Festa del Santuario

Card. Ennio Antonelli

"Qual è la gioia di Dio?
La gioia di Dio è perdonare!"

 

 

Omelia di Sua Em.za il Card. Ennio Antonelli a Collevalenza il 27 settembre 2015 nella solennità dell’Amore Misericordioso e 50° della Dedicazione del Santuario

Saluto con amicizia e con gioia tutti voi qui presenti. Saluto con affetto, stima e gratitudine la famiglia religiosa di Madre Speranza: i Figli dell’Amore Misericordioso, le Ancelle dell’Amore Misericordioso, l’Associazione Laici dell’Amore Misericordioso.

Ricorre il 50° anniversario della dedicazione di questa Basilica, inaugurata il 31 ottobre 1965. Allora una nota personalità ecclesiastica criticò la Madre per l’eccessiva magnificenza di questo edificio. Madre Speranza avrebbe risposto: "E che colpa ha una mamma povera se le nasce una figlia bella?!" Come a dire che la basilica era dono e opera della Provvidenza.

Realmente si tratta di una chiesa bella e moderna, di uno spazio unitario e nello stesso tempo articolato in una pluralità di ambienti.

La cripta, intitolata a Maria Mediatrice, Madre della Chiesa, costituisce, per dir così, il pian terreno. Prende luce dall’aula liturgica superiore attraverso i coni-lanterna. L’illuminazione indiretta crea una suggestiva penombra che favorisce la meditazione e il raccoglimento. Dietro l’altare, nel posto più profondo e intimo, la tomba della Beata Speranza di Gesù, semplice rigonfiamento di una porzione del pavimento, ricordando il seme che nel campo germoglia e solleva una piccola zolla di terreno, si presenta come segno della speranza cristiana che intravede la vita e la risurrezione nella morte e oltre la morte.

Come dal carisma dato a Madre Speranza sono germogliate e continuano a svilupparsi due congregazioni religiose e una vasta corrente di spiritualità, così dalla sua tomba e della cripta con continuità si alza l’edificio a formare questa splendida aula liturgica superiore, dove stiamo celebrando. Al presbiterio corrisponde il presbiterio; le stesse forme cilindriche contornano e sostengono l’ambiente inferiore e quello superiore. Diversa però è l’illuminazione: indiretta e attenuata nella cripta; diretta invece e abbondante in quest’aula. Qui la luce piove dal lucernario sulla corona sospesa, sull’altare e sul presbiterio di candido marmo; disegna una candida croce che unifica e copre lo spazio dell’assemblea; si espande dovunque, entrando dalle lunghe finestre verticali, alternate alle cappelle cilindriche, e soprattutto dalla grande vetrata della facciata a maglie di cemento, che ricorderebbe la rete con cui un tempo in questo luogo si catturavano gli uccelli.

Si sa che su questa collina c’era in passato un "roccolo", un bosco, frequentato per la caccia. I cacciatori tendevano le reti tra gli alberi. Tenevano alcuni uccelli nelle gabbie, perché facessero da richiamo. Il loro canto attirava altri uccelli e questi rimanevano presi nelle reti. Madre Speranza racconta che un giorno il papa Pio XII sorridendo le disse: "E tu su questo roccolo sarai il flauto che con la sua melodia attirerà molte anime al Signore" (El pan 21). Per davvero, in questo luogo, Madre Speranza come un flauto ha fatto risuonare e ancora fa risuonare la dolce melodia dell’Amore Misericordioso, che attrae tante persone al Signore. "Dio è Padre ricco di amore e misericordia, che non conta i peccati e i difetti dei suoi figli, li perdona e li dimentica" (El pan 24). "…Io devo arrivare a fare in modo che gli uomini lo conoscano non come un Padre offeso per le ingratitudini dei suoi figli, ma come un Padre pieno di bontà, che cerca con tutti i mezzi la maniera di confortare, aiutare e rendere felici i suoi figli e che li segue e li cerca con amore instancabile, come se senza di essi non possa essere felice" (El pan 18).

Questa è una melodia antica e sempre nuova. Poco fa l’abbiamo ascoltata nel testo dell’antico profeta Osea, in cui Dio racconta la sua tenerezza e misericordia verso gli Israeliti: "Io li traevo con legami di bontà, con vincoli di amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui, per dargli da mangiare, il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione" (Os 11).

Poi, nel vangelo che oggi è stato proclamato, Gesù ha presentato il regno di Dio come servizio di amore misericordioso e se stesso come il Signore che si fa servo. "Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto … Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni agli altri" (Gv 13). Con il gesto emblematico della lavanda dei piedi, Gesù riassume il senso di tutta la sua vita e della prossima sua morte e risurrezione, come dono totale di se stesso per liberare gli uomini dal peccato e da ogni male e oppressione. "Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45).

Papa Francesco ha indetto il Giubileo della Misericordia, per rafforzare la nostra fiducia nell’amore misericordioso di Dio e per chiamarci a diventare noi stessi segno e presenza di esso davanti a tutti

Quella dell’Amore Misericordioso è una musica antica, ma sempre nuova e sorprendente. Essa, nella presente stagione della Chiesa, risuona particolarmente suggestiva e attraente nei gesti e nelle parola del nostro Papa Francesco. Una volta, all’Angelus, in riferimento alle parabole della pecora smarrita, della moneta perduta e del figlio prodigo, ha esclamato: "Qual è la gioia di Dio? La gioia di Dio è perdonare!" (5.2.2013). Un’altra volta, quasi captando un’eco dell’antico profeta Osea, ha confidato che non riesce e immaginare Dio che castiga con uno schiaffo e ha aggiunto: "(Dio), anche quando deve rimproverare lo fa con una carezza" (OCSM, 12.11.2013).

Papa Francesco ha indetto il Giubileo della Misericordia, per rafforzare la nostra fiducia nell’amore misericordioso di Dio e per chiamarci a diventare noi stessi segno e presenza di esso davanti a tutti, specialmente davanti ai poveri, ai malati, ai sofferenti, ai peccatori. Accoglieremo in noi la divina misericordia e la testimonieremo agli altri nella misura in cui vivremo la virtù teologale della carità, secondo le indicazioni dell’apostolo Paolo, che abbiamo udito nella 2ª lettura. "La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta". Occorre tenere desto questo atteggiamento nella vita ordinaria di ogni giorno, con i doveri da compiere, le opportunità di bene che si presentano, le difficoltà da affrontare, i sacrifici da sostenere.

È bello avere grandi desideri e affidarli al Signore nella preghiera; ma di solito non è in nostro potere fare grandi cose. "Il Signore – ci insegna Madre Speranza – non guarda la grandezza delle cose che si fanno, ma il sacrificio e l’amore con cui si fanno" (El pan 21).

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ultimo aggiornamento 16 ottobre, 2015