Pastorale Familiare |
Marina Berardi |
"Raccogliere"
cuoreil
I
n questi ultimi mesi, i passi del nostro cammino di "Famiglie di Speranza" li abbiamo spontaneamente orientati verso la vita e la storia della Madre, le cui orme ci hanno portato, con prontezza e gioia, verso il grande e indimenticabile evento della beatificazione!Lei, 100 anni fa, lasciando la casa paterna, ha marcato il suo primo e deciso passo, nel grande desiderio di raggiungere la santità, sull’esempio di S. Teresa d’Avila. Era il 15 ottobre 1914.
Vorremmo proseguire questo cammino e, alla luce degli scritti della Madre, cogliere la sua proposta educativa. La strada è percorribile da chi volesse esercitarsi nell’incomparabile arte di genitore e di educatore, al fine di condurre noi stessi e chi ci è affidato alla piena maturità e statura di Cristo. Si tratta di mettere in campo le migliori strategie per diventare e far diventare l’altro un primatista nell’Amore1, o anche una luce di santità…, chissà, magari, riflesso della santità della nostra carissima Madre, che un giorno ebbe a dire: "avere una figlia o un figlio santo è un onore per lui e per i suoi"2.
Nei prossimi articoli vorrei proporre e percorrere insieme un cammino attento alla "salute" della "coppia" e dell’"adulto", che ci porti ad individuare gli atteggiamenti che favoriscano il diventare padri e madri, educatori… stile Amore Misericordioso, secondo il Cuore di Dio! È un cammino che passa, di necessità, per il nostro cuore e per la ricerca della verità di noi stessi perché - come ci insegna M. Speranza - anche quando questa dovesse umiliarci, rimane un inestimabile dono del Signore che ci fa veramente liberi di amare e attenti al bene di tutti3, attenti al vero bene dei nostri figli, dei nostri giovani, al nostro bene...
Quanti timori ed ansie attraversano il cuore dei genitori e degli educatori, preoccupati per l’incertezza della vita, per la crisi etica ed economica, per l’esasperata smania di cambia mento dove nulla sembra essere certo e duraturo, per la salute fisica, per la mancanza di lavoro, per il disorientamento dei valori…, in una parola, preoccupati per ciò che il futuro riserverà loro. Eppure, nonostante il peso della dura realtà si faccia spesso insostenibile e insopportabile, è in questo contesto sociale e familiare, fragile e precario, che, come l’ape, siamo nati "per volare nel cammino della santità ed essere luce", edificandoci mutuamente e attraendo quanti ci sono affidati a lavorare e vivere per la gloria di Dio4.
Siamo chiamati a fare unità nella nostra vita, attenti a "raccogliere" il cuore, a vigilare affinché non entrino in esso interessi che ci allontanano dalla meta, dall’altro, dalla famiglia, dallo spirito del Vangelo… Papa Francesco, lo scorso 10 ottobre, ha esortato: "Cuori in guardia"! Dovremmo essere attenti a non lasciare che le invidie e le gelosie, lo spirito del male, la rabbia e la vendetta, lo scoraggiamento e la sfiducia, le vanità e le mode del mondo, i cattivi pensieri facciano da padroni a casa nostra, dove finiscono per aggirarsi indisturbati, senza che ce ne accorgiamo.
Ripenso a quando venne a trovarmi un amico, chiedendomi di aiutarlo a capire cosa gli stesse accadendo: "Ho toccato il fondo, non so cosa fare… Sto perdendo la cosa più preziosa che ho: la mia famiglia! Non so cosa scegliere…". Ho provato ad attingere alla sapienza della Madre dicendogli che quando lasciamo che il nostro cuore si riempie di passioni, di se stesso, questo inevitabilmente resta ferito, non trova pace, gli impegni presi perdono il loro senso5, tutto è poco, fino al punto che il cuore, preso da una spasmodica e illusoria ricerca di piacere e di felicità, si acceca, finendo dove non avrebbe mai osato immaginare. Ma, come ci ricorda la Madre e recentemente anche Papa Francesco, Gesù non si stanca di perdonarci e di scusarci, adducendo "l’unica scusa possibile: la cecità di spirito"6.
Rivedo i tradimenti e le vendette che si consumano tra le mura domestiche o le invidie, pettegolezzi, prese di posizione e piccole ripicche che, giorno dopo giorno, rendono una casa o una comunità un ambiente invivibile, un campo di battaglia, dove ognuno tenta di far valere pretese e diritti, di far pesare la propria posizione, magari nella segreta speranza che sia l’altro a cambiare. Sono atteggiamenti favoriti dalla mentalità corrente, pronta ad esaltare i diritti più che i doveri, ma, come ricorda Gesù, hanno una origine ben più profonda: "…dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza» (Mt 7,21-22). Recentemente, anche Papa Francesco ci ha indicato gli effetti di tutto questo su una comunità, su una famiglia, su un quartiere: "Ci smembra fra di noi. È l’inizio della guerra. La guerra non incomincia nel campo di battaglia: la guerra, le guerre incominciano nel cuore, con incomprensioni, divisioni, invidie, con questa lotta con gli altri"7. La guerra comincia facendo saltare le vie di comunicazione: i ponti del dialogo, del rispetto, della comprensione… Così, "invece che edificare e far crescere la Chiesa come corpo di Cristo", invece che costruire la piccola chiesa domestica della famiglia, "la frantumano in tante parti, la smembrano"8.
Come fermare, allora, quella che appare un’inesorabile spirale di violenza familiare, che in troppi finiscono per emulare? "Raccogliendo" il cuore!
"Raccogliere" il cuore è rientrare in se stessi, è essere consapevoli di quanto vi sta succedendo e di chi lo abita, anche attraverso la sana abitudine, a fine a giornata, dell’esame di coscienza. È sempre Papa Francesco che invita ciascuno di noi a chiedersi: «Cosa è accaduto oggi nel mio cuore? Cosa è successo? Che cose sono passate attraverso il mio cuore?»9. Questo eviterà che si depositi in esso polvere inutile o che questa finisca sotto il tappeto, salvo riemergere violentemente quando meno te lo aspetti.
Quando, a fine giornata, dovessimo ritrovarci a raccogliere i pezzi dei nostri errori, nulla è perduto; Gesù, in un’estasi, ebbe a dire alla Madre che Lui non conta le volte che sbagliamo ma, piuttosto, quelle in cui cerchiamo di essere migliori anche quando non ci riuscissimo! Lui guarda l’intenzione.
Se i frantumi venissero da relazioni difficili e conflittuali, finanche da situazioni ingiuste, dovremmo continuare a credere che tutto questo è il luogo nel quale Dio non si stanca di aspettarci, per insegnarci che l’unica strada che apre il cuore alla speranza è quella percorsa da Lui: la vendetta dell’Amore, del dono totale di sé, "costi quello che costi".
Ripenso a quei momenti di profondo dolore, sia esso fisico o morale, che provocano l’albergare nel nostro cuore di sentimenti di rabbia e di vendetta o anche della martellante domanda: Perché? Perché a me? Perché questo? Senza accorgerci, finiamo per chiedere conto a Dio di quanto permette nella nostra vita, a Lui che ha donato la Sua per salvare la nostra. I momenti di dolore, nel piano salvifico del Signore, sono l’opportunità per slacciare la cintura di sicurezza, fidarsi di Lui che è il Pilota della nostra vita: "…nelle tue mani mi abbandono: fa’ di me ciò che a te è gradito"10. È un modo per dirgli: Conducimi dove vuoi, anche quando le tue rotte dovessero apparirmi un inaspettato "dirottamento". Rinunciare a voler aggiustare e dominare le situazioni, a tenere i comandi, a scegliere cosa vivere ci libera dalla preoccupazione del "cosa accadrà" e ci spinge ad investire ogni risorsa del nostro cuore nel "come viverlo". Da qui non può che sgorgare un "Grazie", perché tutto allora diventa dono. Il primo ed immediato dono è la pace di un cuore che ora può smettere di male-dire per dire-bene: "Il cuore che sa dire grazie è un cuore buono, è un cuore nobile, è un cuore che è contento"11!
"Vi domando - aggiunge Papa Francesco -: tutti noi sappiamo dire grazie, sempre? Non sempre perché l’invidia, la gelosia ci frena un po’". Cosa fare allora? "Apprezzare le qualità, farsi vicini e partecipare alla sofferenza degli ultimi e dei più bisognosi; esprimere la propria gratitudine a tutti… E sempre nella carità considerarsi membra gli uni degli altri, che vivono e si donano a beneficio di tutti" (cfr 1Cor 12–14).
La stessa Madre scriveva: "Ricordo che la gratitudine per Gesù è quasi sconosciuta. Ho spesso sentito che molti chiedono e pochi ringraziano, nonostante egli ci dia più di quanto gli chiediamo. È anche vero che chiedere è di chi sta nel bisogno, ringraziare è da cuori nobili. Per questo vorrei che risplendesse in noi questa qualità dopo l’amore12.
Per questo, a fine giornata, potrebbe essere bello e importante ritrovarsi un momento insieme, in famiglia, per curare e fasciare le eventuali ferite, per impedire che tramonti il sole sopra la nostra ira e per trovare, insieme, un motivo per cui ringraziare il Signore, fosse anche l’aver avuto il coraggio di portare la croce, o semplicemente… di esserci, l’uno per l’altra, l’uno per l’altro.
Sarà la vita quotidiana a darci i "compiti a casa" per imparare a…
"raccogliere" il cuore!1 Cf. Padri e Madri, più che maestri, rivista giugno 2013.
2 Esortazioni, El Pan 21, 63.
3 Cf. Padri e Madri, custodi della salute, rivista settembre 2013.
4 Cf. Lettere personali, El Pan 19, 1324.
5 Cf. Esortazioni, El Pan 21, 399.
6 La Passione, El Pan 7, 390-391.
7 Papa Francesco, Udienza, 22.10.2014.
8 Ibidem.
9 Papa Francesco, Omelia a S. Marta, 10.10.2014.
10 Beata M. Speranza di Gesù, Novena dell’Amore Misericordioso.
11 Ibidem.
12 Consigli pratici 1941 El pan 5, 224.
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ultimo aggiornamento
11 novembre, 2014