La lettera

 

L’amato è qui

Carissimo,

leggevo una pagina di Madre Speranza. C’è mistica, c’è desiderio, c’è contemplazione: "Dove sta il mio Dio, il Dio del mio cuore, in modo che io possa sentire e godere della sua presenza?".

È il gemito della sposa del Cantico: "Dov’è il mio amato? Mi alzerò e farò il giro della città, per le strade e per le piazze, voglio cercare l’amato del mio cuore...".

Bisogno inguaribile, domanda inesausta di Lui. Ma anche ritovamento, possesso, mistero. Profeticamente, Baruc aveva annunciato: "Fu visto sulla terra e conversò familiarmente con gli uomini".

Un Dio vicino, da condividere. L’antichità l’aveva capito, e però l’ardente fantasia degli antichi non aveva saputo immaginare altro connubio tra la divinità e l’uomo che quello conveniente alle sue stesse passioni. Al fondo della filosofia, dei riti, delle religioni, stava un abisso di indifferenza e di impotenza: «Nessun Dio si è mai unito agli uomini».

Venne Cristo e fece dell’impossibile una realtà. Sgomentatrice, imprevedibile, sconvolgente realtà di un Dio che realizza una consanguineità con l’uomo, di un Dio che assimila l’uomo a se stesso, che dà all’uomo, sin da questa terra, il senso anticipato della resurrezione, della gloria. San Paolo dirà: "Vivo io, ma non sono io che vivo, è Cristo che vive in me".

L’impossibile diventa presenza. Dio è qui, pane e sangue della mensa, pronto al desiderio dell’uomo, ad essere con l’uomo, "dentro" ogni uomo. Come non impazzire? Capisco la vertigine dei santi, delle anime amanti di Dio, lo stupore di Madre Speranza, che ripete: "L’amato è qui". Che interpella tutti noi: "Perchè non vi smarrite in santo deliquio d’amore pur ricevendo ogni giorno il Corpo del nostro Dio? perchè i nostri occhi sono chiusi e oppressi da una strana forza che ci impedisce di riconoscerlo?".

Nino Barraco

 

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ultimo aggiornamento 17 luglio, 2012