Pastorale Familiare

Marina Berardi

MISERICORDIA:

la chiave del cuore

 

Dal dicembre scorso, ci eravamo messi alla ricerca della chiave giusta1 ed ora ho la gioia di condividere con voi l’esperienza di coloro che, attraverso la partecipazione al Capodanno in Famiglia, il pellegrinaggio e il passaggio della Porta Santa, hanno preso parte a quella che definirei una affascinante "caccia al tesoro", destinata a rimanere aperta fino all’ultimo giorno della nostra vita.

La bolla Misericordiae Vultus ci ricorda che "il pellegrinaggio è un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. La vita è un pellegrinaggio e l’essere umano è viator, un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata… [Il pellegrinaggio] sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio" (n. 14).

In questo viaggio, vogliamo continuare a lasciarci guidare dalla beata Speranza di Gesù, uno dei co-piloti scelti da Dio per insegnarci le rotte dell’amore: scoprire la meraviglia di essere guardati e amati da Lui, vivere lo stupore di avere un Padre che si prende cura di noi, sempre, in ogni circostanza, nella nostra piccolezza, abbandonarsi con gioia nelle mani di un Padre che ci rende fratelli e ci affida gli uni agli altri.

Sebbene con Cristo Gesù la Rivelazione sia ormai compiuta, il Signore non smette di tracciare attraverso di noi una storia di salvezza. Ce lo ricorda il presepe poliscenico di Collevalenza che partendo dalla creazione ci porta fino all’Ascensione al Cielo di Gesù. Quest’opera è sprone a ringraziare il Signore e quei fratelli che con il loro "sì" hanno reso possibile il nostro. Il sapersi dono e frutto di una storia dovrebbe far sgorgare in ogni cuore il desiderio di edificare l’amore, magari chiedendo al Padre: Con la mia vita, con la mia storia, con la nostra famiglia, quale storia sacra vuoi tracciare? Chi vuoi salvare?

Ricordo, infatti, una signora che mi avvicinò al termine di una guida al Santuario. Mi disse che aveva metastasi e poco tempo di vita e che, sebbene gli altri non la comprendessero, lei era molto felice. Aveva da poco vissuto la gioia del battesimo di un nipotino ed ora era pronta: "Sono felice perché ho scelto di dare la vita per la salvezza della mia famiglia".

Quel Gesù che si è fermato al pozzo per incontrare la Samaritana, che chiede a Zaccheo di scendere dall’albero perché deve fermarsi a casa sua, che invita Matteo a lasciare tutto e a seguirlo, che sta percorrendo il cammino verso Gerusalemme… vuole entrare anche a casa nostra.

Oggi come ieri, Gesù sta attraversando la nostra Gerico, disposto a fermarsi, a cambiare programma per nostro amore, solo che accenniamo un gesto di ricerca, magari goffo e perfino ridicolo, come quello di Zaccheo. Ciò che impedisce a Gesù di entrare e di invitarsi a casa nostra è l’auto­sufficienza, la falsità, il credere che tanto nulla può cambiare e non il nostro peccato o le nostre fragilità. Gesù vuole entrare nelle nostre storie personali, familiari e sociali, segnate sempre più spesso da profonde ferite fisiche e morali che lacerano l’esistenza e che ci mettono alla prova.

Condivido con voi il travaglio di una famiglia che sta dimostrando un immenso amore e coraggio nel ricercare la volontà di Dio nella propria storia. Quest’anno, infatti, hanno partecipato al Capodanno diversi bambini "diversamente abili" che, insieme agli altri e ai numerosi ragazzi, lo hanno reso davvero speciale.

Una Mamma mi ha scritto: "Ringrazio il Signore nuovamente per questa occasione unica che le famiglie con bambini hanno per accogliere il nuovo anno in Lui, esperienza che lascia nel cuore di tutti noi sempre un seme attivo dell’Amore Misericordioso per affrontare la vita di tutti i giorni...

Ringrazio di cuore gli animatori che sono stati squisiti e pieni di comprensione…

Però, proprio nell’anno del Giubileo della Misericordia, dopo sette anni della meravigliosa esperienza del capodanno a Collevalenza, io me ne sono andata un po’ rattristata…". Questa Mamma si è sentita ferita e giudicata nella sua capacità educativa ma, fortunatamente, non si è chiusa nel suo dolore, che ha invece riconosciuto e condiviso con semplicità; un dolore che si è trasformato in un incontro, in un abbraccio, ed è diventato l’occasione per prendere coscienza di quanto stava avvenendo e dei nuovi passi da fare. Ciò che sapeva di male e di fatica, è diventato per Rita la possibilità di accogliere l’unicità della sua famiglia resa "speciale" da un amore che si fa dedizione totale - h24! - e che ha molto da insegnare a tutti noi per la tenacia e la fedeltà. È vero che l’handi­cap "psico-compor­tamentale", come lei lo chiama, non è facile da gestire e che crea disagi nella socializzazione, ma è proprio qui che tutti siamo chiamati a mettere in gioco, con intelligenza e con il cuore, la creatività dell’amore.

Gesù si fa misericordia, spargendola fino allo spreco, per riconsegnarci a noi stessi, per ridonarci la nostra dignità di figli, ma anche perché, a nostra volta, possiamo prenderci cura degli altri. «In questi tempi difficili e di lotte»2 - come li chiamava M. Speranza -, è necessario che a questa nostra generazione «sia rivelato "il mistero del Padre e del suo amore"»3. Il cammino privilegiato siamo noi stessi, come ci ricorda Papa Francesco: "Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre" (MV 3).

La prima porta da attraversare è dunque quella del nostro cuore che sempre è alla ricerca di qualcosa e di qualcuno, assetato di amare e di essere amato, di felicità e di pienezza. "Questo è il momento favorevole per cambiare vita! Questo è il tempo di lasciarsi toccare il cuore" (MV 19), di scegliere le priorità da dare ad ogni giornata.

Il nostro cuore e quello dei fratelli ha bisogno di cure, di tenerezza, di imparare a ricucire gli strappi, di riscoprire la gioia di custodire l’altro, disposti a lasciarci disarmare e liberare dal ripiegamento su noi stessi, con la semplicità dei piccoli. L’Amore con la A maiuscola è disposto a mettere tutto sul proprio conto, a servire e raccogliere la propria e altrui spazzatura con l’umiltà di una scopa, come ci ha insegnato la Madre.

In questo periodo risuona spesso la parola misericordia; ci auguriamo che non rimanga solo una parola, ma che rievochi in noi e attorno a noi l’immagine di qualcosa di desiderabile, che susciti nostalgia per ciò che abbiamo smarrito, che apra il nostro cuore a gesti concreti di accoglienza, che abiti il grembo della nostra casa, perché l’Amore lo fecondi.

Provo a dire tutto questo con una storia di vita, accaduta diversi anni fa. Seppi di un familiare che aveva tentato di togliersi la vita e che, ricoverato in ospedale, rifiutava il cibo e le cure. Chiamai mia cugina per dirle che le ero vicina e, nel salutarla, le chiesi di dare un bacio allo zio. Il giorno dopo fu lei a telefonarmi per raccontarmi che nel tragitto da casa all’ospedale non aveva fatto altro che chiedersi come avrebbe potuto dare un bacio a suo papà, visto che lui non era abituato a gesti di tenerezza. Entrò nella stanza, cercò di prendere coraggio e nel baciarlo, in dialetto, gli disse: «Oh Ba’, guarda che ti porto?». Lui le si attaccò al collo piangendo come un bambino e poi chiese da mangiare. A quel punto lei non ebbe più il coraggio di dirgli che quel bacio non era il suo, così si scusava con me per avermi rubato un bacio.

Non aveva rubato nulla perché nulla ci appartiene, la nostra stessa vita è dono gratuito! Il Padre ci chiama a farci casa per l’altro e ad accoglierlo in uno spreco di misericordia, riversando su di lui il profumo della carità che abbiamo ricevuto gratuitamente da Lui e che ogni istante riceviamo immeritatamente dai fratelli, anche dai più piccoli!

Anche solo 3 o 7 secondi possono dare la felicità! È quella che ho provato nell’ascoltare dei messaggi vocali di augurio lasciati sul mio telefonino, che venivano da due bambini speciali. I bambini sono la nostra speranza!

Per questo concludo condividendo con voi quanto Emma, di 9 anni, ha scritto al suo ritorno a scuola dalla vacanze natalizie: "TEMA: Collevalenza. Il primo gennaio, io e la mia famiglia, siamo andati al santuario dell’Amore Misericordioso che si trova a Collevalenza (PERUGIA). In questo santuario ci abitava una suora di nome Madre Speranza, lei fu chiamata così perché lo volle Gesù. Questa suora era spagnola e con tante sofferenze è riuscita a costruire il santuario.

Questo Santuario è chiamato anche la piccola Lourdes, perché da un pozzo, fatto scavare dalla suora nel punto indicato da Gesù, esce un’acqua miracolosa che fa guarire sia le malattie materiali che spirituali, per questo sono state costruite delle vasche dove i pellegrini si immergono.

Io quando mi sono immersa ho provato delle sensazioni di felicità e gioia perché avevo davanti a me un’immagine del volto di Gesù con lo sguardo al cielo, e di tristezza perché per averla Madre Speranza faticò e soffrì molto.

Lei soffriva per fare andare le anime dei pellegrini e delle suore vicino a lei in cielo, e più soffriva e più era contenta. Tante volte il diavolo ha cercato di fermarla, addirittura una volta gli incendiò la camera, ma non riuscì a fermarla. Era una suora speciale perché è riuscita a fare tutto questo solo per amore di Gesù. Infatti il suo motto diceva: TODO POR AMOR in spagnolo, che significa Tutto per Amore.

Questa gita è stata fantastica perché ho scoperto la missione l’avventura di Madre Speranza".

Non c’è che dire, ancora oggi la Madre con la sua vita affascina e continua ad essere segno efficace dell’agire del Padre, conquistando il cuore dei piccoli, capaci di cogliere le motivazioni profonde della sua vita, accogliendo la stessa fatica e sofferenza con naturalezza, come un dono: "…solo per amore di Gesù".

Questo è passare la Porta Santa. Abbracciati dalla misericordia di Dio, ritrovata "la chiave del cuore", sapremo trasmettere questo grande tesoro ed impegnarci "ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi" (MV 14).


1 Rivista L’Amore Misericordioso, dicembre 2015

2 M. Speranza, El Pan 7, 13,1.

3 Giovanni Paolo II, Collevalenza, 22.11.1981.

 

Articolo precedente

Articolo successivo

[Home page | Sommario Rivista]


realizzazione webmaster@collevalenza.it
ultimo aggiornamento 21 marzo, 2016