anno nuovo, e cercavo una parola semplice, povera, di beatitudine
evangelica, di infanzia spirituale. La parola di un giorno, quando
ero bambino, senza travi, senza complicanze, sbalordito per la fede.
Come ritrovare questa parola semplice? Mi sono ricordato di una
risposta di Madre Teresa di Calcutta. Era venuta a Palermo, emozione
altissima per me chiamato a presentarla. Ebbene, alla fine del suo
messaggio, un collega si avvicinò per chiederle cosa avesse potuto
scrivere di "importante" se l’indomani fosse stato l’ultimo numero
del suo giornale.
Madre Teresa lo guardò. Rispose: "Scriva che la vita è bella e
che la cosa più bella della vita è volersi bene...". Aggiunse
che è un dono molto fragile. Mistero, contemplazione, servizio, un
bene – fece capire – da stringere al cuore, da difendere dalla
banalità, dal cinismo, dalla disperazione.
Volersi bene, sì, è questo l’importante. Non si vive se non si ama,
se non si sa di essere amati, se non si sa di essere amati da
Qualcuno che ama di più. È l’amore che fa vivere. Una frequentazione
che stabilisce un rapporto felice con la vita, una simpatia con il
mondo, con la storia.
Volersi bene è ritrovarsi visti, salvati. Ed è credere in Dio,
proprio così. L’amore, l’unica prova, la prova decisiva, alla quale
il mondo di oggi riesce ad arrendersi. Un giorno bastavano le
classiche cinque prove di san Tommaso. Adesso non bastano più,
occorre l’amore di coloro che credono che Dio è amore. È la
responsabilità dell’uomo che, nel tempo, nella vertenza della storia,
è chiamato ad amare.
Drammaticamente è così. Dio si gioca la sua reputazione di amore nel
nostro amore per i fratelli. Siamo i referenti dell’amore di Dio.
Scoprire noi stessi come un dono che Egli vuole fare agli altri, e,
perciò, lottare con i più deboli, i non amati, i poveri, che, come
diceva don Mazzolari, hanno il segreto della speranza.
Sì, volersi bene. Lasciamoci trascinare, interrogare, decidere, dal
vento dell’amore!