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Roberto Lanza

Madre Speranza:
    “Sia fatta la tua volontà ...
        anche se mi fa soffrire,
            anche se non la capisco
                e anche se non la vedo”

 

ESTRATTO

S. Paolo, quando scriveva alle prime comunità cristiane, le invitava a ricercare costantemente la volontà di Dio con queste parole: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" 1.

 

Ma che cosa è questa volontà di Dio?

Leggendo quello che ha scritto la Madre Speranza, mi pare di cogliere una nuova impostazione "teologica" che definisce meglio il concetto di "volontà di Dio". Mi sembra di intravedere che la Madre abbia sperimentato, in prima persona, una diversa e più coinvolgente volontà di Dio per la sua vita.

La sua vita è stata dominata dal pensiero e dalla preoccupazione che ogni suo gesto, ogni suo pensiero e ogni sua scelta, fossero sempre espressione coerente della volontà di Dio, o meglio che qualsiasi cosa lei facesse fosse ispirata solo da Dio e non da se stessa. Molte volte, infatti, troviamo che la Madre, in molte sue circolari o lettere, inserisce come frase conclusiva le seguenti parole: "Pregate per questa vostra Madre, affinché riesca a dare a Gesù quanto le chiede". Più volte anche nel suo diario la Madre riporta frasi del tipo: "Gesù mi ha detto", oppure: "Gesù vuole", quasi a testimoniare che niente, di quello che lei si apprestava a fare, era voluto dal proprio io, o dalla propria ambizione.

La volontà di Dio al di sopra di tutto, fare quello che piaceva al buon Gesù diventò per la Madre il suo pane quotidiano: " …che io mai desideri altra cosa che non sia fare la tua divina volontà; che questa si compia in me con tutte le sofferenze che dovesse comportare" e ancora "Non permettere, Gesù mio che io abbia a desiderare qualche cosa che non sia intenzione tua, giacché non desidero altra cosa che farti piacere e sottomettermi in tutto e per tutto alla volontà del mio Dio. Accendi Gesù mio nel mio cuore il fuoco del tuo Amore e così potrò accettare con gioia la tua Divina Volontà per quanto difficile sia"2.

Tutto il suo Diario è pervaso da questa sua "ansia". Una disposizione interiore che è molto simile a quella che aveva Gesù nel compiere la sua missione: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" 3.

Ma per confermare questa "nuova" impostazione teologica della volontà di Dio, credo che ci siano degli scritti della Madre Speranza da meditare attentamente e che sono veramente illuminanti per quello che stiamo affermando: "Gesù mio concedi continuamente alla mia volontà la forza e la costanza necessarie per non desiderare né cercare altra cosa all’infuori di Te e altro non desideri che fare la tua volontà. Che si realizzi in me la tua volontà, anche se mi costa, non la capisco e non mi è chiara"4. E ancora: "Dio mio, fa che nell’angoscia e nel dolore, il mio cuore acceso nel fuoco del tuo amore, la mia anima goda e si dilati nella sofferenza e desideri solo che si compia in me e nelle figlie la tua divina volontà anche se mi fa molto soffrire, anche se non la capisco e anche se non vedo con chiarezza"5.

Come mai la Madre Speranza chiede al Buon Gesù di concederle la grazia di poter realizzare la Sua volontà anche se poi non è chiara, se non è facile da conoscere e se addirittura fa anche soffrire? Cosa voleva intendere la Madre Speranza? Cosa voleva trasmettere?

Un atteggiamento molto diverso dal nostro che vorremmo invece conoscere tutto, avere magari una "visione" di Dio che ci annunci e ci riveli direttamente cosa vuole da noi, o ancora che ci scriva una bella e-mail con la descrizione dettagliata di quello che dobbiamo fare per la nostra vita o magari che ci descriva anche con quali modalità tutto questo debba avvenire. Quindi una volontà di Dio chiara, trasparente, univoca, e magari pure corretta se quella originale non è adatta ai nostri piani o programmi personali.

Le risposte a queste domande le troviamo ancora una volta nei suoi mirabili scritti, in particolare ne ho "scelti" due, perché specialmente in questi pensieri troviamo quell’elemento "nuovo" di cui parlavamo nelle pagine precedenti: "Chiediamo a Gesù di essere fedeli alla nostra vocazione. Se ci sforziamo e viviamo fedelmente quanto gli abbiamo promesso non dovremmo temere niente e con tutta fiducia giungeremo all’Amore Misericordioso sicure che non ci negherà niente né nell’ordine spirituale, nemmeno in quello materiale; infatti egli si è fatto nostra provvidenza. Se manterremo i nostri impegni egli sarà fedele alla sua promessa" 6.

E ancora: "Mi dici, Gesù mio, che debbo essere triturata da grandi sofferenze per diventare degna del tuo amore e per darti la più autentica prova di fede nelle tue promesse; mi dici anche che vuoi provare la mia fedeltà e fortezza. Dammi il tuo amore, Gesù mio, e chiedimi quello che vuoi"7.

In questi passaggi, che abbiamo evidenziato, appare molto chiaramente che la Madre cerca di relazionare la volontà di Dio, alla nostra capacità di restare fedeli alla sua chiamata e di credere fino in fondo alla sua benevolenza di Padre. E’ come se la Madre avesse coniugato una "fusione", è come se avesse individuato una parola "magica" che racchiudesse tutto il significato della volontà di Dio su di noi, e la parola che la Madre usa è "fedeltà".

Nella sua esperienza spirituale e di rapporto con Dio, la Madre Speranza è andata oltre il significato superficiale di ciò che può significare ordinariamente compiere la volontà di Dio. Ciò che la Madre Speranza ha voluto vivere e trasmetterci è che quello che Dio attende da noi non è che scegliamo questa o quella via che Egli avrebbe previsto per noi da tutta l’eternità; ma che noi rispondiamo positivamente alla Sua presenza nella nostra esistenza e alla Sua chiamata a vivere un rapporto d’amore con Lui. Non si tratta più, dunque, di scoprire e di eseguire un programma prestabilito, ma di far nascere una fedeltà verso Dio, di avere fede, di credere pienamente nelle promesse di Dio ed in tutto quello che Lui ha pensato per noi dall’eternità e di restarne fedeli.

Dio si preoccupa e si occupa di me ogni giorno, non è chiuso, tanto per dire, in una casa di riposo come un padre che ha smesso il mestiere di papà e lo vado a vedere e salutare soltanto nelle domeniche di festa. Egli è oggi e sarà anche domani Padre nel pieno senso della parola; il bambino che dà la mano al papà è l’immagine che rappresenta nel modo più vero l’atteggiamento dell’abbandono, il bambino non ha paura, non ha preoccupazioni per il domani, non domanda di capire tutto, perché il papà già sa, il bambino non chiede al proprio papà se ha provveduto al pane del giorno seguente. Così io lascio la mia vita nelle mani del Padre: Egli sa già il perché di ogni avvenimento, conosce il vero significato di ogni nostra situazione, il Padre conosce i miei bisogni, e quello che avrò domani.

Dobbiamo cercare di vincere quell’atteggiamento di sfiducia che abbiamo dentro di noi e che si chiama: "sindrome di emmaus". Quel giorno due discepoli, due dei "nostri", diremmo oggi, camminavano discorrendo tra loro, avevano seguito Gesù, avevano ascoltato la sua Parola, avevano sentito dalle donne il racconto del sepolcro trovato vuoto e dell’apparizione dell’angelo che annunciava la risurrezione del Signore, però non erano stati capaci di accettare quella volontà di Dio, per la quale Gesù era dovuto entrare per salvare il mondo. L’incontro con Gesù aveva suscitato in loro speranze e grandi progetti, ma poi erano rimasti improvvisamente insoddisfatti: la croce di Gesù li aveva delusi e sconvolti. Avevano fatto i loro progetti e coltivato le loro speranze, desideravano un Messia diverso, volevano una volontà di Dio conforme ai loro programmi ed intenzioni, ma un Messia crocifisso era incompatibile con i loro piani, per loro era un non senso, un assurdo.

Si allontanano da Gerusalemme, compiono il percorso inverso di quello che aveva, invece, compiuto Gesù, il quale adempì la sua missione dirigendosi decisamente verso Gerusalemme. Uscendo dalla città santa, esprimono tutta la loro amarezza, la loro delusione, la loro crisi, la loro non accettazione della volontà di Dio: "Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" 8.

Gesù si affianca ai due discepoli e li invita a capire quella "storia" che avevano vissuto pochi giorni prima. Cari discepoli di emmaus, ma non avete capito che cosa si nascondeva dietro quegli avvenimenti?

Non avete capito che, tra le vicende tristi della nostra storia, c’è un piano di Dio che fa sorgere dalla morte la vita e dalla tristezza la speranza. Non avete ancora capito che questo piano è quello rivelato da tutte le scritture, e non sospettate nemmeno che su questa strada, dove tristi a volte ci incamminiamo, c’è tra noi colui che ha vinto la morte, è il Dio con noi che ci ha inseriti in una nuova vita? "Stolti e tardi di cuore", per non capire che Gesù, accettando di bere quel calice, ci ha testimoniato come avere un’estrema fiducia in Dio Padre, fino al sacrificio di sé.

Ciò che appariva un fallimento è parte del piano salvifico di Dio, quel fallimento "umano" del Messia, il Figlio di Dio fatto uomo, il suo rifiuto da parte dei potenti della terra, la sua umiliazione fino alla morte, la via della croce, sono i "frutti" gloriosi della Resurrezione. Nessuno di noi può davvero ritenere di poter cambiare il piano di Dio, anche se regolarmente siamo sempre attaccati alla nostra volontà e di ottenere un successo rapido della nostra vita.

Dobbiamo cercare, invece, di vivere fino in fondo l’esperienza di Gesù nel Getsemani: "Padre non sia fatta la mia, ma la tua volontà" 9. Un cambiamento di mentalità, una conversione radicale, una fiducia totale in Dio. Gesú eviterebbe ben volentieri i dolori e la morte in croce se fosse il volere del Padre, però, obbediente, sceglie la diversa volontà di Dio:

Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,

un corpo, invece, mi hai preparato.

Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.

Allora ho detto: Ecco, io vengo

- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –

per fare, o Dio, la tua volontà10.

Questo ci ha insegnato Gesù su come abbandonarsi al Padre, e questo per noi implica un obbedienza, una responsabilità; l’abbandono di Gesù al Padre deve diventare una regola di vita per ognuno di noi. L’abbandono è perciò il passaggio dalla fiducia in me stesso, dal fondarmi sulle mie forze, sulla bontà delle mie ragioni e decisioni alla fiducia in Dio, che ha strade insospettate d’intervento, che accorre usando una fantasia ed una creatività senza pari quando gli facciamo affidamento.

Credo che il nostro carisma sia fortemente caratterizzato da questo atteggiamento, chi ha ricevuto il dono dell’Amore Misericordioso è chiamato ad un unione più intima con Dio, a sperimentare una nuova alleanza. Chi vive il carisma dell’Amore Misericordioso ha nel cuore qualcosa che lo caratterizza, che mobilita tutte le sue forze: ossia compiere quello che Dio vuole, di seguire la sua volontà, perché solo nella sequela fedele troveremo la grazia di imitare il nostro Padre misericordioso nell’atteggiamento di misericordia per ogni uomo. Il carisma dell’Amore Misericordioso: rivelare all’uomo di oggi il mistero del Padre e del suo amore, per riscoprire la dignità di essere figli di Dio, da Lui amati e pensati da sempre: "Care figlie, credo che la cosa più doverosa per me oggi è parlarvi della volontà del nostro Dio, dato che la consegna della nostra volontà a quella del nostro Dio produce nella nostra anima una pace profonda, al punto che non si desidera altro che quello che piace a Lui. Oggi più che mai mi rendo conto che l’amore di benevolenza si manifesta nell’amore di conformità; e così credo che non deve esserci per noi aspirazione più grande che il compiere la divina volontà"11.

Allora la prima "cosa" che dobbiamo comprendere della volontà di Dio è che il Signore vuole che gli uomini siano salvati e che decidano di appartenere a Lui. C’è un Dio che ha voluto costituire una nuova alleanza, nuova ed eterna alleanza di misericordia, che nulla e nessuno potrà mai spezzare.

Sono disposto a rimanere dentro questa comunione, dentro questo SI continuo della mia vita, che si lascia intrecciare con la sua? Alzerò anch’io, insieme al salmista, il calice dell’alleanza, invocando il nome del Signore e dicendogli che, sì, anch’io gli voglio bene?

La Madre Speranza ha vissuto fino in fondo questa "beatitudine", il suo è stato il fiat di un’Ancella, la totale consegna di sé, come serva, per adempiere la volontà del proprio Dio, come libera collaboratrice di un Padre che non costringe, ma offre; non si impone, ma si propone.

A tale proposito così si esprimeva: "Figlie mie, donarsi a Dio significa abbandonare in Lui la nostra anima, il corpo, le potenze e le aspirazioni, i nostri sentimenti, i desideri, i timori e le speranze, riservando per noi soltanto il desiderio intenso di amarlo. Donarsi a Dio vuol dire, figlie mie, dimenticare noi stesse per pensare solo a Lui e dedicarci completamente alle opere che si riferiscono alla sua gloria, […] 12.

L’esempio della Madre Speranza, la sua vita, le sue scelte sono davanti ai nostri occhi, come una chiamata, non solo per imitarla, ma per "seguirla", la sua esistenza è un altrettanto invito di Dio rivolto anche a noi, perché impariamo a rispondere al progetto di Dio su di noi. E se ci sforziamo di "vivere" quello che lei ha vissuto, vedremo che non vi è niente di meno prevedibile e di meno programmato della loro vita. Ella ha cercato la volontà di Dio con tutto il suo cuore, ha avuto una coscienza assai viva di essere stata prevenuta, preceduta dall’amore di Dio, un amore di misericordia che non finisce mai di riconoscere e comprendere le nostre debolezze e di sanarle con la grazia misericordiosa del suo cuore.

Nelle sue scelte di ogni giorno, non ha mai proceduto a tentoni, ha saputo vedere la grazia negli eventi più disparati, glorificando Dio nella prova come nel successo. Molto più che una programmazione rigorosa, ciò che ha caratterizzato la vita della Madre Speranza è stata la qualità della sua reazione spirituale davanti a qualsiasi evento, fosse anche il più inatteso. Gli eventi della nostra esistenza sono dei "maestri" che Dio ci dà per aiutarci a servirlo: "Fa Gesù mio che non riponga più la mia speranza in qualche creatura; in questo modo conseguirò di non aver timore di nulla e di non cercare nulla fuori che Te, neanche me stessa: desidero solo che sia Tu per me tutte le cose"13.

Una fiducia che fu cieca anche nei momenti di maggior prova:" Ora non ti sento, non ti incontro e così mi ritrovo sola, esiliata e afflitta, però io seguiterò ad aver fiducia in Te, in questa situazione, per tutto il tempo che Tu vorrai e finirò per sperimentare nella gioia e nell’allegria la tua misericordia"14.

Dio ha una volontà per la nostra vita, ed Egli ce la rivelerà se ci mettiamo nel posto giusto per riceverla. Questo processo ha delle tappe che non dobbiamo bruciare, ma che possiamo scoprire e realizzare nella nostra vita: "Dobbiamo vedere sempre e in tutto la volontà di Dio e cercare il modo di uniformarci ad essa. Ossia, sforziamoci perché tutta la nostra vita sia ancorata sulla volontà e gloria di Gesù. Vivendo in questo modo siamo certi che le cose di quaggiù non ci faranno soffrire, perché tutti gli avvenimenti della vita, favorevoli o avversi, saranno pieni della gloria divina. In tutto vedremo la volontà di Gesù infinitamente buona e benefica, che vuole la nostra felicità e la realizza con ogni mezzo"15.


1 Romani 12,2

2 Hist.Vol.2 Feb.1940

3 Gv. 4,34

4 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

5 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

6 Consigli pratici (1941) (El Pan 5)

7 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

8 Lc. 24, 25-26

9 Lc. 22,42

10 Ebrei, 10, 5 – 7, versetti che fanno riferimento al Salmo 40, 7 – 9

11 Circolari, 12 marzo 1954 (n. 528-529).

12 El pan 17, 25-32

13 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

14 Diario (1927-1962) (El Pan 18)

15 Consigli pratici (1933) (El Pan 2)

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ultimo aggiornamento 12 novembre, 2014