asta accendere la televisione, la radio, leggere le prime notizie che appaiono sui quotidiani o navigare in internet per comprendere come oggi sia sempre più difficile fidarsi della vita, di quante persone si chiedano cosa avverrà o se ci sarà un domani, di quanti siano coloro che anche materialmente non ce la fanno ad andare avanti e di quanti si lascino attanagliare dall’incertezza e dalla paura, per finire risucchiati nel vortice della disperazione.
pastorale familiare Marina Berardi
Famiglia & Comunità, bottega della fiducia
B
Alcuni servizi dei TG cercano di analizzare la crisi che stiamo vivendo e illustrano, con dovizia di particolari e statistiche alla mano, come questa incida sugli stili di vita, finanche sulla salute fisica, psichica e sulla vita di coloro (troppi!) che hanno visto il suicidio come unica risoluzione.
È certo che tutto questo merita da parte di tutti un profondo esame di coscienza, una valutazione attenta e un serio impegno per cercare soluzioni concrete, senso di responsabilità e spirito di sacrificio, coesione e ricerca del bene comune. Merita, però, soprattutto l’umiltà e il coraggio di andare al cuore del problema, come ha fatto il S. Padre lo scorso dicembre, quando ha affermato che la crisi economica e finanziaria "si fonda sulla crisi etica che minaccia il Vecchio Continente"1.
In fondo non meraviglia: ancora una volta sembra essere questione di "radici" e frutto di una esasperata ricerca di "neutralità". All’inizio del millennio c’è stato un grande dibattito affinché, nella Costituzione Europea, venisse tolto ogni riferimento alle radici cristiane e, sempre in nome della laicità, si sono fatte lotte a suon di carta bollata per togliere i crocifissi dagli uffici pubblici, persino dalle scuole materne. Il risultato? Una volta recise le radici ed eliminato il punto fermo, i valori e la fede, la pianta inaridisce e muore e, fuori della metafora, l’uomo precipita nel buio e nel non senso: "Che infelice quell’uomo per il quale non splende la lu ce della speranza cristiana2!
La Chiesa stessa, non esente da contraddizioni e fragilità, si trova a fare i conti con un terreno che sembra diventato meno fecondo. Come ricorda il S. Padre, "il nocciolo della crisi della Chiesa in Europa è la crisi della fede. Se ad essa non troviamo una risposta, se la fede non riprende vitalità, diventando una profonda convinzione ed una forza reale grazie all’incontro con Gesù Cristo, tutte le altre riforme rimarranno inefficaci"3, scriveva Madre Speranza.
La vita, scrivevo in precedenti articoli, è fatta di incontri e quello con Cristo la cambia radicalmente, non la lascia mai come la trova, la apre ad una progettualità nuova, fa risalire la persona dall’abisso in cui era sprofondata per innalzarla ad un grado che lei non avrebbe osato neppure immaginare4, per spingerla oltre, verso altre rive, per darle la forza di vivere la croce e scoprire in essa la pienezza dell’Amore.
In questo contesto famiglia e comunità sono chiamate a farsi "tenda dell’Incontro", luogo sacro dove vivere ed incarnare la propria fede, a diventare luogo privilegiato in cui testimoniare un credo che incida sulle scelte concrete, sul quotidiano e sullo stile di vita, non tanto per una forzata austerità, quanto per un’ade sione libera a Cristo e al Vangelo. "Solo la fede - prosegue il Papa - mi dà la certezza: è bene che io ci sia. È bene esistere come persona umana, anche in tempi difficili. La fede rende lieti a partire dal di dentro" 5.
È vero: la fede rende lieti a partire dal di dentro e accade che lo sperimentiamo soprattutto nei momenti più impegnativi e difficili della nostra vita personale, familiare, comunitaria o anche sociale. Si tratta di una gioia che niente e nessuno può toglierci perché, come scrive M. Speranza, ha origine dalla profonda certezza di essere amati, "abitati": "Che gioia, Dio mio, quando si è persuasi che Tu stai non solo vicino, ma addirittura dentro di noi e che eserciti in noi la tua azione con paterna sollecitudine; allora sì che ci doniamo a Te con dolce e sicura fiducia e mettiamo nelle tue mani tutte le nostre cose e la cure di esse, e in noi divampa il fuoco consumatore che è alimentato solo dal tuo puro amore"6.
Se lasciassimo riecheggiare queste parole in noi, custodendole gelosamente nel cuore, se ci lasciassimo coinvolgere dalle esperienze di fede e di vita che la comunità ecclesiale ci offre, se cogliessimo ogni evento della nostra giornata come il luogo dove Dio si incarna e magari si lascia crocifiggere, scopriremmo la gioia della Risurrezione, diventandone testimoni credibili!
La Grazia, che in Cristo si lascia toccare e guardare, ci apre a forti emozioni, a sentimenti profondi, come pure a ferme decisioni. Spesse volte, il Signore ci fa passare per delle strade impensate, impervie, impreviste, strette, per farle diventare il luogo dove insegnarci ad amare e, come diceva Paolo VI, a diventare testimoni più che maestri, esperti di fiducia ed abbandono: "Potremo passare con gioia anche tra le sofferenze della vita se sapremo guardare al Signore come a un padre veramente buono e se sapremo confidare a Lui le nostre pene e le nostre difficoltà con la certezza che Lui non può non aiutarci7.
Quanta fiducia può infondere il pensiero che per quanto siano dure le prove, le tentazioni, le croci, le fati che per le quali dobbiamo passare, possiamo essere certi che è con noi il Signore, Lui che è onnipotente, al quale niente resiste"8!
Quando un’esperienza ci segna profondamente, rivisitarla non è sempre facile, è come un riviverla nuovamente: chiamati, da una parte, a sperimentarne tutto il dolore e, dall’altra, a scoprirne il senso ultimo, alla ricerca della perla che l’evento ha generato. Ma non è ancora tutto. Rivisitarla è il primo passo verso il vero amore che trasforma quella perla in un prezioso dono, "per far risuonare voci di lode e narrare tutte le meraviglie" (Sl 26) che il Signore compie in noi e attorno a noi.
Credo che sia quello che l’Amore Misericordioso sta chiedendo all’Unità pastorale di Collevalenza e "dintorni": l’amore di tante famiglie e l’esperienza che stanno vivendo non appartiene loro, ma all’altro/a, ai figli, ai familiari, ai fratelli di fede, ai colleghi di lavoro, agli amici del bar, insomma a quanti sono o potrebbero diventare compagni di viaggio.
Ho l’impressione che, incontro dopo incontro, il Signore ci sta aiutando a metter su - come direbbe M. Speranza - un vero e proprio taller, una bottega, un laboratorio di famiglie dove imparare a diffondere: il senso più profondo e prezioso dell’essere e del fare famiglia, la speranza in una vita ancora appassionante e attraente, la fiducia nell’"accettare la volontà di Dio" e il capire come in ogni "dolore c’è già dentro il germoglio del bene e della gioia"9, l’arte di amare, il gusto dell’interiorità e dell’ascolto dell’unica Parola che può rendere felici10 e ridare radici, la gioia della fraternità.
Anche il Santo Padre, nel già citato messaggio, menziona la gioia, cercando una risposta alle domande che sorgono spontanee: "Da dove viene? Come la si spiega? Sicuramente sono molti i fattori che agiscono insieme. Ma quello decisivo è, secondo il mio parere, la certezza proveniente dalla fede: io sono voluto. Ho un compito nella storia. Sono accettato, sono amato. Josef Pieper, nel suo libro sull’amore, ha mostrato che l’uomo può accettare se stesso solo se è accettato da qualcun altro. Ha bisogno dell’esserci dell’altro che gli dice, non soltanto a parole: è bene che tu ci sia" 11.
Personalmente non riesco a pensare ad un altro ambito che non sia quello familiare o di una "famiglia di famiglie", per vivere l’esistenziale esperienza di cui parla il Papa: sapersi e sentirsi amati, generati dalla fiducia che l’altro ripone in noi, chiamandoci alla vita.
Dio stesso ha scelto di passare per la famiglia per manifestare il suo amore, la sua passione e la sua fiducia per l’uomo e per l’intera umanità. Gli stessi bambini capiscono immediatamente il linguaggio dell’amore e, come qualcuno ha detto nell’ultimo incontro svoltosi al Roccolo, la fiducia dei genitori nei loro confronti li apre alla vita e da loro sicurezza.
Difficilmente tutto questo riempirà le prime pagine o le cronache dei giornali, ma non importa. Ci auguriamo che la vita di tutte queste famiglie diventi un’assordante testimonianza di gioia e di bene, una "pagina viva" che gli altri possano leggere.
1 BENEDETTO XVI, Discorso agli Em.mi Signori Cardinali, alla Curia romana e alla Famiglia pontificia, per la presentazione degli auguri natalizi, 22.12.2011.
2 M. SPERANZA, El pan 8, 1049.
3 BENEDETTO XVI, Discorso ..., op. cit.4 Cfr. M. SPERANZA.
5 BENEDETTO XVI, Discorso ..., op. cit.
6 M. SPERANZA, El Pan 18, 1274.
7 M. SPERANZA, El pan 2, 16.
8 M. SPERANZA, El pan 15, 202.
9 MARCATO CRISTINA, Una vita piena vissuta nell’amore, Ed. Marcianum Press, Venezia, 2009, p. 5.
10 "Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo, [voi sarete la mia famiglia]; camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici" (Ger 7,23).
11 BENEDETTO XVI, Discorso ..., op. cit..
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ultimo aggiornamento
10 maggio, 2012