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P. Gabriele Rossi fam

Madre Speranza di Gesù

 

Questa serie di articoli per evidenziare, in un modo assolutamente essenziale e schematico, quanto di più esemplare e di più importante Madre Speranza ha vissuto e ha realizzato. Vengono offerti brevi spunti di riflessione, tratti soprattutto dai suoi insegnamenti scritti e orali e dalle diverse testimonianze del processo di canonizzazione.

 

 

2. La laboriosità e la fiducia nella Provvidenza

«Noi non abbiamo vissuto oziosamente in mezzo a voi,
né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno;
ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno,
per non essere di peso ad alcuno di voi»
(2 Ts 3,7b-8)

Pur avendo maneggiato molto denaro nel corso della sua vita – soprattutto durante gli anni di Collevalenza –, anche Madre Speranza ha praticato la virtù della povertà. E ciò in senso sia materiale che spirituale.

Ma la nota più caratteristica di questa sua virtù non fu tanto la semplice sobrietà personale o comunitaria, quanto piuttosto la grande laboriosità che lei ha messo in atto – insieme con le sue Suore – al fine di procurarsi il denaro necessario per la realizzazione delle varie costruzioni.

Si pensi in particolare: al primo laboratorio di cucito che vide impegnate a Roma una quindicina di Suore, dal dicembre del 1940 al settembre del 1943; e soprattutto al grande laboratorio di ricamo e maglieria che operò a Collevalenza per una ventina d’anni (cioè dal 1958 al 1980) e che nei periodi più intensi (cioè dal 1962 al 1970) arrivò a coinvolgere fino ad una ottantina di Religiose e altrettante ragazze. A tutto ciò si aggiungano poi le altre attività ordinarie che erano collegate con l’accoglienza diaria di centinaia di pellegrini a Roma o presso il Santuario di Collevalenza; o di centinaia di bambini e ragazzi presso le altre Case della Famiglia Religiosa.

Quest’impegno generoso e sacrificato era per Madre Speranza il modo più degno e più corretto: per provvedere alle necessità di carattere ordinario delle Comunità e dei Collegi; e per obbligare il Signore a fronteggiare le spese di carattere straordinario che lui stesso aveva commissionato.

Tra le forme concrete con cui il Signore le ha manifestato la sua Provvidenza, ricordiamo in particolare: gli aiuti più o meno generosi di benefattori noti e meno noti; le ripetute moltiplicazioni di alimenti; e le offerte di denaro giunte tra le sue mani nei modi più strani e impensati. Tutto ciò, a conferma delle parole del vangelo: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33).

2a. La povertà effettiva ed affettiva

«Accumulatevi tesori nel cielo, dove ladri non scassinano né rubano;
perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore»
(Mt 6,20-21)

Madre Speranza ha praticato la povertà evangelica in un modo effettivo ed affettivo (cioè, esterno ed interno), distaccandosi per completo dai beni di questo mondo, per aspirare con maggiore libertà a quelli del cielo. La stessa sobrietà di vita l’ha poi richiesta con forza e con insistenza anche alle sue Religiose e ai suoi Religiosi. E non solo nelle cose più grandi, ma anche in quelle più piccole.

«La povertà è la prima delle beatitudini, "perché dei poveri è il Regno dei Cieli" (Mt 5,3). Nella povertà esistono tre gradi: quelli che lasciano le cose, ma conservano l’affezione ad esse; quelli che conservano l’affezione al necessario e non al superfluo; e quelli che non la conservano né per l’uno né per l’altro. I mezzi per custodire la povertà sono: non usare nessuna cosa come propria; non avere cose superflue; e avere solo il necessario, sempre con il dovuto permesso». 1

«Nella povertà di spirito sta la vera ricchezza e la vera felicità, perché è molto più ricco colui al quale sempre avanza tutto, che colui al quale sempre manca qualcosa. E il distacco deve essere tanto dalle cose grandi che da quelle piccole, perché se lasciamo le cose maggiori e ci affezioniamo a quelle minori, perdiamo disgraziatamente ogni frutto e diventiamo simili a dei bambini capricciosi». 2

«La Religiosa veramente virtuosa si sente soddisfatta nel suo stato di povertà volontaria, in cui l’ha ridotta il voto per esclusivo amore al proprio Dio. A questa Religiosa non le importano le ricchezze, nulla appetisce e tutto le avanza. E le sentirete dire con frequenza: "Sono felice perché nulla mi manca: ho il pane assicurato dalla Provvidenza, un vestito benedetto dalla Chiesa e un tetto che mi protegge. Che altro mi serve?". Nulla. Alla vera Religiosa serve solo lo stretto necessario. Ciò che è inutile o superfluo è per lei un carico fastidioso». 3

«La Madre vestiva come le altre Suore, senza ricercatezza. Abiti puliti e decenti, ma di stoffa ordinaria. Esistono ancora i suoi vestiti e si può vedere che sono così pieni di rammendi, tanto da non distinguersi più la stoffa originale. Nella sua camera vi era una branda, un tavolinetto, una sedia e un comodino. Si inginocchiava per terra. Di denaro ne è passato molto per le sue mani, ma ne ha avuto sempre il cuore distaccato. Ebbe un grande spirito di povertà. E istruiva le Religiose nella pratica della povertà dando come esempio Gesù stesso che volle nascere, vivere e morire poveramente, pur essendo il padrone dell’universo». 4

«Visitando le Case, la Madre faceva frequenti osservazioni circa la povertà. Era esigente in questo campo con i Religiosi e le Religiose. E adeguata ai tempi con i pellegrini e gli ospiti. Per questi il necessario ed anche qualcosa di più». 5

«Sapete, Figlie mie, a cosa guarda il mondo quando vuole giudicarci? Controlla se siamo povere... Il mondo contempla le nostre Case (religiose) con sguardo severo; misura quanto possediamo sotto il cielo; e appena percepisce i segni del lusso, il desiderio del profitto e la ricerca del benessere, si erge nel suo tribunale e ci considera come persone inutili che hanno sviato dalla loro vocazione». 6

 

2b. La continua laboriosità

«Lei si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani;
e il pane che mangia non è frutto di pigrizia»
(cf. Pro 31,10-31)

Madre Speranza ha avuto indubbiamente una grande capacità operativa e organizzativa: che si è espressa nella stessa fondazione dei due Istituti Religiosi; e che è culminata nella realizzazione di un’Opera così complessa come quella di Collevalenza. Fino agli ultimi anni di vita, lei ha saputo intrecciare strettamente la preghiera del cuore e delle labbra con il lavoro delle braccia e delle mani.

«Il Buon Gesù mi ha detto che Lui vuole si riprendano i lavori di questa Casa (generalizia) il prima possibile... Come facciamo, Gesù mio? Il tuo desiderio è che io completi questa mole di Casa con il lavoro e il sacrificio, come esempio per le Figlie e i Figli di domani, affinché tutti loro tengano presente che giammai possono approfittarsi della generosità delle anime benefattrici, come non si approfittò questa loro Madre (nei confronti della Signorina Pilar de Arratia)... Dice Gesù che tutto questo sarà un grande bene per le Figlie, come lo fu il laboratorio militare, come lo sarà il completamento di questa Casa e come lo sarà il laboratorio che dovrò avviare anni più tardi...; e che servirà sempre per incoraggiare le Figlie fedeli al lavoro e al sacrificio, allontanando dalla Congregazione l’oziosità e la pretesa di fare grandi cose a discapito di persone caritatevoli». 7

«Si ricordino (le Ancelle) che esse sono state fondate non per fare le signore, né per vivere nell’ozio, ma per guadagnarsi il sostentamento per loro stesse e per quanti sono accolti nella Congregazione; e ciò tramite il lavoro, la preghiera e il sacrificio; sicure che, ponendo in pratica tutto questo, Gesù stesso si incaricherà di arrivare con il necessario là dove esse non sono potute arrivare». 8

«Pur essendo Superiora generale e nonostante il peso degli anni, le giornate della Madre a Collevalenza erano quanto mai intense. Si alzava generalmente verso le 2 o le 3 di notte per fare un’ora di Via Crucis nella Cappella del Crocifisso; passava quindi in cucina per avviarvi le principali mansioni del giorno; e si ricongiungeva infine con il resto della Comunità per la meditazione e la Santa Messa, verso le 6 del mattino. Seguiva poi la giornata vera e propria, suddivisa ancora tra il coordinamento delle costruzioni, l’accoglienza dei pellegrini, il servizio in cucina, i pasti frugali, gli impegni direttivi, gli imprevisti quotidiani, le esortazioni alle Suore o ai Padri, le preghiere comunitarie e quelle personali...». 9

«Figlie mie, penso che vi dovrebbe animare una sola aspirazione: quella di lavorare non per fare contenta la Madre o la Superiora, ma per dare gloria al Signore e contribuire alle sue Opere, dandogli quanto vi chiede. In modo che, ritirandovi la notte nella vostra cameretta, possiate dire: "Signore, non ho forza neppure per togliermi l’abito; sono stanchissima; però tutto il mio lavoro è stato per Te"». 10

«Figlie mie, una Religiosa non può perdere il tempo, perché il tempo non è suo. E’ del Signore che ce lo affida non perché ci riposiamo, ma perché gli diamo gloria. Noi ci riposeremo nell’eternità… Perciò io supplico il Signore: "Signore, asciuga il sudore delle mie Figlie, contempla il loro lavoro; e vedrai come sarai contento, perché lo fanno per Te". Così gli do guerra continuamente...». 11

 

2c. La fiducia nella Divina Provvidenza

«Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia;
e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta»
(Mt 6,33)

Ma la lunga vita di Madre Speranza, oltre ad essere un chiaro esempio di povertà operosa, è stata soprattutto un continuo miracolo della Divina Provvidenza. Questa infatti non si è limitata a richiedere espressamente rinunce e sacrifici per la realizzazione delle diverse Opere apostoliche, ma le ha anche sostenute generosamente con interventi di natura sia ordinaria che straordinaria.

«Care Figlie, cerchiamo di non rivolgere la nostra attenzione alle cose temporali, perché a noi debbono interessare soltanto le cose eterne. E anche gli avvenimenti della vita ci debbono preoccupare solo nella misura in cui possono ridondare per il bene del prossimo e per la gloria del nostro Dio. E per quanto riguarda l’attac-camento disordinato ai beni di questo mondo, ricordiamoci che le ricchezze non sono un fine, ma un mezzo che la Divina Provvidenza ci dona per attendere alle necessità nostre e dei poveri a noi affidati; e che il nostro Dio continua ad essere il Signore assoluto di tutte loro; e che noi altro non siamo che degli amministratori che dovranno rendere conto dell’uso che ne hanno fatto. Distacchiamo perciò il nostro cuore dai beni terreni, per elevarlo sempre più al nostro Dio». 12

«Figlie mie, pregate per questa vostra Madre, come io già faccio per voi. Pregate in particolare perché io riesca a dare al Buon Gesù tutto quello che Lui ritenga opportuno chiedermi. Però senza bisticciare con Lui. Perché adesso che sono anziana ho imparato a fare una cosa che mi dispiace molto, cioè a discutere con il Signore e a dirgli: che siccome Lui è così grande, non sa chiedere cose piccole; e che siccome non ha mai fatto l’economo, non sa quanto costano le cose». 13

«Figlie mie, quando mi trovo un po’ preoccupata perché non arrivo a pagare le opere, vado dal Signore e gli dico: "Signore, ecco qui tutto quello che ho. Tu mi dici che debbo fare questo, quello e l’altro ancora... Io sono disposta a tutto, però se tu mi aiuti; perché se non intervieni Tu, io non sono capace di nulla"». 14

«Figlie mie, lì vedete il Santuario che si sta ultimando. Chi lo paga? Chi compie quel miracolo? Vado io forse a rubare? Come Religiosa, io non potevo iniziare questa costruzione senza il permesso della Sacra Congregazione dei Religiosi, perché nessun Religioso può gravarsi di debiti (straordinari) senza il suo permesso. Io questo permesso non l’ho mai chiesto, perché ho sempre creduto che Lui avrebbe fatto in modo che non ci fossero debiti. E così sono venuti più volte a dire: "Madre, ha chiesto il permesso?". "No". "E non sa che deve chiederlo?". "Certo, nel caso uno debba fare un debito. Ma è che io non prevedo di farne, perché il Signore che mi ha chiesto tutto questo mi aiuterà". Io gli ripeto sempre: "Signore, Tu l’hai voluto, Tu lo devi realizzare. Io al massimo farò con Te come quella bambina che faceva peso a sua madre". Io ho iniziato questo Santuario perché mi è stato detto di iniziarlo. E sono sicura di pagarlo. Soffrirò tutto quello che il Signore crederà opportuno, ma sono convinta che Lui non mi può chiedere una cosa che vada contro il Diritto della Chiesa. Io ho pendente solo il conto che mi presenteranno la prossima settimana. E allora: chi lo realizza il Santuario? Lo realizza Colui che l’ha commissionato a questa povera creatura». 15


1 MADRE SPERANZA ALHAMA, Costituzioni dei FAM, anno 1954, art. 94.

2 MADRE SPERANZA ALHAMA, Libro delle Usanze per i FAM, anno 1954, parte 2,3.

3 MADRE SPERANZA ALHAMA, Consigli pratici, anno 1941 (n. 172-173).

4 PADRE ALFREDO DI PENTA, Testimonianza processuale.

5 PADRE ELIO BASTIANI, Testimonianza processuale.

6 MADRE SPERANZA ALHAMA, Consigli pratici, anno 1941 (n. 177; 179).

7 MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 14 maggio 1949 (n. 991-993).

8 MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 2 novembre 1936 (n. 418).

9 Nota redazionale.

10 MADRE SPERANZA ALHAMA, Esortazioni, 9 novembre 1964 (n. 228).

11 MADRE SPERANZA ALHAMA, Esortazioni, 6 agosto 1967 (n. 1113).

12 MADRE SPERANZA ALHAMA, Riflessioni, anno 1949 (n. 40).

13 MADRE SPERANZA ALHAMA, Esortazioni, 19 febbraio 1964 (n. 90).

14 MADRE SPERANZA ALHAMA, Esortazioni, 3 luglio 1966 (n. 863).

15 MADRE SPERANZA ALHAMA, Esortazioni, 10 settembre 1965 (n. 671-774).

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ultimo aggiornamento 28 novembre, 2012