1° Congresso Nazionale della Misericordia

La misericordia di Gesù, sorgente di speranza

 

Omelia di Mons. GUALTIERO BASSETTI

Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve

Collevalenza, 23 Marzo 2012

 

Fratelli e sorelle carissimi, giunti da ogni parte d’Italia e dall’estero, siate i benvenuti nel Santuario dell’Amore Misericordioso di Collevalenza, da Dio voluto e da Madre Speranza di Gesù costruito, con tanta fiducia e amore. Esso si innalza semplice e maestoso nel cuore della nostra mistica Umbria: una terra benedetta, in cui la misericordia del Padre si è fatta carne in tanti uomini e donne, elevandoli alle più alte vette della contemplazione e della santità: perché nulla è impossibile a Dio.

Si apre questa sera il primo incontro, organizzato dal Comitato italiano del Congresso Apostolico Mondiale della Misericordia. Esso non poteva non svolgersi qui a Collevalenza, centro di pietà e di spiritualità conosciuto ovunque.

Saluto e ringrazio il carissimo Mons. Domenico Cancian, che presiede questo Congresso, del quale è anche stato entusiasta organizzatore; saluto parimenti tutti i promotori e i partecipanti. Ringrazio e saluto con affetto le religiose e i religiosi della Famiglia dell’Amore Misericordioso per la loro accoglienza e la loro testimonianza, e li incoraggio, anche a nome di tutti i Vescovi dell’Umbria, nel loro servizio apostolico da tutti apprezzato. Coraggio, fratelli e sorelle, la Chiesa umbra vi è vicina, vi sostiene e vi stima!

Il titolo generale del Congresso: "La misericordia di Gesù, sorgente di speranza" apre dinanzi a noi lo scenario grandioso e drammatico della storia della salvezza, al cui centro si colloca la figura del Figlio di Dio, che porta a compimento l’opera creatrice e redentrice del Padre, permettendo agli uomini di ogni tempo di dare un senso alla propria esistenza, di guardare lontano, oltre il limite oscuro e straziante della morte, per scorgere gli orizzonti di una vita e di una storia nuova, nella quale "Dio sarà tutto in tutti".

Se l’umana esistenza avrà il suo pieno compimento nella "creazione nuova", essa però ha già qui il suo inizio. È su questo mondo che ognuno di noi è chiamato a scelte di responsabilità che gli apriranno gli spazi della vita futura. Non ci sarà una vita "altra", senza questa vita, che in tal senso acquista un immenso valore e va vissuta in modo consapevole.

Benché sfigurati dal peccato di origine e dall’immensità di colpe accumulatesi lungo i secoli, l’umanità e l’intero creato sono amati dal Signore con cuore di Padre. Tutta la rivelazione è un immenso poema d’amore, il cui protagonista è Dio, che guida, ammaestra, punisce e redime i sui figli. Che li cerca con amore instancabile, "come se non potesse essere felice senza di loro". La Sacra Scrittura esprime in più modi questo amore incredibile di Dio per l’umanità. Il libro della Sapienza proclama che Dio non può odiare nulla di ciò che ha creato: "Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; Tu conservi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita" (Sp. 11,24).

Vi è un detto rabbinico che sintetizza in modo mirabile la concezione della misericordia di Dio nell’Antico Testamento. «Domandarono alla Sapienza: "Qual è la punizione del peccatore?". La Sapienza rispose: "Il male insegue i peccatori" (Proverbi 13,21). Domandarono alla Profezia: "Qual è la punizione del peccatore?". La Profezia rispose: "La persona che pecca, deve morire" (Ezechiele 18,20). La stessa cosa fu chiesta alla Torah: "Qual è la punizione del peccatore?". La Legge rispose: "Faccia un olocausto e sarà compiuta l’espiazione". Domandarono al Santo, Benedetto Egli sia: "Qual è la punizione del peccatore?". Egli rispose: "Che si converta e viva, come sta scritto: Buono e retto è il Signore, istruirà i peccatori nella via (cfr. Sal 25,8)» (Yerushalmi Makkos 2,6).

Dal retto spirito di giustizia, che pervade le antiche scritture, si giunge alla rivelazione ultima: nel suo profondo, Dio è perdono e misericordia. Egli non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. Giustizia e misericordia, secondo la tradizione rabbinica, sono i due nomi di Dio: Elohim corrisponde a "giustizia" e Adonai vuole dire "misericordia". Spiegherà poi sant’Agostino che: "misericordia e giustizia in Dio non sono separate". Perché Dio è onnipotente "non lascia che la giustizia svanisca nella misericordia, né la misericordia nel giusto giudizio".

Ma è in Cristo Gesù, eterno figlio del Padre, che giustizia e misericordia si incontrano perfettamente. Con il suo sacrificio volontario sulla croce, Egli rende giustizia al Padre, ma compie anche un atto di estrema misericordia per gli uomini di tutti i tempi. Come ha sottolineato Giovanni Paolo II nella Dives in misericordia: "La croce è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomo e su ciò che l’uomo – specie nei momenti più tristi – chiama il suo infelice destino… La croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo, è il compimento sino alla fine del programma messianico… Secondo le parole scritte già nella profezia di Isaia, tale programma consisteva nella rivelazione dell’amore misericordioso verso i poveri, i sofferenti e i prigionieri, verso i non vedenti, gli oppressi e i peccatori". Il fondamento della fede cristiana, si potrebbe sintetizzare, è l’amore che Dio ha mostrato chiaramente per noi in Gesù crocifisso e risorto.

In un tempo di smarrimento e di sfiducia come il quello che stiamo vivendo, che svuota le vite di tanti uomini e donne che, pur nel benessere materiale, vivono disperatamente lontani dalla vera sorgente del bene, l’unico messaggio di speranza che come cristiani possiamo annunciare è soltanto quello dell’amore misericordioso di Dio in Cristo Gesù. Nella misericordia l’uomo può riscoprire il suo senso e il luogo ove dimorare, tutto acquista significato, anche la fatica, la sofferenza, gli ostacoli, le inevitabili sconfitte che punteggiano il nostro cammino. Il dramma dei nostri giorni, ho sentito più volte ripetere dalla beata Madre Teresa di Calcutta, è la mancanza di amore, il sentirsi abbandonati. L’amore misericordioso di Gesù invece va incontro all’uomo di oggi, che nella sua libertà può anche rifiutarlo: ma l’uomo non può impedire al Signore di amarlo ugualmente. Mi hanno sempre fatto grande impressione le parole di Madre Speranza: "L’uomo più perverso e più miserabile e perfino il più abbandonato e trascurato è amato da Dio con immensa tenerezza: Egli è per lui un padre e una tenera madre". La misericordia di Gesù è per noi fonte inesauribile di speranza. Di fronte ad un amore simile, nessuno può perdersi d’animo, nessuno può dire "non conto nulla". Gesù ci ha mostrato chiaramente che ogni uomo dinanzi a Dio ha un valore immenso.

Dalla misericordia di Gesù scaturisce la speranza che ci dà la forza per impegnarci per un mondo nuovo, fatto di comprensione, di relazioni umane più giuste e fraterne. I sentimenti di misericordia di Gesù, che dobbiamo cercare di far nostri, devono inquietarci di fronte alle ingiustizie e alle malvagità di questo mondo. Se, come dice la Parola di Dio, i mali dell’umanità si annidano nel cuore dell’uomo, solo l’amore misericordioso è in grado di convertirci donandoci un cuore nuovo. È proprio la misericordia a provocare il cambiamento di vita e ad aprire alla speranza di un mondo migliore. È suggestiva l’espressione con la quale papa Benedetto XVI descrive questo amore. Esso è "la fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere. La vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte. Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di trasformazioni che a poco a poco cambieranno il mondo" (Omelia di Colonia, 21 agosto 2005). Le effimere speranze che gli uomini hanno voluto ricercare nelle tragiche ideologie dei secoli scorsi, basate solo sull’ingegno umano e sullo sviluppo della scienza e della tecnica, sono miseramente fallite, mostrando il loro volto crudele e, alla fine, disumano.

La speranza cristiana ha radici ben più profonde, scaturisce dalla misericordia di Gesù, che ha dato se stesso per noi. È una speranza che va al di là delle realtà di questo mondo: essa coinvolge l’eternità, quando tutte le cose saranno ricapitolate in Cristo. Sono inimmaginabili, per la nostra logica umana, le parole di Gesù a Nicodemo: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3, 16.17). Lo scrittore Mario Pomilio forse pensava a queste parole quando, nel romanzo Il quinto evangelio, fa gridare a Gesù, morente sulla croce: "Padre, li ho salvati tutti!". Il trionfo completo dell’amore misericordioso!

Questo amore sconfinato e salvifico del Signore esige da parte nostra una risposta convinta, che deve partire dal cuore, dall’umile consapevolezza che senza la grazia non possiamo guarire dalle nostre malattie morali e spirituali. L’umiltà è l’unica risposta all’amore misericordioso di Gesù, e la fede in Dio, che nulla potrà mai strappare dal cuore dell’uomo, è la sola fiamma nella quale si conserva, umana e divina, la nostra speranza.

Auguro a tutti voi, fratelli carissimi, di fare esperienza dell’amore misericordioso, in questo Santuario "dove Dio sta aspettando gli uomini non come un giudice per condannarli e infliggere loro un castigo, ma come un padre che li ama, che li perdona, che dimentica le offese ricevute e non le tiene in conto". Queste parole, sgorgate dal cuore grande di Madre Speranza, possano illuminare ed orientare il nostro Congresso. Amen.

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ultimo aggiornamento 11 aprile, 2012