Il volto "bello" della Misericordia

Studi

P. Aurelio Pérez fam

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Il Vultus Misericordiæ è il Volto del Figlio (II)

 

 

Il Volto che accoglie con compassione

Un’esperienza frequente, che noi tutti facciamo, è quella del cosiddetto "primo impatto" di fronte a una persona sconosciuta. Il volto è, per così dire, la porta di casa della nostra persona. Un volto sereno, accogliente, sorridente, predispone positivamente all’incontro, mentre un volto teso, buio, accigliato, se non indispone per lo meno preoccupa e allontana. È anche vero che non ci si può fermare alle prime impressioni, perché magari poi si scopre che il sorriso può nascondere delle ferite profonde, e al contrario, le ferite evidenti, se si riesce a varcare la soglia della superficie, possono racchiudere dei valori profondi.

Guardiamo, allora, la disponibilità di Gesù nei confronti dei malati, dei sofferenti e dei peccatori.

Quanto mi sarebbe piaciuto vedere l’espressione del volto di Gesù quando guarisce gli indemoniati, il lebbroso, la suocera di Pietro, il paralitico, la donna incurvata, l’uomo dalla mano paralizzata, il cieco dalla nascita; quando guarda la vedova di Naim che accompagna l’unico figlio morto alla sepoltura, le sorelle di Lazzaro che piangono il fratello morto, le folle stanche e smarrite, la donna sorpresa in adulterio, la peccatrice in casa di Simone… Proviamo a farne un esercizio di contemplazione.

Particolarmente significativa in proposito è la chiamata di Zaccheo (cf Lc 19, 1-10), capolavoro di misericordia simpatica, e quella di Levi-Matteo (cf Mt 9, 9-13), entrambe paradigmatiche dello stile accogliente di Gesù, che è venuto non per giudicare ma per salvare.

Riporto per intero il n. 8 della Bolla d’Indizione dell’Anno della misericordia di papa Francesco, mirabile sintesi di quanto sto cercando di dire:

"Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione
Gesù, dinanzi alla moltitudine di persone che lo seguivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smarrite e senza guida, sentì fin dal profondo del cuore una forte compassione per loro (cfr Mt 9,36). In forza di questo amore compassionevole guarì i malati che gli venivano presentati (cfr Mt 14,14), e con pochi pani e pesci sfamò grandi folle (cfr Mt 15,37). Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero. Quando incontrò la vedova di Naim che portava il suo unico figlio al sepolcro, provò grande compassione per quel dolore immenso della madre in pianto, e le riconsegnò il figlio risuscitandolo dalla morte (cfr Lc 7,15). Dopo aver liberato l’indemoniato di Gerasa, gli affida questa missione: «Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Mc 5,19). Anche la vocazione di Matteo è inserita nell’orizzonte della misericordia. Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesù fissarono quelli di Matteo. Era uno sguardo carico di misericordia che perdonava i peccati di quell’uomo e, vincendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diventare uno dei Dodici. San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesù guardò Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo. Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diventare il mio motto." (MV, 8)

La citazione che Gesù fa del profeta Osea, "Andate e imparate che cosa significa: ‘Misericordia io voglio’ " (Os 6, 6), ci fa capire che tutti i tratti del suo volto si riassumono nella misericordia. Proviamo a leggere in questa luce tutto il capitolo 15 di Luca e molte altre pagine del Vangelo, così come la beatitudine: Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. (Mt 5, 7).

Penso che se provassimo a leggere tutto il Vangelo, anzi tutte le Scritture, in chiave di misericordia, faremmo delle scoperte meravigliose. E la più grande di tutte consiste nello scoprire il cuore, la causa ultima dell’agire di Gesù. Nelle parole e nei gesti di accoglienza, di guarigione, di perdono, Gesù non sta manifestando solamente un’altissima umanità e bontà, una sublime filantropia, ma sta rivelando chi è Dio. Agere sequitur esse, dicevano gli antichi. Ciò che uno fa rivela ciò che uno è. E così Gesù ci sta introducendo nel mistero di Dio: Dio è amore, per questo ama e non può far altro che amare. E ci ha amato fino al punto che ci ha dato il suo Figlio. Non ha preso qualcosa dalle immense ricchezze della creazione, pur esse segno del suo meraviglioso e provvidente amore, ma ha preso da Se stesso ciò che aveva di più caro, il suo Figlio, il suo unico amato Figlio. E il suo Spirito, che è l’Amore che li lega entrambi dall’eternità. Meraviglioso mistero di amore trinitario!

"Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza. «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l’evangelista Giovanni. Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù. La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente." (MV, 8))

 

Il Volto "rivolto" verso il Padre dall’eternità si rivolge verso di noi

Il Verbo che dall’eternità "era presso Dio ed era Dio" (Gv 1,1), una volta "fatto carne" si rivolge verso di noi, anzi pianta la sua tenda in mezzo a noi. Perché Dio, ad intra, è Amore, pura Agape. Nel seno della Trinità questo amore agapico non può avere la connotazione della misericordia, perché in Dio non c’è alcuna miseria. Quando è che tale Amore diventa "misericordioso"? Quando esce da se stesso, ad extra, per rivolgersi a noi e alla creazione intera. Quella creazione, che pure era uscita dalle sue mani, perché "tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste" (Gv 1,3), ora non solo viene visitata ma addirittura sposata. Lui, l’Increato assume il creato ed entra a farne parte. Nel seno della Vergine Maria il Creatore diviene creatura.

Nel volto del Figlio, rivolto ora verso di noi, arriva a compimento l’antica benedizione del Signore al suo popolo:

«Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace».
(Num 6, 23-26)

Sembra che nella lingua ebraica l’espressione "rivolga a te il suo volto" equivale a "ti sorrida". Come fanno una mamma e un papà con il loro piccolo bambino. Immensa tenerezza del nostro Dio! Non è sentimentalismo ma infinito amore, giunto a pienezza nel dono del Figlio. "Quanto è buono il Signore!" direbbe Madre Speranza.

Il Figlio è davvero il Vultus misericordiae del Padre perché ha condiviso la nostra miseria in tutto, eccetto il peccato. O meglio, dato che il peccato è la nostra miseria più grande, perché Lui Agnello senza colpa ha preso su di sé tutti i nostri peccati, diventando per il suo sangue, ben più che il coperchio d’oro dell’arca dell’Alleanza, il propiziatorio per i nostri peccati (cf Eb 9). Oh sì, comprendiamo un po’ meglio perché Madre Speranza ci ha messo davanti l’immagine del Crocifisso, come l’espressione più sublime dell’Amore misericordioso.

 

"Abbà, Padre!"

Dove attinge l’umanità di Gesù questa forza di amore misericordioso, che pervade e trabocca da tutta la sua persona, se non dall’intima comunione con il Padre? Il Verbo rivolto verso di noi nel tempo e nello spazio, anche se "fatto carne" continua ad essere per natura rivolto verso il Padre.

Non è possibile pensare a Gesù senza il Padre. Tutta la sua vita è una ricerca continua di fare solo ciò che è gradito al Padre, tutta la sua preghiera è un’intimità di rapporto unico del Figlio diletto verso l’Abbà.

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre…" (Lc 11, 1-2).

"Padre nostro!": è Gesù stesso che ci insegna il modo di rivolgerci a Dio, e con l’insegnamento ci fa anche dono della fiducia illimitata nei confronti di Colui che possiamo chiamare Padre. Solo il Figlio poteva aprirci le porte della sua "pietà", del suo rapporto privilegiato con il Padre, perché Lui solo è la "via per andare al Padre, la verità per conoscerlo e la vita per amarlo" (Trisagio alla Ssma Trinità, molto caro alla spiritualità di Madre Speranza).

E solo il Figlio ci può introdurre nella conoscenza amorosa di quel Volto che nessuno di noi potrebbe vedere, se non per la grande misericordia del nostro Dio che si è fatto conoscere.

Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? (Gv 14, 8-9)

 

Volto che contempla la creazione

Non vogliamo trascurare un altro dettaglio del volto di Gesù, che costituisce anch’esso un ottimo esercizio per la contemplazione. Lo accenno solo brevemente, ma l’ultima Enciclica di papa Francesco, Laudato sii, presenta anche un invito a riflettere su come Gesù, con occhi d’uomo, avrà contemplato questa meravigliosa creazione uscita dalle sue mani.

Guardate gli uccelli del cielo… Osservate come crescono i gigli del campo…" (Mt 6, 26-28)

"Il Signore poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c’è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un’attenzione piena di affetto e di stupore. Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo, e invitava i discepoli a cogliere nelle cose un messaggio divino: «Alzate i vostri occhi e guardate i campi, che già biondeggiano per la mietitura» (Gv 4,35). «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero» (Mt 13,31-32)." (Laudato sii, 97)

La creazione è la prima uscita di Dio da Sé, il primo traboccare del suo Amore, che così ha iniziato ad essere misericordioso.

Quando a San Isacco il Siro venne chiesto: "In cosa consiste un cuore misericordioso?" rispose: "Un cuore misericordioso è un cuore che arde per tutta la creazione, per gli uomini, per gli uccelli, per le bestie e per ogni cosa creata e dal ricordo e dalla contemplazione di queste cose sono riempiti gli occhi di lacrime. Dall’intensità e sovrabbondanza di misericordia del cuore, e dalla sua profonda contrizione, il cuore non può sopportare di sentire o di vedere alcun danno o alcuna creatura cui accada dolore " (Isacco il Siro, Discorso 81).

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ultimo aggiornamento 16 febbraio, 2016