note di storia

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P. Mario Gialletti fam

...un corpo invece mi hai preparato... (Eb 3,1)

I luoghi dove la Madre - per quasi trenta anni - ha vissuto e operato per il Santuario, presso la Casa dell’Istituto in Collevalenza

 

Quando, dopo la morte della Madre, scegliemmo di rendere accessibili ai pellegrini i luoghi dove la Madre - per quasi trenta anni - aveva vissuto e operato per il Santuario, presso la Casa dell’Istituto in Collevalenza, decidemmo anche di riservare due stanze per raccogliere cose significative della sua vita: nella vecchia sala di lavoro delle suore mettemmo ricordi di luoghi e della sua attività; mentre nella vecchia sala di attesa dei pellegrini scegliemmo di mettere cose sue personali.

Proprio per questa ultima sala ci trovammo difronte a una sorpresa: tra le sue cose personali erano tantissime quelle che testimoniavano la sua vita austera, di penitenza, di sacrificio, di mortificazione, con cilizi (tanti!), "discipline" (tante! di corda, di sassi, di metallo, ecc.). Nel comporre le vetrine che avrebbero accolto questi ricordi si discusse molto e vinse l’idea di non mettere tutti gli strumenti di penitenza della Madre perché avrebbero presentato una santità non facile e non imitabile, perché sarebbero stati considerati come masochismo o come un san Girolamo penitente o, comunque, come una visione negativa di un corpo solo da punire e da castigare e non da amare. Prevalse questa tesi e molti oggetti non furono posti in vetrina e finirono in altri armadi.

Forse fu la scelta più opportuna in quel momento, ma decisamente non riflette affatto la scelta e il pensiero della Madre che ringraziava il Signore per averle "dato un cuore per amare e un corpo per soffrire"; quindi un corpo che - attraverso gli esercizi di vigilanza, di mortificazione e di controllo dei sensi - diventasse capace di essere utilizzato non per il piacere ma per "servire" e "salvare" gli altri; imparando ad amare come ama Dio; un corpo da poter offrire - come ha fatto Gesù - per dare tutto, anche la vita, per la persona che ama.

San Paolo nella Lettera agli Ebrei dice di Gesù: "Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà». Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre". (Ebrei 10, 1-10).

Di Gesù ci sono tante immagini, statue, riproduzioni: Gesù risorto, che cammina sulle acque, che risuscita Lazzaro, che parla alle folle, nel Cenacolo che istituisce l’Eucarestia, con i discepoli di Emmaus, … e mille altre. Nessuna è più diffusa del crocefisso e nessuna esprime di più l’amore di Dio per l’uomo: … un corpo invece mi hai preparato …. non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato ... allora ho detto: ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà. Un corpo offerto sulla croce per amore, per salvare.

Madre Speranza è convinta che contemplare la Passione di Gesù significa voler imitare i sentimenti di Gesù.

… un corpo per soffrire e un cuore per amare…

Scrive la Madre il 17 febbraio1964: Una dice: ahi! Questo mi fa male… ahi! Mi duole questo… Ohé! Figlie mie! Vi siete dimenticate che abbiamo un corpo per soffrire e un cuore per amare? Ripetete con frequenza: "Ti ringrazio, Signore, perché mi hai dato un corpo per soffrire e un cuore per amare". E quando vi si presenta una qualche occasione di mortificarvi, alzate gli occhi al cielo per dire: "Signore, ti ringrazio perché oggi posso offrirti una piccola mortificazione". (El pan 21, 81).

… non voglio che passi un solo giorno senza sofferenza …

Quando la Madre aveva compiuto già i 70 anni, cosi scrive nel febbraio del 1965: « ... Settanta anni! Me ne mancano trenta. Io chiedo al Signore tutti i giorni che mi conceda altri trenta anni di vita e che possa arrivare a cento. Penso che, arrivando a cento, potrei finire tutto quello che devo fare e dopo che mi mettano in un angolo del Santuario e lì il mio corpo, divenuto cenere, che serva, come dire … per quello che il Signore vorrà. Hai compreso? Sta tranquillo … Io vorrei arrivare a cento anni … non è che lo voglio, ma se il Signore mi dicesse: fino a che età?... io Gli direi: Signore, fino a cento, però tutti questi anni che mi mancano sempre nel dolore, non voglio che passi un solo giorno senza sofferenza; poiché, siccome non ho forza per dare al Signore quello che mi chiede, questo glielo posso offrire perché è Lui che me lo da. Nella sofferenza di ogni giorno Gli dico: Signore, Te lo offro perché Tu me lo hai dato. («Oración» del 25.2.1965, El pan 22, 309.)

… voglio soffrire (come Gesù) … per dare la vita

Scrive il 15 aprile 1965: Aiutami, Signore, a essere come quella patata grossa, grossa che ho contemplato tante volte, consumata, disfatta e ridotta solo a pelle; anche io voglio darti figli buoni e forti; te lo dicevo già negli anni 40, 41 e 43, anni di grande prova, quando nell’orto di Roma vedevo quella patata grande ma vuota, consumata… ma che aveva prodotto buone numerose patate … (El pan 22, 336).

… voglio soffrire (come Gesù) non in riparazione dei miei peccati …

Scrive in diverse occasioni.

Gesù mio, perdona la mia vigliaccheria; non trattarmi come una debole bambina e fa’ che io viva sempre immersa nel dolore, per riparare in qualche modo le offese che il peccato ha inflitto al mio Dio; per me, ti prego, finché duri il mio pellegrinaggio terreno, di lasciarmi la pena e la vergogna per averti offeso, finché la morte non mi porti in purgatorio dove potrò soffrire per espiare le mie colpe senza più paura di offenderti; e allora ti ripeterò come il figliol prodigo: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te". Perdonami, Gesù mio, ancora una volta e purifica la mia povera anima, perché possa unirsi per sempre a te. (El pan 18, 1353)

Ti chiedo anche, Gesù mio, una e mille volte, che le mie sofferenze non servano a riparare le molte offese che disgraziatamente ti ho arrecato; questa espiazione ti chiedo di riservarmela per il purgatorio, mai per l’inferno, Dio mio, perché laggiù non potrei amarti. (El pan 18, 758)

Ma, Gesù mio, concedimi una cosa sola: che viva amandoti in un continuo dolore, per poter riparare in qualche modo le offese che ti recano le anime consacrate e che, dopo una lunga vita di lavoro e sofferenze, il mio corpo si consumi nella putredine per riparare le tante offese che ricevi con la concupiscenza della carne. Però, ti supplico, ancora una e mille volte, Gesù mio, che le mie sofferenze non siano in riparazione delle offese che disgraziatamente ti ho recato, questa riparazione, ti prego, riservarmela per il purgatorio, non per l’inferno, Dio mio, perché lì non ti potrei amare. (El pan 18, 1301)

Ti chiedo, come sempre, di non applicare quanto soffro o faccio in questo mondo, in riparazione delle offese che disgraziatamente ti ho arrecato io stessa; questa espiazione e riparazione, Gesù mio, conservamela per il purgatorio, poiché nell’eternità non potrò soffrire per i tuoi sacerdoti ed espiare in loro favore; ma ti prego, Dio mio, di avere pietà di me e di non mandarmi all’inferno che merito, perché lì non ti potrei amare e forse, addirittura, in quel luogo bestemmierei mio Padre, dimenticando le tenerezze del suo amore e quanto gli sono costata; non permetterlo, Dio mio! (El pan 18, 1309)

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ultimo aggiornamento 26 gennaio, 2012