... ascoltando la parola del papa   e   rileggendo gli scritti della Madre ....
 

Meditazione Mattutina di Papa Francesco nella Cappella della Domus Sanctæ Marthæ

L’ultimo strumento

Dall’invidia, un peccato che arriva a uccidere le persone, Francesco ha messo in guardia durante la messa celebrata giovedì 21 gennaio nella cappella della Casa Santa Marta.

 

 

L’invidia è terribile poiché per sua stessa natura è un peccato grave, perché direttamente si oppone alla virtù della carità che ci chiede di rallegrarci del bene del prossimo. Pertanto, quanto maggiore è il bene che invidiamo, tanto più grave è il peccato. L’invidia suscita sentimenti di odio e, se non stiamo attente, ci porta ad odiare quelli dei quali siamo gelosi; ci induce perciò a parlare male di loro, a denigrarli, a calunniarli e a desiderare loro il male. (Madre Speranza 9,248 nel 1949)

Non invidiare nessuno. L’amore deve scaturire dal cuore ed essere dimostrato esteriormente con le opere. Avere molta stima degli altri e parlarne sempre bene; senza riferire quanto si è udito su di loro, tanto più se sono cose che possono amareggiare. Si devono usare sempre parole buone, che favoriscano la carità; evitando quelle pungenti che possano ferire; evitando la discussione, il contraddire e correggere gli altri quando non ci compete. (Madre Speranza 1,37 nel 1933)

Portiamo nel nostro cuore il seme dell’orgoglio, dell’invidia, dell’odio e di tutte le concupiscenze ribelli alla ragione e nemiche della giustizia e di chi la pratica e la insegna. Questi semi altamente velenosi cercano la temperatura e le condizioni favorevoli per crescere nei nostri cuori e, una volta sviluppati, si slanciano fuori in cerca del loro oggetto, travolgendo quanto impedisce la loro soddisfazione. (Madre Speranza 17,6 nel 1961)

Mettete la gelosia sotto i piedi e pestatela ben bene, perché la gelosia nelle comunità religiose fa molta guerra e impedisce di fare i santi. (Madre Speranza 21,251 nel 1964)

Mi produce autentica compassione la terribile malattia morale che chiamiamo gelosia! Le persone colpite da questa insidiosa malattia soffrono una continua pena interiore e piangono amaramente. (Madre Speranza 2,53 nel 1933)

Attente alla gelosia. Somiglia al tarlo che penetra nel legno e per quanto duro o forte esso sia, il tarlo lo mina e lo va riducendo in polvere. L’ho visto in un tavolino interamente tarlato! Hanno tentato di chiudere i buchi con la cera ed altre cose, ma dopo poco tempo uscivano fuori questi tarli grassi e belli. Io dicevo: "Signore ma sarà possibile che nelle mie figlie entri questo tarlo dell’invidia! Possibile che deve crescere nelle loro anime questo malessere, questa noia, questa gelosia e facciano la fine di questo tavolino tutto tarlato che fa ribrezzo perfino a guardarlo!".

Ci ho fatto una profonda meditazione, ho passato lì molte notti in ginocchio ai piedi di quel tavolo, pregando per le mie figlie, vedendo quei tarli molte volte ho preso uno spillo grosso per infilzarli, perché non li sopportavo, infatti vedevo in loro gli altri vermi della gelosia, dell’invidia, dell’amor proprio che penetrano nel cuore delle figlie. (Madre Speranza 21, 549-550 nel 1965)

 

 

 

ordiamo anche che il nostro ideale deve essere la carità e l’amore; noi dobbiamo salvarci salvando gli altri; la carità ci seguirà anche dopo la morte ed in cielo sarà la misura della nostra unione al buon Gesù. (Madre Speranza nel 1934; 20,11)

Tratta dal primo libro di Samuele (18, 6-9; 19, 1-7), la prima lettura — ha fatto subito notare il Papa — «racconta l’entrata del re Saul in città, dopo la vittoria contro i filistei», ottenuta con il «duello tra Davide e Golia». Davvero «è la vittoria di tutto il popolo». E per questo il popolo «faceva festa: era quasi una festa rituale». La Bibbia, ha spiegato Francesco, racconta «che quando è morto il re Saul in battaglia, l’esercito è entrato dopo il tramonto, in silenzio: vittorioso, ma non aveva fatto festa perché il re era morto». Invece stavolta «si fa la festa, secondo la tradizione».

E così, si legge nella Scrittura, «uscirono le donne di tutte le città», cantando e danzando per festeggiare la vittoria. È anche «un rituale di gioia: ricordiamo — ha detto Francesco — il re Davide quando danzava davanti all’arca: cantavano tutti, accompagnandosi con i tamburelli, con grida di gioia e con sistri».

La Bibbia aggiunge anche che le donne danzando cantavano: «Ha ucciso Saul i suoi mille e Davide i suoi diecimila». Ed erano parole «che improvvisavano al momento, forse perché entrava nel canto così». Dunque, ad aver «vinto era il re: Davide aveva ucciso il filisteo — è vero! — era stato lo strumento, e il popolo aveva quel senso che il re era l’unto del Signore». Così «cantavano: sapevano quella storia di Davide e lo mettevano nel canto».

Ma «Saul, invece di essere felice per questa festa, ne fu molto irritato». Evidentemente «il cuore di Saul aveva qualcosa di storto» — ha spiegato Francesco — perché «ha fatto il calcolo: hanno dato a Davide diecimila e a me ne hanno dati mille!». Insomma, «era solo un canto, ma lo ha preso male: perché?».

La questione, ha proseguito il Pontefice, è che il cuore di Saul «aveva qualcosa che ha aiutato a prendersela: era geloso». Egli «ha sentito un attacco di gelosia lì», per via di quel canto. Tanto che la Bibbia ci dice, appunto, che «ne fu molto irritato». Così il suo cuore «ha cominciato a funzionare in quella direzione». E «finisce peggio», tanto da indurlo a pensare: a Davide «non gli manca altro che il regno». Perciò «da quel giorno guardava sospettoso Davide», immaginando di continuo: «Questo mi tradirà!». Per tale ragione, ha affermato il Papa, Saul «prese la decisione di uccidere» Davide. E «il motivo non era il canto in quanto canto; il motivo era il cuore ammalato di gelosia, che porta Saul all’invidia».

«Cosa brutta è l’invidia!» ha rimarcato Francesco. Si tratta, infatti, di «un atteggiamento, un peccato brutto». E «nel cuore la gelosia o l’invidia cresce come l’erba cattiva: cresce e soffoca l’erba buona». E così «tutto quello che gli sembra fare ombra, gli fa male: non è in pace. È un cuore tormentato, è un cuore brutto». E «il cuore invidioso — lo abbiamo sentito — porta ad uccidere, alla morte».

Del resto, la Scrittura lo dice chiaramente: «Per l’invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo». Non ha caso, ha ricordato il Papa, «l’invidia è anche una delle opere della carne che gli apostoli elencano nelle loro lettere, quando dicono: "le opere dello Spirito Santo sono queste; le opere della carne sono queste..."».

«L’invidia uccide — ha ribadito Francesco — e non tollera che un altro abbia qualcosa che io non ho». E sempre crea sofferenza, «perché il cuore dell’invidioso o del geloso soffre: è un cuore sofferente». Proprio «quella sofferenza lo porta avanti a desiderare la morte degli altri».

«Quante volte nelle nostre comunità — non dobbiamo andare troppo lontano per vedere questo — per gelosia si uccide con la lingua» ha ammonito Francesco. Succede così che «uno ha invidia di quell’altro e incominciano le chiacchiere: e le chiacchiere uccidono». Il passo biblico racconta inoltre che il re Saul, consigliato dal figlio Giònata, decide di non uccidere più Davide. Però poi, «passato il tempo, in un eccesso di ira, ha cercato» davvero di ucciderlo, «mentre suonava l’arpa». Insomma l’invidia «è una malattia che viene, che torna».

«Pensando e riflettendo su questo passo della Scrittura», il Pontefice ha aggiunto: «Io invito me stesso — e tutti — a cercare se nel mio cuore ci sia qualcosa attribuibile alla gelosia o all’invidia, che sempre porta alla morte e mi impedisce di essere felice». Perché, ha proseguito, «sempre questa malattia porta a guardare quello che di buono ha l’altro come se fosse a scapito tuo». E «questo è un peccato brutto: è l’inizio di tanti, tanti crimini».

«Chiediamo al Signore — ha proseguito il Papa — che ci dia la grazia di non aprire il cuore alle gelosie, di non aprire il cuore alle invidie, perché sempre queste cose portano alla morte». E ha ricordato in proposito l’atteggiamento di Pilato: era un uomo «intelligente e Marco, nel Vangelo, dice che Pilato se ne era accorto che i capi degli scribi gli avevano consegnato Gesù per invidia».

Dunque «l’invidia — secondo l’interpretazione di Pilato, che era molto intelligente, ma codardo! — è quella che ha portato alla morte Gesù». È stata «lo strumento, l’ultimo strumento: glielo avevano consegnato per invidia».

Prima di riprendere la celebrazione, Francesco ha chiesto «al Signore la grazia di non consegnare mai, per invidia, alla morte un fratello, una sorella della parrocchia, della comunità, neanche un vicino del quartiere: ognuno ha i suoi peccati, ognuno ha le sue virtù. Sono proprie di ognuno». E ha invitato infine a «guardare il bene e a non uccidere con le chiacchiere per invidia o per gelosia».

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana,

Anno CLVI, n.016, 22/01/2016)

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ultimo aggiornamento 18 febbraio, 2016