Pastorale Familiare Marina Berardi
Famiglia,
bottega di santi(seguito)
S
ono d’accordo con Franco quando invita a rinnovare questi momenti fraterni e di Chiesa, a crescere ogni giorno nell’incontro con Cristo. Abbiamo toccato con mano come un’esperienza può diventare così significativa da segnare una vita; è bastato mettersi in gioco, disposti a "traslocare", a rientrare nel proprio cuore e nella propria casa, per scoprire che Gesù era già lì ad aspettarci. Abbiamo scoperto che è indispensabile "farsi dono", reciprocamente, di una cosa che non costa nulla ma che fa ricchi tutti: il tempo, l’"esserci per" il partner, i figli, gli amici! Insieme, abbiamo portato i pesi gli uni degli altri e siamo stati testimoni del miracolo del sorriso che nasce dalla condivisione e dal cercare la felicità di chi ci è accanto, a partire dai più piccoli.Nei giorni trascorsi insieme, c’è stato spazio proprio per tutti! Anche i bambini, infatti, hanno compreso la gioia di lavorare insieme, "a ognuno il suo mestiere": chi disegnava i modelli, chi li tagliava, chi li cuciva, chi costruiva la casa, chi colorava i fiori… Tutti insieme hanno imparato l’arte del falegname e quali "grandi cose" sia possibile realizzare quando ognuno fa la sua parte.
In tutto questo hanno sperimento il valore dell’amicizia, dei legami familiari, del lavoro, della pazienza, dell’unità, dell’amore... Lo hanno fatto attraverso una favola e dei fumetti ideati ad arte dagli eccellenti animatori. Hanno realizzato una casa-bottega di cui loro stessi hanno deciso che M. Speranza dovesse essere la portinaia. Così terminava la simpatica e profonda rappresentazione messa in scena, che ha commosso veramente tutti.
Come ha detto una mamma, "riempie il cuore vedere gli occhi dei nostri figli ravvivati di gioia per questa stupenda esperienza".
Tre le domande, invece, che hanno guidato il cammino del folto gruppo di giovani che avevano il loro "campo base" al Roccolo: Che cercate? Desideri imparare ad amare? Signore, cosa vuoi che io faccia?
Sono stati invitati a scegliere ciò che ritenevano veramente importante per il viaggio della vita e a metterlo nella propria "sacca" (mochila!), tentando di immaginare cosa deve essersi portata Madre Speranza quando, 100 anni fa, partì da casa, innamorata di Gesù. Hanno scoperto che portò con sé un grande anelito di santità, il desiderio di conoscere e compiere la volontà del Signore su di lei, la gioia di rispondere alla chiamata di Dio e la ferma decisione di spendere la propria vita per servire, come un’umile scopa. Impara l’arte e…, questo il loro slogan. Ragazzi! Ci auguriamo che ognuno di voi abbia portato via, nel profondo del proprio cuore - oltre alle tante e nuove amicizie – quel personale desiderio deposto sul letto dell’8° piano, dove Madre Speranza ha detto il suo ultimo "sì" all’Amore Misericordioso, dopo una vita piena consumata solo per Amore! È stato bello rivedervi numerosi "Sui passi di M. Speranza", in occasione del 31° anniversario della sua morte: ancora una volta insieme, per cercare una "goccia di Speranza" nel burrascoso mare di questo nostro tempo!
È bello pensare che ciascuno di noi è frutto di una storia, frutto di un "sì" pronunciato da chi ci ha preceduto nel cammino della vita. Quando si incontrano testimoni pronti a riportarci alle radici dell’amore, a spezzare la propria esperienza perché anche gli altri abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza, riscopriamo il gusto e la gioia del vivere, il profondo senso dell’esistenza.
Sto pensando a quanto Suor Pace, attraverso i moderni mezzi della tecnica, ci ha raccontato in video; a quel suo primo incontro con M. Speranza, quando, ancora bambina, arrivò a Roma dalla Spagna: «La Madre ci accolse visibilmente commossa; ci abbracciò tutte forte, forte…, ogni tanto si fermava, respirava affannosa mente, la invitavano a sedersi ma lei rimaneva in piedi e poi proseguiva nell’abbracciarci; sorrideva ad ognuna. Quando fu il mio turno, mi disse: "Tu, piccola, perché sei venuta?". Le risposi subito: "Desideravo conoscerla e diventare missionaria con Lei". Mi rispose: "No, figlia, tu sei venuta a santificarti e nient’altro; tutte siete venute per diventare sante"».
In queste parole della Fondatrice c’è tutta la carica carismatica: l’invito alla rinuncia delle proprie attese, delle mezze misure, per far nascere il desiderio di una risposta esigente e impegnata nel cammino della perfezione. Alla Madre, partita da casa con il grande desiderio di farsi santa, lungo percorsi non sempre facili, fu chiesto di fondare una Famiglia religiosa, le Ancelle (Madrid, 1930) e i Figli (Roma, 1951) dell’Amore Misericordioso, perché insieme avessero annunciato al mondo la paternità e maternità di Dio, che Dio è famiglia! Fin dai suoi inizi, la nuova Opera è stata accompagnata da fatti straordinari, da gesti di tenerezza di un Dio che si prende cura di ciascuno dei suoi figli in modo del tutto personale.
Vado con il cuore a quanto ci ha raccontato con semplicità P. Mario. Non era la prima volta che lo ascoltavo, eppure traspariva e si coglieva lo stupore per un’esperienza vissuta come dono, qualcosa da restituire gratuitamente, solo per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Tra le tante cose, ecco quanto dice di quel suo primo incontro con la Madre. Era il 1953. "Ero già sacerdote e vivevo in seminario a Perugia… Avvenne in quel tempo un fatto penoso che mi turbò moltissimo: un sacerdote della Diocesi di Perugia abbandonò il sacerdozio per convivere con una ragazza infermiera. Era un sacerdote che io stimavo molto perché attivo, zelante, buono, simpatico… Il fatto mi aveva prodotto una forte impressione; uno di quegli stati d’animo che sembra "ti paralizzino" e ti tolgano la possibilità o la voglia addirittura di comunicarlo fosse pure all’amico più intimo.
Il fatto sta che io non ne avevo parlato proprio con nessuno della paura che mi aveva invaso al pensiero di ciò che un giorno sarebbe potuto capitare al mio sacerdozio, se un sacerdote buono e zelante, come io lo ritenevo, aveva fatto questa scelta. Non ne avevo parlato neanche con Mons. Aldo Pucciarini, mio padre spirituale; vivevo dentro di me uno stato di forte ansia e paura.
Una mattina dell’ottobre 1953 ero appunto in seminario e davo lezione ai seminaristi. Il portiere del seminario bussò alla porta e mi disse che in sala d’aspetto mi attendeva per una cosa urgente mio fratello. Scesi in sala e vi trovai un giovane che però non era mio fratello, ma colui che, più tardi, conoscerò come fattore nell’azienda agraria dei Padri di Collevalenza.
Il giovane mi avvicina e mi dice: "E’ lei don Mario?"; "Si", rispondo io. "…Son qui solo per dirle che giù in Piazza IV Novembre, in macchina, lo sta attendendo Madre Speranza che vorrebbe parlare con lei".
Fino ad allora io avevo appena sentito parlare della Madre, anche perché Padre Arsenio Ambrogi, che era parroco al mio paese nativo di Marsciano, era passato tra i Padri di Collevalenza… Uscii e trovai la Madre seduta sulla macchina (una FIAT 1100) parcheggiata in Piazza; accanto a Lei c’era Padre Gino Capponi che appena mi vide uscì dalla macchina e mi lasciò solo con la Madre.
Questa mi disse: "Il buon Gesù mi ha detto che lei è tanto preoccupato e angustiato perché quel suo amico ha abbandonato il sacerdozio; e veramente c’è da essere preoccupati perché verranno tempi ancora più difficili per i sacerdoti; ma proprio per questo, il buon Gesù mi ha mandato per dirle che da qualche anno Lui ha suscitato in Collevalenza una nuova Congregazione religiosa proprio per l’aiuto e il sostegno dei sacerdoti: chissà che non possa essere un aiuto anche per lei?".
Non aggiunse altro, ma questo incontro ha segnato la mia vita di una profonda commozione e gratitudine al Signore nell’aver potuto toccare con mano come a Lui non sfugge nulla, neanche la mia vita fatta di piccole cose, così come non sfugge la vita di tutti, che agli occhi Suoi è "preziosa".
Ne parlai con il Padre Spirituale che mi consigliò prudenza, trattandosi soprattutto di una Congregazione nuova che non aveva ancora nessun riconoscimento giuridico da parte della Chiesa; mi esortò a pregare, ad andare in pellegrinaggio a Lourdes per chiedere luce e, infine, a parlarne all’arcivescovo Mons. Mario Vianello il quale non credette conveniente lasciarmi libero di abbandonare la Diocesi, se non nel gennaio del 1955; a luglio dello stesso anno potei entrare in Congregazione".
Sacerdoti, religiosi, religiose, laici dell’Amore Misericordioso e non, insieme per essere famiglia e dire al mondo che "questo è bello" (per dirla con Papa Francesco), perché questo è il piano di Dio sull’umanità: uomini e donne in cammino verso una vita piena vissuta nell’Amore e per amore. Lasciatemi dire che "questo è bello", perché è un annuncio di speranza, anche per quella parte di umanità che accampa pretese sul diritto alla vita, alla paternità e maternità ad ogni costo, alla "selezione" del feto, o che combatte per sovvertire le leggi di natura, i valori, la stessa realtà familiare.
Nei giorni trascorsi insieme non abbiamo dato inizio a Cause di canonizzazione, eppure abbiamo parlato dei "nostri santi", di quelli che ci sono vissuti e ci vivono accanto. Abbiamo cercato di narrare l’amore che c’è in mezzo a noi, e ce n’è davvero tanto! L’"incontro" con compagni di viaggio che hanno affidato la loro vita all’Amore Misericordioso, fino a quell’ultimo e definitivo "sì", il parlare di loro e con loro, ha ravviato in noi la certezza che continueremo a vivere nella comunione dei santi, contemplando insieme lo stesso Gesù: noi nell’Eucarestia e loro faccia a faccia
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Concludo con le parole di Andrea, carpite dalla docu-fiction realizzata lo scorso anno sulla Madre e sul Santuario1: "Perché venire qui [a Collevalenza]? Perché la vita nella quotidianità ha molte difficoltà però, grazie all’Amore Misericordioso, ai momenti che viviamo qui, possiamo riuscire a scoprire qual è la nostra forza, qual è la verità della famiglia, qual è la vocazione nella vocazione".
Famiglie, la vostra vocazione è grande!
1 Una storia, un viaggio, una speranza, regia di Paolo Dalmazi. I proventi ricavati dalla vendita di questo film-documentario, realizzato dall’Associazione Amore Misericordioso nel mondo ONLUS, grazie all’impegno dei Laici dell’Amore Misericordioso, saranno devoluti a favore delle missioni e delle adozioni sostenute della Famiglia religiosa.
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ultimo aggiornamento
15 aprile, 2014