sì, don Pino Puglisi, il prete assassinato dalla mafia è
ora "beato".
Come dimenticare quel giorno? Settembre 1993, c’ero
anch’io tra la folla. Ho pianto, ho pregato, mi sono
abbracciato al mio Vescovo, a tutti i sacerdoti, che
amo, che ringrazio, che benedico.
Il più mite tra i preti allo sbaraglio, assassinato, con
crudele messaggio, proprio il giorno del suo compleanno,
dopo che era stato bruciato il portone della sua chiesa.
E così, la lunga litania si allungava a Palermo con
sgomento. Un fatto nuovo. Per la prima volta nella
storia della mafia, si colpiva un sacerdote impegnato
con la gente a volere un futuro di libertà, a lottare in
un quartiere privo di diritti essenziali.
Sacerdote di Dio, pronto a dare la vita come il pastore
della proclamazione biblica. È qui l’identità. Non
occorrono aggettivi, ulteriori specificazioni per
indicare il suo nome. In quanto sacerdote, presente, con
la forza e il coraggio che sono dello Spirito, a
predicare il Vangelo.
Il suo vivere inerme e non protetto, il suo annunziare
un giorno diverso, il suo far crescere le vocazioni alla
giustizia, soprattutto con i giovani del Centro sociale
"Padre Nostro", testimoniavano l’esperienza più
autentica del Vangelo, costruivano i valori della
legalità, della moralità, della condivisione.
Prete, senza protagonismo, nel durissimo, feriale,
contatto con i portatori del male, nello scontro, corpo
a corpo, per togliere i ragazzi dalla delinquenza della
strada, con quella umanità che segnava il suo sorriso,
con quella passione che sapeva giurare sulla formazione
primaria delle coscienze, con quella fedeltà all’altare
che non consente collusioni con il peccato, con il
crimine.
Piuttosto, il proprio sangue. E l’altare fu
insanguinato.