la parola del papa Benedetto XVI
Udienza Generale del 7 settembre 2011
"Nell’angoscia, nel pericolo, nel dolore, l’uomo chiede aiuto, e Dio risponde"
di Antonio Colasanto
B
enedetto XVI, dopo la parentesi estiva, riprendendo le catechesi del mercoledì è entrato nel vivo della "scuola della preghiera" ed ha offerto una profonda riflessione sul Salmo 3, un Salmo di lamento e di supplica pervaso di profonda fiducia, in cui la certezza della presenza di Dio fonda la preghiera che scaturisce da una condizione di estrema difficoltà in cui si trova l’orante.Il Salmo 3 – ha detto Il Papa - è riferito dalla tradizione ebraica a Davide nel momento in cui fugge dal figlio Assalonne (cfr v. 1): è uno degli episodi più drammatici e sofferti nella vita del re, quando suo figlio usurpa il suo trono regale e lo costringe a lasciare Gerusalemme per salvarsi la vita (cfr 2Sam 15ss)…
Nel grido del Salmista, ogni uomo può riconoscere quei sentimenti di dolore, di amarezza e insieme di fiducia in Dio che, secondo la narrazione biblica, avevano accompagnato la fuga di Davide dalla sua città. Il Salmo inizia con un’invocazione al Signore:
«Signore,
quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.
Molti dicono della mia vita:
"Per lui non c’è salvezza in Dio!"» (vv. 2-3).
La descrizione che l’orante fa della sua situazione è quindi segnata da toni fortemente drammatici. Per tre volte si ribadisce l’idea di moltitudine - "numerosi", "molti", "tanti" - che nel testo originale è detta con la stessa radice ebraica, così da sottolineare ancora di più l’enormità del pericolo, in modo ripetitivo, quasi martellante. Questa insistenza sul numero e la grandezza dei nemici serve a esprimere la percezione, da parte del Salmista, dell’assoluta sproporzione esistente tra lui e i suoi persecutori, una sproporzione che giustifica e fonda l’urgenza della sua richiesta di aiuto: gli oppressori sono tanti, prendono il sopravvento, mentre l’orante è solo e inerme, in balìa dei suoi aggressori… Costoro insinuano che il Signore non può intervenire, affermano che neppure Dio può salvarlo. L’aggressione quindi non è solo fisica, ma tocca la dimensione spirituale: "il Signore non può salvarlo", dicono… È l’estrema tentazione a cui il credente è sottoposto, è la tentazione di perdere la fede, la fiducia nella vicinanza di Dio.
Il giusto supera l’ultima prova, resta saldo nella fede e nella certezza della verità e nella piena fiducia in Dio, e proprio così trova la vita e la verità.
L’orante del nostro Salmo è quindi chiamato a rispondere con la fede agli attacchi degli empi: i nemici – ha ribadito il Papa - negano che Dio possa aiutarlo, egli invece Lo invoca, Lo chiama per nome, "Signore", e poi si rivolge a Lui con un "tu" enfatico, che esprime una rapporto saldo, solido, e racchiude in sé la certezza della risposta divina:
«Ma tu sei
mio scudo Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna» (vv. 4-5).
La visione dei nemici ora scompare, non hanno vinto perché chi crede in Dio è sicuro che Dio è il suo amico: resta solo il "Tu" di Dio, ai "molti" si contrappone ora uno solo, ma molto più grande e potente di molti avversari.
L’uomo non è più solo – ha sottolineato il Papa - i nemici non sono imbattibili come sembravano, perché il Signore ascolta il grido dell’oppresso e risponde dal luogo della sua presenza, dal suo monte santo. L’uomo grida, nell’angoscia, nel pericolo, nel dolore; l’uomo chiede aiuto, e Dio risponde. Questo intrecciarsi di grido umano e risposta divina è la dialettica della preghiera e la chiave di lettura di tutta la storia della salvezza.
La preghiera - ha detto Benedetto XVI - esprime la certezza di una presenza divina già sperimentata e creduta, che nella risposta salvifica di Dio si manifesta in pienezza. Questo è rilevante: che nella nostra preghiera sia importante, presente, la certezza della presenza di Dio. Così, il Salmista, che si sente assediato dalla morte, confessa la sua fede nel Dio della vita che, come scudo, lo avvolge all’intorno con una protezione invulnerabile; chi pensava di essere ormai perduto può sollevare il capo, perché il Signore lo salva; l’orante, minacciato e schernito, è nella gloria, perché Dio è la sua gloria.
La risposta divina che accoglie la preghiera dona al Salmista una sicurezza totale; è finita anche la paura, e il grido si acquieta nella pace, in una profonda tranquillità interiore:
«Io mi
corico, mi addormento e mi risveglio:
il Signore mi sostiene.
Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata» (vv. 6-7).
L’orante, pur in mezzo al pericolo e alla battaglia, può addormentarsi tranquillo, in un inequivocabile atteggiamento di abbandono fiducioso…. La paura della morte è vinta dalla presenza di Colui che non muore… Alla visibilità dell’assalto nemico, massiccio, imponente, si contrappone l’invisibile presenza di Dio, con tutta la sua invincibile potenza. Ed è a Lui che di nuovo il Salmista, dopo le sue espressioni di fiducia, rivolge la preghiera: «Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio!» (v. 8a) …
Colpiti alla bocca, non potranno più aggredire con la loro distruttiva violenza e non potranno più insinuare il male del dubbio nella presenza e nell’azione di Dio: il loro parlare insensato e blasfemo è definitivamente smentito e ridotto al silenzio dall’intervento salvifico del Signore (cfr v. 8bc). Così, il Salmista può concludere la sua preghiera con una frase dalle connotazioni liturgiche che celebra, nella gratitudine e nella lode, il Dio della vita: «La salvezza viene dal Signore, sul tuo popolo la tua benedizione» (v. 9)…
Pregando questo Salmo – ha concluso la catechesi Benedetto XVI - possiamo fare nostri i sentimenti del Salmista, figura del giusto perseguitato che trova in Gesù il suo compimento. Nel dolore, nel pericolo, nell’amarezza dell’incomprensione e dell’offesa, le parole del Salmo aprono il nostro cuore alla certezza confortante della fede. Dio è sempre vicino - anche nelle difficoltà, nei problemi, nelle oscurità della vita - ascolta, risponde e salva, a suo modo…
Che il Signore ci doni fede, venga in aiuto della nostra debolezza e ci renda capaci di credere e di pregare in ogni angoscia, nelle notti dolorose del dubbio e nei lunghi giorni del dolore, abbandonandoci con fiducia a Lui,nostro
"scudo"e nostra "gloria".
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ultimo aggiornamento
09 novembre, 2011