Gesù mio, Tu che sei Fonte di vita …

Guardando con sincerità nel nostro cuore per scoprire le intenzioni profonde che lo muovono, abbiamo visto come sia facile illudersi di coltivare l’amore e di donare a piene mani e continuare, invece, ad essere assolutamente centrati nella ricerca di sé.

Sarà forse per educare questa nostra fragile capacità di dono e purificarla da ogni attaccamento, che un misterioso disegno divino ha voluto da sempre congiungere strettamente l’amore autentico e genuino con il dolore, lo sbocciare della vita col travaglio del parto, la nascita della spiga col disfacimento del seme sprofondato nel buio assoluto della terra, l’ Amore massimo con la morte in croce.

Come direbbe Madre Speranza: "la scienza dell’amore si impara nel dolore" (El Pan 9,13). Potremo avere, allora, la garanzia di amare realmente, soltanto quelle volte che per amare e donare ad altri, saremo stati capaci di mettere a rischio e perfino perdere o sacrificare concretamente qualcosa di noi; come se all’Acqua-amore dello Spirito, perché il dono divenga completo, fosse essenziale aggiungere anche le gocce delle nostre lacrime.

"L’amore si nutre di sacrificio" (El Pan 15,25), e anche se ogni genere di dolore da sempre ci spaventa e ci risulta inaccettabile, il cammino del voler amare dovrà, prima o poi, misurarsi con questo scoglio e attraversarlo.

È un passaggio indispensabile, che coinvolge la fede, perché l’unico amore che possiamo dare a Dio è avere fede in Lui, credere fino in fondo che è veramente un Padre buono che ci ama come figli e continuare a crederlo soprattutto nelle ore buie in cui una sofferenza assurda ci metterà alla prova e ci sconvolgerà, inducendoci alla ribellione, alla protesta e alla fuga.

Conservare la fede, significherà avere il coraggio di non sottrarsi alla prova ma attraversarla continuando a credere che Lui non si compiace del dolore, né lo sottovaluta, né permette che vada perduto, al punto da raccogliere ogni nostra lacrima (cfr Sal 56, 9: " le mie lacrime nell’otre tuo raccogli…") e soltanto attende paziente quella poca, indispensabile, acqua del nostro amore, per potercela restituire fecondata e centuplicata: "Beato chi trova in Te la sua forza…passando per la valle del pianto la cambia in una Sorgente…" (Sal 83, 6-7)

Maria Antonietta Sansone

Dammi da bere l’acqua viva che sgorga da Te

Da accertamenti eseguiti per forti dolori pelvici, mi venne diagnosticata una cisti ovarica di 6 cm di diametro. Fui indirizzata subito all’intervento chirurgico perché non vi era possibilità di riassorbimento.

Per il dolore fisico e la paura di compromettere una futura gravidanza, arrivai al ricovero deperita e preoccupatissima. Chiesi una bottiglia dell’Acqua del Santuario di Madre Speranza.

La mattina dell’intervento fui accompagnata in radiologia per eseguire un’ecografia di controllo, ma subito dopo mi riportarono in corsia. Con mia grande sorpresa i medici mi dissero che mi avrebbero dimesso immediatamente, perché non avevo più nulla.

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ultimo aggiornamento 28 novembre, 2012