progressiva rivelazione della paternità amorosa di Dio, iniziata nell’Antico Testamento.
Anche gli Ebrei chiamavano Dio con l’appellativo di Padre. Ma questo era inteso solo in senso metaforico e allegorico. Si intendeva mettere in risalto l’azione creatrice di Dio, la premura di Dio verso il suo popolo,e soprattutto lo specifico rapporto di alleanza stretto con Israele.
Per il suo popolo Dio manifesta la premura di un padre e anche ha la tenerezza di una madre, come amava ripetere Madre Speranza. Ce lo ha ricordato il profeta Isaia nella prima lettura. Al popolo che si lamenta dicendo "Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato", Dio risponde: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, io ti ho disegnato sulle palme delle mie mani" (Is 49,14-16).
Se nell’Antico Testamento l’appellativo di padre è attribuito a Dio solo in senso figurato, Gesù nel Nuovo Testamento lo attribuisce in senso reale. I Vangeli pongono 170 volte sulla bocca di Gesù la parola "Padre" per designare Dio.
E lo designa non solo come Padre suo ma anche Padre nostro. È questa la novità assoluta che Gesù ha rivelato all’umanità: una rivelazione che ha cambiato il corso della storia.
Divenuti in lui figli adottivi di Dio mediante il Battesimo, da lui abbiamo ricevuto il suo Spirito che ci dà la possibilità di invocare Dio, anche noi, col nome tenerissimo di "Abbà!" "papà mio!" (cf Rm 8,16) col quale solo lui poteva invocarlo, e abbiamo la gioia di ripeterlo con sempre rinnovato stupore nella preghiera che Lui stesso ci ha insegnato e che Madre Speranza ha tradotto in brevi ma toccanti meditazioni nella Novena, che ha preceduto questa festa.
3 - Di Dio, Padre suo e Padre nostro, Gesù ci ha rivelato soprattutto il volto più caratteristico: quello dell’ amore misericordioso.
Certo anche nell’Antico Testamento è esaltata la misericordia di Dio.
"Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà" (Es 34,6): così Dio si presenta a Mosé sul Sinai. E così lo loda il suo popolo con gli accenti commossi e grati del salmista, che abbiamo fatti nostri nel salmo responsoriale:"Il Signore è buono e santo nell’amore", mentre il profeta Geremia riporta la commovente dichiarazione di amore: "Ti ho amato di amore eterno" (Ger 31,3), tanto cara a Madre Speranza.
Ma è nel Nuovo Testamento che la rivelazione dell’amore misericordioso del Padre raggiunge la sua pienezza: soprattutto nella persona e per mezzo della persona di Gesù, per mezzo delle sue parole e delle sue azioni, di tutta la sua vita, dal mistero dell’Incarnazione a quello pasquale, artisticamente raffigurati nel Santuario sia dal presepio e dall’immagine di Gesù Bambino intronizzato sul globo terrestre sia dall’affascinante Crocifisso morente che rivela nel cuore sul petto il fuoco del suo amore.
4 - Gesù ha fatto della misericordia del Padre uno dei principali temi della sua predicazione. Basti pensare alle parabole
– del padre misericordioso che aspetta ansioso e accoglie con festa il figlio allontanatosi dalla casa paterna (Lc 15,11-32), come abbiamo ascoltato con sempre nuova emozione or ora nel Vangelo;
– del buon samaritano che si prende cura del malcapitato sulla strada di Gerico (cf Lc 10,33);
– del buon pastore che lascia le novantanove pecore al sicuro per andare in cerca di quella smarrita (Lc 15,1-7);
– della donna che non si dà pace finché non trova la dramma perduta (Lc 15,8-9).
E non si tratta, anche qui, semplicemente della rivelazione della misericordia del Padre: Gesù ne è l’immagine viva, commovente, entusiasmante.
Va in cerca dei peccatori, affermando: "Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori" (Mt 9,13). E a lui si avvicinano "tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo", e lui li accoglie e mangia con loro senza preoccuparsi delle mormorazioni degli scribi e dei farisei (cf Lc 15,1-2).
A Zaccheo, pubblicano e peccatore, che a Gerico sale su un sicomoro per vederlo, Gesù dice: "Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". E in quella casa fa entrare la salvezza affermando: "Il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19,5-7).
All’adultera, trascinata ai suoi piedi per essere giudicata e condannata, Gesù, domanda: "Nessuno ti ha condannata?" e aggiunge: "Neanche io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più" (Gv 8,11).
Perdona a Pietro che lo ha rinnegato ma piange amaramente per il suo peccato (cf Lc 27,62).
Perdona ai suoi crocifissori e diventa perfino il loro avvocato presso il Padre.
Ammette nel suo Regno per primo il malfattore crocifisso con lui e che con fiducia si affida a lui: "Oggi, sarai con me in Paradiso" (Lc 23,43).
Avrebbe perdonato anche Giuda, se l’apostolo traditore si fosse affidato al suo cuore misericordioso.
Il peccato più grave, che più dispiace a Gesù, è non aver fiducia nella SUA misericordia. "Cristo – ha detto l’altra sera Papa Benedetto ai giovani tedeschi –non si interessa tanto di quante volte vacillate o cadete, bensì a quante volte vi rialzate".
Immagine vivente della misericordia del Padre, a noi comanda di fare altrettanto per essere, come lui, figli degni del Padre: "Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro" (Lc 6,36).
Nella preghiera del Padre nostro mette sulle nostre labbra un’invocazione che suona come un impegno ineludibile: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). E, a scanso di equivoci precisa: "Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà anche a voi" (Mt 6,14-15).
5 - Della misericordia del Padre tutti abbiamo bisogno, perché tutti siamo peccatori. Divenuti col Battesimo figli adottivi di Dio, noi, come scrive San Giovanni, non dovremmo peccare ( cf.1 Gv 3,9).
Purtroppo non è così. Tante volte siamo tornati e torniamo a peccare. E il peccato più grande è la perdita del senso del peccato, col conseguente degrado morale ad ogni livello sociale, uno dei frutti più velenosi del secolarismo, che illude l’uomo di poter vivere come se Dio non esistesse, e del relativismo etico che, sganciando la libertà dalla verità, da una norma trascendente e assoluta, la degrada a libertinaggio, scambiando tanto spesso il bene col male e il male col bene.
Indubbiamente il peccato resta uno dei più grandi misteri della nostra esistenza.
Solo la parola di Dio può svelarne la natura e le conseguenze nell’uomo e nell’umanità. Solo lasciandoci illuminare dalla parola di Dio noi, come Davide, possiamo aprire gli occhi sulla nostra condizione di peccatori, obnubilata o sommersa dalle false sicurezze personali o da mistificanti permissivismi sociali, e come lui riconoscere: "Ho peccato contro il Signore" (2 Sam 12,13) e dire a Dio Padre: "Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto" (Sal 50,4).
Il peccato è anzitutto rifiuto di Dio, rifiuto del suo amore infinito di Padre.
Per questo nell’Antico Testamento viene qualificato come infedeltà, adulterio, prostituzione, idolatria e scisma. Nel Nuovo Testamento è considerato come il tentativo di crocifiggere nuovamente Gesù (cf. Eb 6,6).
6 - Ma il Signore non ci lascia nel peccato. Più grande, più potente dei nostri peccati è la sua misericordia infinita.
Con il grande amore con cui egli ci ha amati (Ef 2,4), e ci ha amati per primo (1 Gv 4,19), ogni qualvolta noi ci allontaniamo da lui col peccato, è lui che fa sentire per primo la sua voce per invitarci a ritornare a lui, a lasciarci riconciliare con lui.
La riconciliazione è un dono assolutamente gratuito del suo amore. E questo dono è Cristo, che ha realizzato la perfetta comunione dell’uomo con Dio, quell’amore dal quale, come ci ha ricordato San Paolo nella seconda lettura, niente e nessuno ci può separare.
7 - Cristo continua l’opera della riconciliazione nella sua Chiesa alla quale ne ha affidato l’annunzio e il ministero, soprattutto attraverso il sacramento della Penitenza, nel quale si attualizza di fatto la Parabola del padre misericordioso.
Come il figlio prodigo anche noi, quando cadiamo nel peccato e ci allontaniamo dal Padre, dobbiamo rientrare in noi stessi, e alla luce della sua parola esaminare la nostra coscienza sulla fedeltà al suo amore di padre, offeso dal peccato.
Convinti di aver sbagliato peccando, decidiamo di lasciare il peccato ("mi alzerò") e di ritornare a Dio ("andrò da mio padre"). E’ la contrizione del cuore, ossia la detestazione del peccato commesso col proposito di non più commetterlo.
Al confessore, segno visibile del Padre, che commosso ci corre incontro, apriamo il nostro cuore manifestando con serena sincerità tutti i peccati, soprattutto gravi.
E quando il confessore ci dice: "Io ti assolvo dai tuoi peccati", è il Padre che ci getta le braccia al collo e ci perdona, è il Figlio, il buon Pastore, che ci riporta sulle sue spalle alla casa del Padre, è lo Spirito Santo che fa di noi nuovamente la sua dimora.
Ecco perché la celebrazione del sacramento è un grande momento di gioia e di festa, la festa di Dio e la festa nostra: esprime visibilmente che "c’è più gioia in cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione" (Lc 15,7).
La riconciliazione è come una rinascita, una risurrezione, una nuova creazione. "Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc 15.24), ripete Dio Padre ogni qualvolta noi ci accostiamo al sacramento del suo perdono.
Se il peccato ci turba, ci sconvolge, ci toglie la vera gioia del vivere, il sacramento della Riconciliazione ci ridona la serenità e la pace, e con essa la gioia che non solo inonda la nostra vita ma si riversa su tutta la comunità e, per essa, su tutta la Chiesa, anzi sul mondo intero.
8 - È stata questa l’ispirata intuizione di Madre Speranza, umile discepola del Crocifisso e innamorata dell’Eucaristia: il suo anelito ardente e il fine principale che la indusse a fondare la famiglia dell’Amore misericordioso. "Gesù – diceva – ci cerca con un amore che non si stanca mai, come se Lui non potesse essere felice senza di noi. Dio cerca l’uomo per farlo felice. Egli insegue mendicando il nostro amore, pur dopo aver visto camminare per tutta la vita mossi solo dal turbinio delle passioni più vergognose! Anche nel momento che lo stiamo offendendo, volge, sì il suo sguardo da un’altra parte, ma non si allontana da noi e non ci abbandona. Ci tende ancora la mano per aiutarci a uscire da quella febbre che ci consuma, ci perdona e ci invita a seguirlo di nuovo con amore più forte".
È questa la vostra specifica vocazione e missione, carissimi figlie e figli, sacerdoti e laici dell’Amore Misericordioso, secondo l’auspicio della Fondatrice: "Che gli uomini conoscano Dio come un Padre buono che si adopera con tutti i mezzi e in ogni modo per confortare, aiutare e far felici i suoi figli".
È questa la caratteristica del vostro Santuario, definito dal Beato Giovanni Paolo II "centro eletto di spiritualità che a tutti ricorda e proclama la misericordia paterna del Signore… mediante la Parola, la Riconciliazione e l’Eucaristia".
E in realtà, in esso, inondato di luce e soffuso di silenzio, come anche nel complesso edilizio che lo circonda, tutto - dall’ambone della Parola ai confessionali del Perdono, dall’altare del Sacrificio ai tabernacoli della Presenza eucaristica, dal richiamo possente delle campane al suono gioioso dell’organo, dalle pile dell’acqua santa alla fontana delle piscine, dalle stazioni della Via Crucis al sepolcro della Fondatrice, dall’accogliente Casa del Pellegrino al "roccolo" che richiama tanti giovani, dall’animazione liturgica alla pastorale giovanile, vocazionale, familiare e caritativa - tutto manifesta l’inesauribile potenza dell’Amore Misericordioso, che dona con abbondanza la sua grazia alle folle innumerevoli e interminabili di pellegrini, che ritrovano o rafforzano la fede, si aprono alla speranza e dilatano il cuore alla carità, all’amore operoso soprattutto verso i malati, i poveri, gli ultimi, i prediletti di Gesù e di Madre Speranza, e affrontano le sfide alle quali oggi è sottoposta la famiglia con la grazia del Matrimonio che l’ha fondata.
È la grazia che passa abbondantemente attraverso le mani di Maria, Mediatrice dell’Amore misericordioso, che "si presenta a noi - come diceva la Venerabile - con le braccia aperte implorando dal suo Figlio divino misericordia e compassione".
A lei affido la vostra Congregazione e tutti i pellegrini e i devoti del Santuario, perché – come pregheremo dopo la Comunione e come non si stancava di chiedere Madre Speranza - il Signore ci ottenga la grazia "di testimoniare con una vita santa le meraviglie del suo Amore Misericordioso". Amen.
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ultimo aggiornamento
14 ottobre, 2011