esperienze Alfonso d’Errico
Un ricordo di San Leopoldo Mandic a centocinquanta anni dalla nascita
Un protettore del Giubileo della Misericordia
«Nascondiamo tutto, anche quello che può avere apparenza di dono di Dio, affinché non se ne faccia mercato. A Dio solo l’onore e la gloria! Se fosse possibile, noi dovremmo passare sulla terra come un’ombra che non lascia traccia di se»
Il confessionale: pietra sacrificale
Il confessionale fu il suo altare privilegiato, la pietra sacrificale sulla quale immolò se stesso al servizio dei fratelli. Padre Leopoldo non aveva nulla che potesse far trasparire doti particolari, cose straordinarie. Non assumeva posizioni ieratiche, non si metteva mai in mostra, non riconosceva e praticava che la regola francescana.
Agli occhi di tutti era un piccolo frate che trascorreva la maggior parte della giornata rinchiuso nella sua angusta celletta ad ascoltare, ad assolvere, a consolare, e, nel nome di Dio, a riversare nel cuore degli uomini, preziosi sentimenti d’eternità.
Padre Leopoldo aveva un grande concetto del Sacramento della confessione. Lo considerava il grande sacramento nel quale si può venire a contatto diretto con le anime, convertirle, guidarle alla più alta unione con Dio.
Padre Leopoldo aveva un modo di confessare tutto suo che, in gran parte, nasceva dai carismi di cui Dio l’aveva arricchito e dalle sue eccelse virtù.
Tutto il vivere di Padre Leopoldo era un vivere in Cristo, un roveto ardente che arde sempre più e non si consuma.
Il 2 maggio 1976 il Beato Paolo VI nella sua profonda e originale omelia per la beatificazione di padre Leopoldo così si esprimeva: «Noi non abbiamo che da ammirare e da ringraziare il Signore che offre oggi alla Chiesa una così singolare figura di ministro della grazia sacramentale della Penitenza».
San Leopoldo, che voleva passare sulla terra "come ombra che non lascia traccia di sé", in questo anno della Misericordia, sarà nuovamente indicato ai cristiani tutti, quale esempio mirabile di confessore infaticabile, accogliente e paziente, autentico testimone della misericordia del Padre.
Papa Francesco ha voluto in San Pietro le spoglie mortali di San Pio da Pietrelcina e San Leopoldo per l’invio dei missionari della misericordia in tutto il mondo. È stata una vera apoteosi.
Tutta la giornata di padre Leopoldo era un cantico di amore a Gesù Ostia. A se stesso e ai sacerdoti suoi penitenti il confessore cappuccino era solito ricordare: «Senza il fuoco del Tabernacolo, non può durare la fiamma nel cuore del sacerdote».
Faro della misericordia
Padre Leopoldo, vivendo in Dio e per Dio, questo faro della misericordia trasmetteva attraverso il Sacramento della penitenza, l’esperienza di Dio. Non era ostentazione il dirsi peccatore, ne strategia pedagogica per incoraggiare qualche titubante, era confessione sincera ed umile di chi si sentiva bisognoso di compassione e di perdono, e forse anche di più del penitente che gli stava accanto. Il suo cuore era ricolmo di gioia e di stupore perché insieme stavano celebrando la misericordia di Dio, sempre gratuita, rigenerante, fonte di speranza e di pace, superiore ad ogni nostra attesa. Non gli pesavano dolori e stanchezza, tutto passava in secondo ordine.
Padre Leopoldo fu davvero "amico dell’umanità fragile, sofferente, peccatrice" come affermava padre Mariano e "specchio della bontà del Signore" come sosteneva Papa Luciani.Padre Leopoldo non infieriva sulle anime doloranti, non le umiliava inutilmente. «Perché dovremmo noi - affermava padre Leopoldo - umiliare maggiormente le anime che vengono a prostrarsi ai nostri piedi? Ha forse Gesù umiliato il pubblicano, l’adultera, la Maddalena?».
Egli non vedeva dinanzi a sé che "un’anima rosseggiante del sangue di Cristo versato per la sua salvezza". Si riteneva indegno di avvicinarle nel momento che in esse si operavano le meraviglie della grazia divina e chiedeva perdono a loro e a Dio se non percepiva tanto mistero.
Affermava padre Leopoldo: «Noi nel confessionale non dobbiamo fare sfoggio di cultura e non dobbiamo parlare di cose superiori. È Dio che opera nelle anime, noi dobbiamo scomparire e limitarci, ad aiutare questo divino intervento nelle misteriose vie della loro salvezza e santificazione».
Egli aveva un modo di confessare tutto suo che in gran parte, nasceva dai carismi di cui Dio l’aveva arricchito e dalle sue eccelse virtù.
Il segreto di Padre Leopoldo
Padre Leopoldo coronava la sua opera nel confessionale con il perdono: perdono largo, generoso, sino a sembrare, a chi lo giudica superficialmente, quasi esagerato. Ma egli non badava a critiche e perdonava, perché era guidato da principi ben superiori: guardava alla misericordia di Dio che volle spargere tutto il suo Sangue sulla Croce per dare il perdono ai peccatori. Ogni penitente aveva sempre Gesù come compagno. Ecco il segreto di padre Leopoldo: la compagnia di Gesù. Gesù si trova anche oggi tra i peccatori. Ha scelto l’ultimo posto, e mai lo lascerà, fino alla morte, per i peccatori.
Soprattutto in Croce Gesù vive la compagnia con i peccatori. I penitenti percepivano nella compagnia del santo frate, l’abbraccio di Gesù. Padre Leopoldo, nell’ascoltare le confessioni, ascoltava Gesù; come accadde per il Battista. Nella confessione del proprio peccato, il penitente viene perdonato e proclamato figlio amato da Dio. (NS: Anno LXX, 10; 3-2016)
LA SUA VITA
San Leopoldo Mandic nacque il 12 maggio del 1866 a Castelnuovo di Cattaro, oggi in Montenegro, da genitori di una fede semplice e robusta. Era il penultimo di 12 figli, era tanto esile che solo dopo un mese fu possibile portarlo al fonte battesimale dove ricevette il nome di Giovanni e di Adeodato "dato da Dio" un nome realmente profetico di quello che sarebbe diventato per tantissime persone.
San Leopoldo ha ereditato la santa fede, trasmessagli da genitori cristiani, in un clima familiare illuminato dal vangelo, quale dono gratuito di Dio. Al contrario di molti altri credenti, che non coltivano la propria fede, egli ne ha avuto cura come la pupilla dell’occhio e come la più preziosa eredità di vita. Sin da piccolo era consapevole che senza fede non è possibile piacere a Dio, poiché era proprio quest’ultima che faceva da fiaccola verso la vera luce, Dio.
II 2 maggio 1884 entrò nel noviziato dei cappuccini a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. Studiò, teologia a Venezia, dove fu consacrato sacerdote il 20 settembre 1890. Nel 1887 sentì, per la prima volta, la particolare vocazione a offrirsi per la riunificazione degli ortodossi con la Chiesa cattolica. Per rispondere a quella voce emise, in seguito, il voto segreto d’offrire al Signore tutta la vita e tutti i frutti del suo apostolato per l’unità della Chiesa.
Conosciutissimo ministro del sacramento della Riconciliazione, nello stesso tempo, fu uno straordinario anticipatore dell’ecumenismo spirituale.
Dopo alcuni anni trascorsi in vari conventi, nel 1909 giunse al Padova, dove rimase fino alla morte avvenuta il 30 luglio del 1942. Nel corso della prima Guerra Mondiale visse in alcuni conventi della Campania.
La fama della sua santità era molto diffusa tra il popolo, ma si diffuse ancora di più dopo la sua morte. Numerose grazie furono attribuite alla sua intercessione. Fu proclamato Beato da Paolo VI, il 2 maggio 1976, e Santo da Giovanni Paolo II, il 16 ottobre 1983.
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ultimo aggiornamento
13 aprile, 2016