La vita, le opere e la beatificazione di Madre Speranza P. Gabriele Rossi fam
MADRE SPERANZA ALHAMA VALERA
La vita, le opere e la beatificazione
(seguito)
Due Congregazioni, una Famiglia Religiosa
Secondo l’insegnamento e l’esempio di Madre Speranza, le due Congregazioni da lei fondate, pur essendo giuridicamente autonome, formano una sola Famiglia Religiosa, nella quale: si attinge a un medesimo dono si grazia; si condivide una stessa spiritualità; si partecipa delle rispettive finalità apostoliche; ci si aiuta come fratelli e sorelle sul piano materiale e spirituale; ci si edifica mutuamente nella carità; e si opera uniti per la gloria di Dio e il bene della Chiesa.
Ora, all’interno di questa unica Famiglia Religiosa, è possibile incontrare una molteplicità di forme di consacrazione al Signore attraverso i tre voti e la vita comune: la forma religiosa classica (tanto clericale come laicale, tanto maschile come femminile); e la forma cosiddetta secolare (tanto clericale come laicale, tanto maschile come femminile). Ciò avviene precisamente per mezzo dei sei rami che essa presenta nell’organigramma delle due Congregazioni.
La Congregazione femminile, infatti, possiede innanzitutto il ramo delle Ancelle in abito religioso, le quali lavorano per completo nelle opere interne dell’ Istituto. Ma essa possiede anche il ramo delle Ancelle in abito civile le quali, pur rimanendo vincolate al contesto comunitario, si dedicano ordinariamente ad attività professionali di tipo secolare. Mentre, come abbiamo già ricordato, le prime sono state fondate nel 1930 e sono state riconosciute nel 1942, le altre sono state fondate nel 1957 e sono state approvate pienamente nel 1976.
13La Congregazione maschile, invece, presenta innanzitutto il ramo dei Sacerdoti interni e il ramo dei Fratelli in abito religioso, i quali lavorano per completo nelle opere che dipendono direttamente dall’Istituto, secondo le possibilità della propria condizione sacerdotale o laicale. Ma essa presenta anche il ramo dei Fratelli in abito civile i quali, senza rinunciare all’inserimento comunitario, si dedicano prevalentemente ad attività professionali di tipo secolare; e il ramo dei Sacerdoti Diocesani i quali, senza mutare condizione canonica, cercano di vivere "more religiosorum" insieme con gli altri confratelli. Come abbiamo già visto, mentre i primi tre rami sono stati fondati nel 1951 e sono stati riconosciuti nel 1968, l’ultimo è stato fondato nel 1954 ed è stato approvato per gradi...
Questo assetto strutturale della Famiglia Religiosa fondata da Madre Speranza va considerato come una vera e propria opportunità, tanto in senso strettamente teologico, come in prospettiva più eminentemente apostolica.
A tutto ciò bisogna poi aggiungere il discorso relativo all’Associazione dei Laici dell’Amore Misericordioso (ALAM), la quale è stata varata per iniziativa dei due Governi generali a Collevalenza, nell’aprile del 1996 (dunque alcuni anni dopo la morte della Fondatrice); ed ha ottenuto l’approvazione della Santa Sede, quale opera propria dei due Istituti Religiosi, il 20 dicembre del 2005.
Il complesso architettonico di Collevalenza (1953-1973)
Ma nel corso di questi stessi anni, insieme con il completamento e consolidamento della sua Famiglia Religiosa, Madre Speranza dovette affrontare anche un’altra sfida: la realizzazione del Santuario dell’Amore Misericordioso.
Si può dire che "il sogno" di una struttura di questo genere lei lo portava nel cuore fin dal 1930-31, quando stando a Madrid aveva fatto scolpire il grande Crocifisso dell’Amore Misericordioso; questo sogno poi si era precisato meglio nel maggio del 1949, quando – stando a Roma – aveva compreso la mole e lo spirito di una simile Opera apostolica; e con questo sogno infine era arrivata nella sperduta frazione di Collevalenza di Todi, quel 18 agosto del 1951…
E di questo sogno iniziò subito a parlare anche con quanti erano con lei nel piccolo borgo, dicendo loro che in corrispondenza di un boschetto non molto distante (che era chiamato "il roccolo" e dove gli abitanti della zona praticavano un sistema di caccia agli uccelli, con reti fisse e con appositi richiami) sarebbe sorto nel giro di pochi anni un grande Santuario, con altre opere annesse, dove il Signore avrebbe conquistato tante anime con la rete della sua misericordia e con il richiamo spirituale dei Religiosi e delle Religiose che lì avrebbero operato.
Iniziò così un’attività a dir poco febbrile, che coinvolse Madre Speranza e l’intera sua Famiglia Religiosa precisamente per venti anni, cioè dal 1953 al 1973; e che ha prodotto un complesso architettonico che costituisce senza dubbio il coronamento materiale e spirituale di tutta la sua vita terrena.
Elenchiamo dunque i diversi edifici sacri e abitativi, con la data della loro inaugurazione: la Casa dei Padri (dicembre 1953); il Seminario minore (settembre 1954); il Santuario piccolo (luglio 1955); il Pozzo e le Piscine (dicembre 1960); la Casa delle Suore (settembre 1962); il Santuario grande (ottobre 1965); il Campanile (maggio 1966); la Casa del Pellegrino, settore A (ottobre 1967); la Piazza e il sottopiazza (ottobre 1969); la Casa del Pellegrino, settore B (settembre 1973); la Via Crucis monumentale (marzo 1967 – settembre 1973).
Per quanto riguarda l’aspetto più propriamente economico della questione, diciamo che la strategia di Madre Speranza fu quella di sempre: fare tutto ciò che era nelle sue possibilità, lasciando il resto alla Divina Provvidenza.
Per questa ragione, prima di avviare le costruzioni più impegnative, lei si preoccupò di organizzare una vera e propria attività di tipo produttivo, che – in collaborazione con alcune ditte locali di abbigliamento – vide impegnate per oltre venti anni molte delle sue Religiose. Un impegno così massiccio, naturalmente, non sempre fu condiviso da tutti e da tutte, ma lei continuò sempre a difendere strenuamente questa forma di autofinanziamento apostolico e caritativo.
E quando tutto ciò non era sufficiente, ecco la sua preghiera insistente, spesso frammista a lacrime, per "obbligare il Signore a pagare ciò che aveva ordinato". E così, alla fine, il grande sogno che portava nel cuore si realizzò…
Il Crocifisso dell’Amore Misericordioso
Tutte le strutture murarie sopra elencate stanno al servizio di un messaggio spirituale, il quale viene espresso plasticamente dall’apposito Crocifisso, realizzato in Spagna nel 1931 e trasferito a Collevalenza nel settembre del 1964.
La grande scultura in legno policromo raffigura Gesù Crocifisso, ancora vivo sulla Croce, con lo sguardo rivolto verso il cielo; ed è corredata da vari simboli aggiuntivi, che ne esplicitano ancora meglio il significato teologico.
14L’immagine evoca almeno tre tematiche principali, unite da un nesso trinitario e disposte in senso verticale: 1) Il Padre, ricco di misericordia; 2) Il Figlio, Re Crocifisso; 3) L’amore cristiano, nella forza dello Spirito.
E infatti: 1) In alto è il Padre buono, a cui il Figlio volge lo sguardo supplice: «Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Il volto del Padre celeste, «lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà» (Es 34,6), è a noi svelato in tutto il suo splendore dal Figlio diletto, non solo per mezzo della predicazione e dei miracoli, ma soprattutto con la sua morte di Croce (cf. Gv 14,8-11).
2) Al centro è Gesù Crocifisso che, innalzato sul mondo intero, attira tutti a sé con la forza del perdono (cf. Gv 12,32); ed esercita il suo ufficio di Avvocato e Mediatore tra il cielo e la terra (cf. 1 Gv 2,1-2). Egli si immola con libera volontà, spinto dall’ardente Carità del suo Cuore (cf. Gv 10,17-18); e si immola con regale serenità, trasformando così il patibolo della condanna (cf. Gv 19,19-22) in un vero trono di gloria (cf. Eb 4,16). Questa medesima immolazione rivive poi in modo reale e mistico in ogni Celebrazione Eucaristica (cf. 1 Cor 10,16-17).
3) In basso è il mondo sofferente, sul quale deve estendersi sempre più il Regno della vera Carità, secondo il precetto evangelico ivi raffigurato: «Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Gv 13,34). Nella forza sacramentale dello Spirito Santo, che rinnova i nostri cuori e l’intera faccia della terra, è possibile impegnarsi in maniera proficua nella pratica del perdono fraterno e delle opere di misericordia, diventando così segni e strumenti dell’Amore del Signore...
La centralità attribuita al Crocifisso che chiede e ottiene il perdono serve a far comprendere che l’Amore Divino è Misericordioso per il fatto stesso che si è offerto e immolato per noi, non quando eravamo meritevoli di qualcosa, ma mentre eravamo ancora peccatori (cf. Rm 5,8-9), vincendo così l’abbondanza del nostro peccato con la sovrabbondanza della sua grazia (cf. Rm 5,20).
Ma tutto questo discorso, che è facilmente riproducibile in qualsiasi altra parte del mondo, costituisce soltanto una faccia della medaglia. Per comprendere infatti la specificità dell’Opera di Collevalenza, bisogna tener conto anche di un altro aspetto che non è facilmente imitabile: appunto, l’Acqua del Santuario.
La storia del Pozzo e delle Piscine (1960)
La questione del Pozzo e delle Piscine, che sicuramente faceva parte del sogno iniziale di Madre Speranza, si trasformò per lei in un ordine operativo solo nel gennaio del 1960, a pochi mesi dalla elevazione a Santuario diocesano della Cappella del Crocifisso, avvenuta il 1° ottobre 1959. Dunque, il Pozzo andava realizzato nell’orto della Casa dei Padri, sul lato destro della futura Basilica, con a fianco un edificio per ospitare dieci Vasche per l’immersione dei malati.
I lavori iniziarono il 1° febbraio 1960 con l’ausilio di una trivella a mano, azionata da uno dei Fratelli Religiosi, con la quale si raggiunse la profondità 9 metri. Successivamente, ai primi di marzo, si conferì l’incarico a un’impresa locale la quale, dopo aver anch’essa adottato inutilmente una trivella più grande, proseguì fino a 23 metri realizzando un pozzo in muratura. Ma non potendo continuare oltre con tale tecnica, ai primi di aprile, ci si accordò finalmente con una ditta specializzata per la perforazione di un pozzo artesiano.
15Giunti ormai a una ottantina di metri e non avendo incontrato quasi nulla, la ditta era sul punto di abbandonare i lavori, anche a causa delle continue e inspiegabili complicazioni meccaniche e tecniche che si stavano producendo. Ci volle tutta la fede e la tenacia di Madre Speranza, che seguiva molto da vicino tutte le operazioni, affinché si continuasse in quel folle tentativo...
Quando il dubbio iniziava già a serpeggiare anche in Casa e i commenti di molti all’esterno si facevano malevoli, nel pomeriggio del 6 maggio la sonda di perforazione, dopo essere rimasta incagliata nel fondo per più di un’ora, incontrò finalmente un’abbondante falda acquifera a 92 metri di profondità: fu una vera liberazione! Altre vene ancora più abbondanti furono poi trovate, sempre nel mese di maggio, a 114, 120 e 122 metri... Trovata l’Acqua, i lavori per la sistemazione del Pozzo proseguirono fino alla inaugurazione del 14 luglio 1960.
Molto meno problematica invece fu la realizzazione dell’edificio per le dieci Vasche e la sistemazione dell’area circostante: gettate le fondamenta il 22 agosto 1960, tutto fu ultimato per il 1° dicembre dello stesso anno…
La finalità complessiva del Santuario
Ma quale doveva essere la finalità di quest’Acqua e quale la connessione tra queste Piscine e il Santuario stesso? La risposta più autorevole ci viene dalla pergamena che il 14 luglio 1960 fu gettata con apposito contenitore in fondo al Pozzo, durante la già citata cerimonia di inaugurazione: essa conteneva parole particolarmente solenni, ricevute durante un’estasi di quel periodo.
Il testo diceva: «Decreto. A quest’Acqua e alle Piscine va dato il nome del mio Santuario. Desidero che tu dica, fino ad imprimerlo nel cuore e nella mente di tutti coloro che ricorrono a te, che usino quest’Acqua con molta fede e fiducia, e si vedranno liberati da gravi infermità; e che prima passino tutti a curare le loro povere anime dalle piaghe che le affliggono per questo mio Santuario, dove li sta aspettando non un Giudice per condannarli e dar loro subito il castigo, bensì un Padre che li ama, perdona, non tiene in conto e dimentica».
Ma quali sarebbero le gravi infermità evocate nella pergamena? Secondo Madre Speranza, sono quelle «malattie strane e dolorose che la scienza umana non sa curare», come per esempio «la paralisi, il cancro e la leucemia».
Il significato profondo di tutto ciò emerge in particolare dalla supplica che lei ha pronunciato in estasi presso il Pozzo, il giorno stesso in cui fu rinvenuta la prima falda acquifera: «...Ti ringrazio, o Signore! Da’ la virtù a quest’Acqua di guarire il cancro e la paralisi, uno figura del peccato mortale e l’altra del peccato abituale... Il cancro uccide l’uomo, lo disfa; la paralisi invece lo rende inabile, non lo fa camminare... Da’ all’Acqua la virtù di guarire i malati, i malati poveri che non hanno mezzi, anche con una sola goccia d’Acqua... Sia quest’Acqua, o Signore, la figura della tua grazia e della tua misericordia...».
Dunque, la prospettiva teologica del Santuario viene delineata con molta chiarezza: l’Amore Misericordioso vuole curare anche ciò che è fisicamente incurabile, per dimostrare che egli è in grado di vincere qualsiasi tipo di infermità spirituale, anche la più miserevole. Egli infatti risana dal peccato veniale abituale che è simile ad una paralisi che blocca l’uomo e non lo fa progredire sulla via del bene; e risana anche da ogni genere di peccato mortale che è paragonabile a un cancro che corrode l’uomo dal di dentro e lo distrugge. L’Acqua del Santuario pertanto altro non è che un segno della grazia e uno strumento della misericordia del Signore, il quale vuole manifestarsi ancora una volta come vero medico dei corpi e delle anime, facendo così risuonare con forza presso il Santuario di Collevalenza le parole del Vangelo: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,17).
Ma perché una simile prospettiva pastorale potesse diventare ufficiale, ci volle ancora molto tempo. Nel novembre del 1960 infatti il successore di Mons. De Sanctis, consultata la Santa Sede, non concesse la necessaria autorizzazione per l’utilizzo pubblico delle Vasche. L’autorizzazione giunse soltanto dopo più di 18 anni, cioè a partire dal 1° marzo 1979, ad opera del Vescovo di Todi Mons. Grandoni e previa consultazione dell’intera Conferenza Episcopale Umbra.
Da allora, l’uso dell’Acqua del Santuario, pur non perdendo del tutto il suo alone di mistero, viene ordinariamente proposto in un contesto paraliturgico e orante, così da valorizzarne al meglio i significati biblici e catechetici.
Il Quadro di Maria Mediatrice
La proposta spirituale di Madre Speranza si completa poi con una speciale devozione verso la Beata Vergine Maria, invocata e presentata quale Mediatrice di tutte le grazie. E in questo senso, acquista tutta la sua utilità l’apposito Quadro che è stato realizzato su sua indicazione a Fermo, nel 1956, e che si trova esposto in una delle Cappelle laterali dello stesso Santuario di Collevalenza.
Dal punto di visto teologico, esso evoca almeno due tematiche:
1) Maria, rivestita di grazia.
La Vergine Maria vi è raffigurata innanzitutto con i simboli della sua speciale santità: lo Spirito Santo che la riveste di luce e di bellezza (è "la donna vestita di sole" che riflette gli splendori di Dio [Ap 12,1-2]); il serpente e la luna sotto i suoi piedi (il veleno dell’antico tentatore non ha avuto alcun potere su di lei [Gen 3,14-15]); e il giglio candido che sorregge l’Ostia sul suo petto (tramite la sua maternità verginale, il Verbo Eterno si è fatto carne [Gv 1,14]).
2) Maria, mediatrice di grazia.
Ma la Vergine Maria vi è raffigurata soprattutto con i simboli della sua speciale regalità: la corona sul capo e il vestito regale (è come la Regina Ester che implora davanti al Re, per il suo popolo [Est 8,3-6]); le braccia aperte tra il cielo e la terra (la sua è una intercessione premurosa, senza limiti di spazio e di tempo [Gv 2,1-11]); e l’arcobaleno che trionfa sopra le nubi del mondo (allontana da noi il castigo del diluvio e ci ottiene il dono della pace [Gen 9,12-17]).
Dunque: la Beata Vergine Maria, sempre in unione con il Figlio suo che rimane l’unico Mediatore (1 Tm 2,5-6) e l’eterno Sacerdote (Eb 7,24-27), continua a stare con gli occhi rivolti verso l’alto, da dove le verrà l’aiuto (Sal 121/120, 1-2), e con le braccia aperte tra il cielo e la terra: per magnificare la misericordia di Dio che ha operato in lei cose grandi (Lc 1,46-55); per intercedere come nostra avvocata con la sua onnipotenza supplice (Est 8,3-6); e per distribuire poi tutte le grazie che ha ottenuto dal Signore a nostro vantaggio (Gv 2,1-11).
Come insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II (cf. LG 60 e 62), questa mediazione universale di Maria: non nasce da una qualche necessità, ma dal beneplacito di Dio stesso; non è per nulla affatto autonoma, ma profondamente radicata nell’unica mediazione di Gesù Cristo; e non è una semplice pretesa, ma la conseguenza necessaria di quella maternità spirituale che le è stata accordata in modo ufficiale quando si trovava ai piedi della croce (Gv 19,25-27).
Madre Speranza, in sintonia con questa immagine e con le proprie esperienze mistiche che la ponevano spesso a contatto con la Madre celeste, è arrivata a zelare apertamente la proclamazione di questo possibile dogma mariano.
(segue)
13 L’inizio ufficiale delle Ancelle in abito civile avvenne a Fermo, il giorno 11 febbraio 1957, quando le prime quattro Signorine del ramo – Franca Zaganelli, Albertina Amorosi, Gabriella De Melis ed Emma Antolini – emisero la loro Prima Professione nelle mani di Mons. Norberto Perini e alla presenza della Madre Fondatrice.
14 I simboli sono: il Cuore sul petto con la parola "Charitas"; la grande Ostia sullo sfondo; il globo in basso; il vangelo aperto sul comandamento nuovo; il cuscino con la corona regale; e le diciture "Tu sei o Cristo il Re della gloria" e "L’Amore Misericordioso".
15 Si trattava della Ditta Guido De Togni di Isola della Scala (Verona).
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ultimo aggiornamento
12 novembre, 2013