esperienze Paolo Risso
|
È
stato canonizzato il 17 ottobre 2010 da papa Benedetto XVI. Personalmente l’ho pregato nei giorni più difficili della mia vita. E lo prego tuttora.È uno dei miei amici in Paradiso. Aveva più di novant’anni all’inizio del 1937, quando anche lui fra’ Andrea Bessette si accorse di essere assai vicino all’incontro con Dio. Sospirò: «Viene il grande misericordioso Dio!». In mezzo ai suoi dolori disse ancora: «Quanto soffro, mio Dio, quanto soffro!».
Un sacerdote che lo assisteva gli domandò perché non si rivolgesse a S. Giuseppe per la sua guarigione. «Non posso chiedere nulla per me! - rispose con serenità – ma quanto più il grande ha fatto per me!». Le sue ultime parole, il giorno dell’Epifania del Signore, 6 gennaio 1937, e pure mercoledì, sacro a S. Giuseppe, furono: «Maria Ss.ma, mia buona Madre, e madre del mio Salvatore, sia misericordiosa verso di me e mi assista!». Poi: «S. Giuseppe, S. Giuseppe». La sua anima vedeva Dio.
Dal 6 al 12 gennaio 1937, nell’arco di pochi giorni, un milione di pellegrini salì silenziosamente sul monte Royal, presso Montreal, in Canada, a rendere omaggio alla salma dell’umile frate, che in vita era stato un grande taumaturgo.
Che fosse morto un santo, un santo da porre sugli altari, non c’era dubbio alcuno già allora.
Un Santo per la vostra Comunità
Alfredo Bassette era nato a Saint Gregoire d’Iberville, presso Montreal (Canada) il 9 agosto 1845, ottavo di 12 fratelli. A 12 anni, rimane orfano di entrambi i genitori. Sua madre gli ha lasciato come tesoro più prezioso una fede vivissima in Gesù, l’Uomo-Dio, l’Amico incomparabile di ogni anima che confida il Lui. Alfredo viene affidato a degli zii. Il suo parroco, don Andrea Provençal, si prende cura di lui e approfondisce in lui un grande amore a Gesù Eucaristico.
Don Provençal lo incoraggia a rivolgersi sempre nella preghiera a S. Giuseppe, padre putativo di Gesù e patrono del Canada: «Egli ti ascolterà e ti benedirà. In seguito lo pregherai per tanti benefici, perché S. Giuseppe davanti a Dio è onnipotente». Da allora, Alfredo ama rifugiarsi spesso in chiesa presso il santo tabernacolo e l’immagine di S. Giuseppe.
Appena dodicenne già si guadagna da vivere lavorando come calzolaio, come fornaio, come servo presso un’azienda agricola e come fabbro. È piuttosto fragile di salute e a 15 anni è colpito da una gastropatia che lo accompagnerà per tutta la vita. Da questo tempo della sua adolescenza, aiutato dal suo parroco, intesse un intenso rapporto con Dio: ogni giorno la Via Crucis e diversi rosari, la Confessione e la Comunione regolare e frequente. Mentre lavora intrattiene colloqui confidenziali con S. Giuseppe, cui affida tutto se stesso.
A 20 anni, Alfredo si reca a lavorare negli Stati Uniti e S. Giuseppe rimane il suo intercessore e modello presso Gesù: è sicuro che non sbaglierà ad affidarsi a Colui che custodì i Tesori più grandi: Gesù e Maria SS.ma: «Custodirà anche me, è sicuro!». Si interroga spesso: «Che cosa farò della mia vita?». per sei mesi prega S. Giuseppe per trovare chiarezza. Don Provençal lo consiglia di ritornare in Canada: «Padre, dice Alfredo, ho deciso che mi farò frate». Tutti e due si inginocchiano, nella chiesa a ringraziare S. Giuseppe per il dono della vocazione.
Per qualche tempo, lavora ancora come operaio parlando così spesso ai suoi amici del suo Santo Protettore che essi lo chiamano "il folle di S. Giuseppe". Don Provençal scrive ai Frati della Congregazione della S. Croce a Montreal: «Vi mando un santo per la vostra Comunità». Quelli, a cominciare dai superiori, si convincono subito della sua santità, appena lo hanno ammesso al noviziato il 27 dicembre 1870. Prende il nome di fra’ Andrea, in onore del suo parroco e direttore spirituale.
Trascorso un anno, non lo si ammette ai voti, perché fra’ Andrea è troppo fragile di salute. Lui allora, promette a S. Giuseppe di erigere un grande santuario in suo onore, se non sarà mandato via dal convento: «Accetto i lavori più umili, pur di consacrarmi a Gesù con i santi voti». In quei giorni, passa nella comunità della S. Croce il Vescovo di Montreal, Mons. Bourget e fra’ Andrea gli confida la sua preoccupazione e il suo progetto di costruire un santuario a S. Giuseppe. Mons. Bourget è quasi sgomento di sapere che quel ragazzo porta nel cuore lo stesso desiderio che ha lui e proprio per questo aveva chiamato dalla Francia i Frati della S. Croce.
«Lei pensa che S. Giuseppe possa permettere che la mia promessa non si realizzi e che io debba rinunciare alla mia vocazione» domanda fra’ Andrea al Vescovo. Il quale gli risponde: «Figlio mio, non temere nulla: tu sarai ammesso alla professione».
Il taumaturgo
Il 22 febbraio 1872, fra’ Andrea fa i voti temporanei: il 2 febbraio 1874, i voti perpetui. É molto felice di appartenere a Gesù per sempre, nella Congregazione dedicata alla Sua Croce: umile frate laico, perché sacerdote non lo sarà mai. Un piccolo del Vangelo, cui vengono svelati e aperti i segreti del Padre, come ai piccoli prediletti da Gesù.
«Terminato il noviziato – racconterà lui stesso – i superori mi affidarono la portineria e lì sono rimasto per 40 anni, senza muovermi». Nella stretta portineria del Collegio di Notre-Dame, è sempre pronto a soccorrere i poveri e a dare ascolto a insegnanti, genitori e studenti. È molto amato da quelli che scoprono la sua anima candida, la sua bontà superiore.
Qualcuno approfitta della sua bontà. Certi confratelli non lo considerano troppo: sa appena leggere e scrivere o poco più. Fra’ Andrea si adatta a tutto: suona le campane al mattino, aiuta nella lavanderia, fa il barbiere agli studenti e pure l’infermiere. Alla sera tardi, lava i pavimenti e i corridoi, perché all’indomani dev’essere tutto splendente.
A mezzanotte, quanto gli altri già riposano, lui prega in cappella la Via Crucis, il Rosario, le preghiere al "suo" S. Giuseppe. Comprende sempre di più che quella sua vita nascosta e un po’ canzonata sarà feconda di bene e di santità, come era stato per altri fratelli laici: S. Pasquale Baylon, S. Martino dei Porres, S. Giovanni Macias… Egli sarà come loro. Intanto chi si raccomanda alle sue preghiere viene esaudito da Dio. Molti cominciano a guardarlo, come "il frate santo". Certi malati, guariscono per le sue preghiere: sì, a S. Giuseppe "perché lui è onnipotente presso Dio".
Nel marzo 1885, un Padre del convento si lamenta con lui: «La mia gamba peggiora sempre più. Per la festa di S. Giuseppe non potrò scendere in cappella». Andrea gli risponde: «Padre, esiste un rimedio molto semplice: reciti una novena a S. Giuseppe con grande fiducia. Anch’io dirò la novena con lei». Il 19 marzo 1885, il Padre miracolato celebra la S. Messa all’altare di S. Giuseppe.
Poco dopo, Andrea strofina la medaglia di S. Giuseppe sul collo di un ragazzo malato di difterite: «Fannullone – esclama – scendi dal letto, ché sei guarito». E così avviene. Il reparto dei malati rimane occupato da 40 pazienti agonizzanti, affetti da vaiolo. I medici non sanno più che fare, ma fra’ Andrea si inginocchia in mezzo a loro e ad alta voce supplica S. Giuseppe. Guariscono tutti.
Il costruttore
Si diffonde la voce dei suoi "miracoli". La portineria si riempie di persone in cerca di aiuto. Ma qualcuno lo considera "un ciarlatano", come il dottor Giuseppe Charette, uno dei suoi avversari più accaniti. Ma Andrea lo contraccambia guarendogli la moglie agonizzante e un collega medico, gravemente claudicante. «Lei è convinto che S. Giuseppe può ottenere questo miracolo da Gesù?» domanda. «Sì», risponde il medico zoppo. «Allora posi le stampelle e cammini bene». Come avviene.
A chi gli chiede di pregare per ottenere grazie o miracoli, lui risponde spesso con l’invito a cambiare vita, a confessarsi, a vivere in amicizia con Gesù: «Poi tutto sarà possibile, se credi». A chi si meraviglia, risponde: «Non sono io che guarisco, è S. Giuseppe, è Gesù stesso. Abbiate fede in loro».
Non ha dimenticato il progetto della chiesa in onore di S. Giuseppe. Per finanziare l’opera, fonda la Confraternita di S. Giuseppe e la rivista "Annali di S. Giuseppe". I soldi li manda la divina Provvidenza. Nel 1904 viene inaugurato il primo piccolo oratorio. Fra’ Andrea si trasferisce per sempre in quel luogo. Ogni giorno riceve 700 visitatori e spesso non trova il tempo per mangiare. Di notte prega per tutti, passando lunghe ore in preghiera. Alcuni notano attorno a lui una grande luce.
Si sta innalzando a Montreal il più grande santuario del mondo dedicato a S. Giuseppe. Molte persone – spiega l’anziano frate – si sono affidate alla mia preghiera: devo chiedere tante conversioni, guarigioni e grazie. Voglio elencare tutti i nomi e non lo posso fare se dormo». A 80 anni, si presta ancora a far da questuante nelle città americane per il suo santuario. Quando arriva, viene assalito da folle entusiaste, da molti fotografi e i giornali parlano di lui e delle guarigioni sensazionali che opera la sua preghiera.
Nel 1936, la costruzione rustica della Chiesa è completata ed è assicurato il completamento dell’edificio. «Non c’è bisogno di me – dice fra’ Andrea con gioia – posso andarmene». È noto in mezzo mondo, ma uno dei suoi amici ha detto di fra’ Andrea: «Non credo che si rendesse conto della grandezza della sua fama e del suo compito. Dovunque andava, sceglieva volentieri l’ultimo posto e per quanto riguardava i miracoli diceva: «Non è colpa mia. Dio ne è responsabile…. e S. Giuseppe».
Ma noi lo sappiamo: l’ultimo posto è un regno, nello stile di Gesù.
Fra’ Andrea, come S. Giuseppe, aveva solo cercato "gli interessi di Gesù".
Ora lo veneriamo: Sant Andrea Bessette. S. Andrea di S. Giuseppe.
|
[Home page | Sommario Rivista]
realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento
09 novembre, 2011