Pastorale Familiare Marina Berardi
"Maestro, cosa devo fare…?"
(seguito)
Q
uesti i suoi gesti verso il povero malcapitato: «...passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. "Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va’ e anche tu fa’ lo stesso"» (Lc 10,33-37).Anche in famiglia, ciò che fa la differenza è il saper guardare negli occhi chi ci è accanto, volgersi con compassione alle altrui fragilità, farsi vicini, coinvolgersi nelle piccole e grandi cose, in modo concreto ed affettivo, fino a prendere su di sé e in sé l’altro; ciò che fa la differenza è toccargli il cuore. Diversamente da quanto spesso si immagina, le relazioni familiari sono quelle che richiedono maggiore attenzione perché è lì che ci si fa più male, che accade di ferirsi anche "mortalmente", resi più vulnerabili dall’intensità ed intimità delle relazioni stesse. Tra i membri di una famiglia c’è dunque bisogno di coltivare un tratto educato, cordiale, amorevole, rispettoso, paziente, capace di compassione, di solidarietà, attento a non scadere in una bassa familiarità, ci ammonirebbe Madre Speranza.
È necessario, inoltre, sapersi affidare all’altro. La vita, che è maestra, ci insegna cosa significhi aver bisogno di aiuto e non bastare a se stessi. In quei frangenti si affina una sensibilità che ci porta a riconoscere se un gesto è fatto cadere dall’alto in basso, se è forzato o se nasce dal cuore, se c’è coinvolgimento, tenerezza, passione, amore.
A questo proposito ci torna utile una riflessione di Papa Francesco, offerta attraverso un videomessaggio per la festa di San Gaetano in Argentina: «A volte, io domando a qualcuno: "Lei fa l’elemosina?". Mi dicono: "Sì, padre". "E quando Lei fa l’elemosina, guarda negli occhi la gente a cui fa l’elemosina?" "Ah, non so, non me ne accorgo". "Allora Lei non l’ha incontrata. Lei ha gettato l’elemosina ed è andato via. Quando Lei fa l’elemosina, tocca la mano o getta la moneta?". "No, getto la moneta". "E allora non lo hai toccato. E se non lo hai toccato, non lo hai incontrato".
Ciò che Gesù ci insegna, innanzitutto, è incontrarsi e, incontrando, aiutare. Dobbiamo saperci incontrare. Dobbiamo edificare, creare, costruire una cultura dell’incontro. Quante divergenze, guai in famiglia, sempre! Guai nel quartiere, guai sul lavoro, guai ovunque. E le divergenze non aiutano. La cultura dell’incontro. Uscire ad incontrarci. […] Con quelli che stanno passando un brutto momento, peggiore di quello che sto passando io. C’è sempre qualcuno che se la passa peggio, eh? Sempre! C’è sempre qualcuno. […] Con queste persone, è con queste persone che noi dobbiamo incontrarci» (7.8.2013).
L’appello del Santo Padre mi spinge a rileggere una notizia apparsa da pochi giorni sui giornali, tanto rara quanto edificante, che riguarda una terra che lui ha voluto "incontrare" con tutte le sue forze, al di là di ogni tentativo di dissuaderlo. Siamo in un Kenia dilaniato dalla guerra, dove i pullman debbono essere scortati dalla polizia per evitare di essere assaltati. In uno di questi attacchi, i miliziani di al-Shabaab hanno intimato: «"I non cristiani possono risalire a bordo". E nessuno si è mosso. La risposta, secondo il governatore: "Uccideteci tutti, o lasciateci andare". Un testimone di nome Abdirahiman ha detto al quotidiano The Standard che, quando si sono accorti dell’attacco, i musulmani sul pullman da sessanta posti avevano già cercato un modo per proteggere i cristiani: "Ad alcuni abbiamo dato i nostri vestiti, per impedire che fossero individuati per l’abbigliamento"»1.
Togliersi i vestiti per coprire il fratello, o meglio, perché non scoprano la sua diversità, coprirlo con il proprio corpo: questo è il mussulmano che si fa Samaritano, segno eloquente, capace di commuovere il cuore e di lasciar intravedere uno spiraglio di speranza, una convivenza possibile!
Quando mi sono giunte le bozze per correggere l’articolo, era accaduto qualcosa. Su La Repubblica on line, è apparso un titolo: «Eroi che muoiono in silenzio. Come Salah Farah, un insegnante keniota di religione islamica, ucciso per aver protetto alcuni cristiani. Morto per salvare dalla morte un diverso paradiso" […].
"Gli abbiamo chiesto di ucciderci tutti o di lasciarci andare" ha raccontato Salah Farah al Daily Nation dopo l’attacco. Anche lui si trovava sul bus. "Appena abbiamo parlato hanno sparato a un ragazzo, e a me".
Il 18 gennaio, Farah, dopo un mese trascorso al Kenyatta National Hospital di Nairobi, è morto per le ferite riportate. La polizia ha scortato il suo corpo a Mandera, dove viveva e lavorava come vice preside in una scuola locale. "É un vero eroe" ha detto di lui il capo della polizia keniota, Joseph Boinnet, "è morto per proteggere innocenti".
"Siamo fratelli", ha detto Farah a Voice of America all’inizio di questo mese. "É la religione a fare la differenza, quindi chiedo ai miei fratelli musulmani di prendersi cura dei cristiani in modo che i cristiani possono prendersi cura di noi".
Farah era musulmano, prima di morire ha fatto in tempo a raccontare che si era rifiutato di sacrificare i passeggeri cristiani perché credeva fermamente nella convivenza pacifica tra musulmani e non musulmani. E quel giorno sull’autobus non è rimasto solo, altri passeggeri musulmani a bordo lo hanno affiancato, dando i loro veli ai cristiani perché si confondessero, perché non fossero riconoscibili»2.
Mi viene in mente che potremmo applicare all’attuale situazione mondiale (ma anche a ciascuno di noi!), quanto Don Tonino Bello ebbe a dire in un intervento rivolto a dei politici. Rifacendosi alla nostra parabola, ha spiegato che c’è un Samaritano dell’ora giusta, che si preso cura del malcapitato lì dove l’ha trovato, prestandogli i primi soccorsi; c’è il Samaritano dell’ora dopo, che l’ha portato alla locanda, assicurando all’albergatore che al suo ritorno avrebbe saldato eventuali spese; e ultimo, il Samaritano dell’ora prima. «C’è infine – prosegue Don Tonino - l’intervento dell’ora prima, non registrato dal Vangelo, ma che è lecito ipotizzare in questi termini: se il Samaritano fosse giunto un’ora prima sulla strada, forse l’aggressione non sarebbe stata consumata. Io penso che la "misericordia", cioè la "compassione del cuore" nel politico [aggiungiamo noi: e non solo] deve diventare anche "compassione del cervello". E allora è necessario che egli ami prevedendo i bisogni futuri, pronosticando le urgenze di domani, intuendo i venti in arrivo, giocando d’anticipo sulle emergenze collettive, utilizzando il tempo, che ordinariamente spreca nel riparare i danni, a trovare il sistema per prevenirli»3.
Ognuno di noi, in famiglia, nella comunità e nella società può essere il Samaritano dell’ora prima. Il segreto è coltivare una vigilanza capace di giocare d’anticipo, prima che i buoi siano scappati dalla stalla, prima che si debba piangere sul latte versato, prima che morti e feriti rimangano sul campo.
La chiave, ci ricorda Papa Francesco, sta nella capacità di lasciare che la Parola illumini la nostra quotidianità, con docilità, e nel domandarci: «"Lasciamo scrivere la vita, la nostra vita, da Dio o vogliamo scriverla noi"? E questo ci parla della docilità: "siamo docili alla Parola di Dio"? "Sì, io voglio essere docile!". Ma tu, hai capacità di ascoltarla, di sentirla? Tu hai capacità di trovare la Parola di Dio nella storia di ogni giorno, o le tue idee sono quelle che ti reggono, e non lasci che la sorpresa del Signore ti parli"? […] Il Signore "ci conceda di sentire la Sua voce, che ci dice: Va’ e anche tu fa’ così!».
1 www.corriere.it., di Michele Farina
2 www.m.repubblica.it, di Katia Riccardi.
3 BELLO T., Il Vangelo del Coraggio. Riflessioni sull’impegno cristiano nel servizio sociale e nella politica, Milano 20123, pp. 15-19.
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ultimo aggiornamento
16 febbraio, 2016